Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19968 del 29/09/2011
Cassazione civile sez. VI, 29/09/2011, (ud. 05/07/2011, dep. 29/09/2011), n.19968
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRIFONE Francesco – Presidente –
Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –
Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –
Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –
Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
COMUNE DI ROMA (OMISSIS) in persona del Sindaco pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEL TEMPIO DI GIOVE 21, presso
l’AVVOCATURA COMUNALE, rappresentato e difeso dall’avvocato PATRIARCA
PIER LUDOVICO, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
F.M. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA MANFREDI 17, presso lo studio dell’avvocato CONTI CLAUDIO,
che lo rappresenta e difende, giusta mandato a margine del
controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 6531/2010 del TRIBUNALE di ROMA del 21.1.2010,
depositata il 23/03/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
05/07/2011 dal Consigliere Relatore Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO;
udito per il controricorrente l’Avvocato Claudio Conti che si riporta
agli scritti;
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. BASILE
Tommaso che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.
Fatto
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Considerato che è stata depositata in cancelleria relazione del seguente tenore:
Con sentenza n. 6531 del 23/3/2010 il Tribunale di Roma, in riforma della pronunzia G. di P. Roma 13/2/2006, accoglieva la domanda proposta dal sig. F.M. nei confronti del COMUNE di ROMA di pagamento del servizio di custodia di autoveicoli rimossi su disposizione di quest’ultimo.
Avverso la suindicata pronunzia del giudice dell’appello il COMUNE di ROMA propone ora ricorso per cassazione, affidato ad UNICO MOTIVO, con il quale denunzia violazione dell’art. 2909 c.c., dell’art. 324 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4.
Resiste con controricorso il F..
Il motivo si appalesa inammissibile.
Come questa Corte ha già avuto più volte modo di affermare e – anche recentemente – di ribadire, perchè il giudicato esterno, che è rilevabile d’ufficio, possa far stato nel processo, è necessaria la certezza della sua formazione, la quale deve essere provata attraverso la produzione della sentenza completa della motivazione, non potendone risultare la portata dal solo dispositivo, e recante il relativo attestato di cancelleria ex art. 124 disp. att. c.p.c. (v.
Cass., 9/3/2011, n. 5586; Cass., 8/5/2009, n. 10623; Cass., 24/11/2008, n. 27881; Cass, 2/4/2008, n. 8478; Cass., 22/5/2007, n. 11889; Cass., 3/11/2006, n. 23567; Cass., Sez. Un. 16/6/2066, n. 13916).
Orbene, nel caso siffatta produzione della evocata sentenza n. 25619/03 del Tribunale di Roma non risulta invero dal ricorrente effettuata, la copia contenuta al n. 4) del fascicolo di parte del processo di appello essendo d’altro canto informe e priva della suindicata attestazione ex art. 124 disp. att. c.p.c. Nè il medesimo potrà ammissibilmente ovviarvi ex art. 372 c.p.c., trattandosi di giudicato asseritamente formatosi anteriormente al termine per la proposizione del ricorso per cassazione (cfr. Cass., Sez. Un. 16/6/2066, n. 13916);
atteso che la relazione è stata comunicata al P.G. e notificata ai difensori delle parti costituite;
rilevato che il ricorrente non ha presentato memoria, che è stata viceversa presentata dal controricorrente;
considerato che il P.G. ha condiviso la relazione;
rilevato che a seguito della discussione sul ricorso tenuta nella camera di consiglio il collegio ha condiviso le osservazioni esposte nella relazione;
ritenuto che il ricorso va pertanto rigettato;
atteso che non può farsi luogo a pronunzia in ordine al giudicato esterno, come richiesto dal controricorrente nella memoria, atteso che le sentenze prodotte non recano invero la prescritta attestazione di cancelleria in ordine al loro passaggio in giudicato, nè questo può ritenersi avvenuto, atteso che dal loro stesso tenore emerge come sia stato nelle stesse disposta la cassazione dell’impugnata sentenza con rinvio al giudice del merito, e non è fornita la prova della avvenuta definizione del giudizio di rinvio;
considerato che le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 1.300,00, di cui Euro 1.100,00 per onorari, oltre spese a generali ed accessori come per legge.
Così deciso in Roma, il 5 luglio 2011.
Depositato in Cancelleria il 29 settembre 2011