Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19969 del 21/09/2010

Cassazione civile sez. III, 21/09/2010, (ud. 08/07/2010, dep. 21/09/2010), n.19969

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

C.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ASIAGO 8,

presso lo studio dell’avvocato AURELI MICHELE, che lo rappresenta e

difende unitamente agli avvocati GALLI SERGIO, COMPATANGELO CARLO,

giusta mandato in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

PROCURATORE GENERALE PRESSO LA PROCURA GENERALE DELLA CORTE D’APPELLO

DI BOLOGNA, CONSIGLIO NOTARILE DEI DISTRETTI RIUNITI DI FORLI’ E

RIMINI, PROCURATORE DELLA REPUBBLICA DI RIMINI, ARCHIVIO NOTARILE

DISTRETTUALE DI FORLI’;

– intimati –

avverso la sentenza n. 32/2009 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA del

29.5.09, depositata il 17/06/2009;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio

dell’8/07/2010 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO SEGRETO;

udito per il ricorrente l’Avvocato Michele Aureli che si riporta agli

scritti.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. CARMELO

SGROI che conferma le conclusioni scritte.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 17 giugno 2009 la Corte di appello di Bologna, nel procedimento disciplinare a carico del notaio C.F. per le infrazioni alla legge notarile allo stesso addebitate, confermava il provvedimento del 15.1.2009 della commissione di disciplina della regione Emilia Romagna che dichiarava il predetto notaio colpevole della contravvenzione ascrittagli L. 16 febbraio 1913, n. 89, ex art. 62, per aver percepito diritti repertoriali in misura superiore a quelli previsti dalla tariffa vigente.

Il 5.11.2009 il notaio C. provvedeva al pagamento dell’oblazione nella misura di Euro 5821,00 all’Archivio Notarile di Forlì.

Avverso la sentenza della corte di appello ha proposto ricorso per Cassazione il notaio C..

Il P.G. presso questa Corte ha presentato le proprie conclusioni a norma dell’art. 375 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1. In via preliminare va rilevato che ritualmente il presente procedimento camerale si è sviluppato con conclusioni scritte del P.G. (arg. ex art. 380 ter c.p.c.) in luogo della relazione del consigliere relatore (arg. ex art. 380 bis c.p.c), non dovendosi ritenere la prima modalità necessaria ed esclusiva nel procedimento disciplinare notarile di legittimità.

Va in proposito ribadito quanto già affermato da questa Corte (ord. n. 6937 del 2010), secondo cui, poichè il procedimento in cassazione nel giudizio disciplinare notarile sia nel regime anteriore al D.Lgs. n. 249 del 2006 sia in quello successivo segue il rito camerale, essendovi due specie di procedimento in camera di consiglio dopo il D.Lgs. n. 40 del 2006, e cioè quella di cui all’art. 380 bis e quella di cui all’art. 380 ter, a tale procedimento va applicata quest’ultima disciplina, poichè trattasi di procedimento a decisione necessaria camerale.

1.2. L’argomentazione va condivisa.

La L. n. 89 del 1913, art. 158 ter, aggiunto dal D.Lgs. 1 agosto 2006, n. 249, art. 46, si limita a statuire al comma 4 che “la Corte di cassazione pronuncia con sentenza in camera di consiglio, sentite le parti”.

Con tale disposizione si statuisce, quindi, che il procedimento di legittimità segue necessariamente il rito camerale e non solo eventualmente, allorchè ricorrano le ipotesi di inammissibilità o di manifesta fondatezza o infondatezza (art. 375 c.p.c., comma 5, n. 1).

A parte le prescrizioni che siano “sentite le parti” e che la decisione sia emessa “con sentenza” e non con ordinanza, la norma suddetta null’altro dispone.

Occorre, quindi far riferimento alle norme del codice di procedura civile, in tema di ricorso per cassazione, trattato con rito camerale (come avviene per il procedimento davanti alla corte di appello, L. n. 89 del 1913, ex art. 158 bis).

1.3. Quanto alle modalità del rito camerale in cassazione, va osservato che quelle previste dall’art. 380 bis c.p.c., riguardano appunto le ipotesi in cui il rito camerale è solo eventuale, ravvisando il consigliere relatore le ipotesi di soluzione della decisione, di cui all’art. 375 c.p.c., n. 1 e 5.

Quando invece il rito camerale è disposto non sulla prognosi della soluzione del ricorso in una delle ipotesi specifiche previste dalla legge (art. 375, n. 1 e 5), ma sulla base dell’oggetto del ricorso, e quindi, della natura della questione trattata, a prescindere da ogni ipotesi di decisione, si versa in fattispecie normativa di rito camerale necessaria e non eventuale, perchè filtrata da una delibazione del relatore contenuta nella relazione.

In questo caso le modalità del rito devono essere quelle stabilite dall’art. 380 ter.

Tale norma, infatti, è l’unica che tratta, sia pure con riguardo ai regolamenti di competenza e di giurisdizione, delle modalità del rito camerale nelle fattispecie a trattazione necessaria in camera di consiglio.

Ne consegue che al ricorso per cassazione nel procedimento disciplinare notarile si applica l’art. 380 ter c.p.c., con la conseguenza che il presidente può provvedere o a norma dell’art. 382 bis (con la nomina del relatore per l’eventuale relazione), o a richiedere al pubblico ministero le sue conclusioni scritte.

1.4. La riprova di quanto detto emerge anche da altra considerazione.

Se il relatore nominato ai sensi dell’art. 380 bis non ritiene che il giudizio si possa definire ai sensi dell’art. 375 c.p.c., n. 1 e 5 e quindi non ritiene di dover effettuare alcuna relazione, rimette la causa al presidente, non perchè possa essere disposta l’udienza pubblica (ostando a ciò la L. n. 89 del 1913, art. 158 ter), come avviene normalmente (salve le ipotesi id cui agli artt. 375, n. 2 e 3, rilevate dal relatore nominato ai sensi dell’art. 377, comma 1), ma perchè sia fissata l’udienza camerale. In quest’ultimo caso il presidente deve pur sempre richiedere al P.G. le sue conclusioni scritte e, quindi, per questa via ritornare alle modalità di cui all’art. 380 ter.

Infatti, oltre alla notifica ai difensori del decreto di fissazione dell’adunanza camerale, l’art. 380 bis prevede che sia notificata la relazione del consigliere relatore, mentre l’art. 380 ter prevede la notifica delle conclusioni scritte del P.G.. Non è invece prevista dal codice di rito una modalità di fissazione dell’adunanza senza che sia notificata ai difensori delle parti una valutazione di definizione del ricorso, espressa o dal consigliere relatore (nella relazione) o dal P.G. (nelle conclusioni).

Sennonchè il primo può provvedere alla relazione solo nel caso in cui ritiene il ricorso inammissibile o manifestamente fondato o manifestamente infondato. Fuori da questa ipotesi e se non si ritenesse applicabile l’art. 380 ter, si avrebbe la fissazione dell’adunanza, senza che ai difensori delle parti siano comunicate nè la relazione nè le conclusioni del P.G..

2.1. Preliminarmente all’esame dei motivi in accoglimento della richiesta del P.G. e, per quanto di ragione, anche di quella del notaio, avendo questi provveduto al pagamento dell’oblazione, va osservato che ciò determina l’estinzione dell’illecito, se risultano concorrenti i presupposti previsti dalla legge. La L. n. 89 del 1913, art. 145 bis, quale introdotto dal D.Lgs. n. 249 del 2006, art. 28, statuisce che “1. In caso di infrazione punibile con la sola sanzione pecuniaria, il notaio, che non sia recidivo nella stessa infrazione, può prevenire il procedimento o interromperne il corso prima della decisione definitiva, pagando una somma corrispondente ad un terzo del massimo previsto per l’infrazione contestata, oltre le spese del procedimento.

2.2. L’estinzione degli illeciti disciplinari rilevati nelle ispezioni previste dagli artt. 128 e 132 è dichiarata, a richiesta del notaio, dal capo dell’archivio notarile del distretto al quale il notaio è iscritto. Negli altri casi o quando sia stato comunque promosso il procedimento disciplinare, l’estinzione è dichiarata, a richiesta del notaio, dall’organo dinanzi al quale si procede.” Sotto il profilo dei requisiti per accedere all’oblazione, la norma in questione individua:

a) che trattisi di illecito disciplinare sanzionato con la sola ammenda;

b) che l’incolpato paghi una somma corrispondente al terzo del massimo della sanzione edittale, oltre le eventuali spese del procedimento;

c) che l’incolpato non sia recidivo specifico.

2.3. Sotto il profilo temporale la norma in questione, contrariamente a quanto avviene in sede per penale per le figure di oblazione di cui agli artt. 162 e 162 bis c.p., per le quali la norma espressamente prevede che esse possono essere ammesse solo precedentemente all’apertura del dibattimento ovvero al decreto penale di condanna, non fissa alcun termine per poter avvalersi dell’istituto. L’articolo in questione prevede che l’incolpato notaio potrà con l’oblazione “prevenire il procedimento o interromperne il corso prima della decisione della sentenza definitiva”. Ciò comporta che l’oblazione potrà essere effettuata non solo prima del procedimento, ma anche nel corso dello stesso, mentre non potrà essere effettuata quando ormai il procedimento sia definitivamente concluso.

E’ possibile, quindi, avvalersi dell’istituto dell’oblazione, anche in pendenza del giudizio di cassazione.

Nè possono estendersi, in via analogica a siffatta materia i principi fissati in tema di oblazione penale. Infatti gli artt. 162 e 162 bis c.p., concernono esclusivamente la materia penale e non sono applicabili alla materia dei procedimenti disciplinari a carico dei notai, neppure in via analogica, atteso che l’esistenza, nella legge notarile, di una specifica disciplina dell’istituto dell’oblazione (L. n. 89 del 1913, art. 151) preclude in radice la possibilità di applicazione analogica di dette norme penali (Cass. 30.3.1995, n. 3818).

2.4. Ricorrendo quindi i suddetti presupposti, l’oblazione opera di diritto e comporta l’effetto processuale di “prevenire o arrestare il procedimento” e l’effetto sostanziale di estinguere l’illecito. Essa integra (come nell’ipotesi di cui all’art. 162 c.p. e diversamente dall’ipotesi di cui all’art. 162 bis c.p.; Cass. pen. 18.3.1994, p.m. c. Gastaldi) un vero e proprio diritto pubblico soggettivo in capo all’incolpato, con conseguente limitazione del potere-dovere del giudice all’accertamento formale del solo fatto che trattasi di illecito sanzionato con l’ammenda; che sia stata pagata la somma pari al terzo del massimo della sanzione edittale, nonchè siano state pagate le eventuali spese di giustizia, e che l’incolpato non sia recidivo. Trattasi, pertanto, di una pronuncia puramente dichiarativa.

4. Nella fattispecie, quindi, avendo il ricorrente effettuato il pagamento di una somma a titolo di oblazione (come risulta provato dalla quietanza del 5.11.2009, dell’archivio notarile di Forlì) ed essendo la violazione ascrittagli sanzionata con la sola ammenda, va cassata l’impugnata sentenza, assorbiti gli altri motivi, con rinvio alla corte di appello di Bologna, in diversa composizione, perchè, accerti, oltre alla sussistenza del requisito della non recidiva specifica del soggetto incolpato, se la somma pagata sia corrispondente non solo al terzo del massimo della sanzione edittale, calcolata in relazione alla maggior somma percepita, ma anche alle spese eventuali del procedimento.

Nulla per le spese di questo giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso per quanto di ragione e limitatamente alla richiesta di estinzione per oblazione, assorbiti i restanti motivi.

Cassa l’impugnata sentenza e rinvia alla Corte di appello di Bologna, in diversa composizione. Nulla per le spese di questo giudizio.

Così deciso in Roma, il 8 luglio 2010.

Depositato in Cancelleria il 21 settembre 2010

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