Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19968 del 23/09/2020

Cassazione civile sez. II, 23/09/2020, (ud. 25/06/2020, dep. 23/09/2020), n.19968

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – rel. Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24343-2016 proposto da:

P.K., elettivamente domiciliato in ROMA VIA AUGUSTO RIBOTY, 13,

presso lo studio dell’avvocato VALERIA GERACE, che lo rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO INTERNO, COMMISSIONE TERRITORIALE ANCONA, IN PERSONA DEL

MINISTRO PRO TEMPORE, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende;

– resistente –

avverso il decreto del TRIBUNALE DI ANCONA, depositato il 04/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

25/06/2020 dal consigliere Dott. DI VIRGILIO Maria Rosa.

La Corte:

 

Fatto

RILEVATO

che:

Il Tribunale di Ancona, con decreto del 4/7/2019, ha rigettato il ricorso proposto da P.K., cittadino del (OMISSIS), avverso il rigetto della domanda di protezione internazionale, reso dalla locale Commissione territoriale.

Il Tribunale ha ritenuto che, anche a ritenere credibile il racconto dello straniero, la vicenda vissuta dalla parte resta confinata nei limiti della vita privata, e di instabilità tra le due comunità, (OMISSIS) e (OMISSIS), attualmente cessata, ed ha osservato che lo stesso ricorrente ha in più occasioni, in sede di audizione, affermato che la situazione si era normalizzata con l’intervento della polizia, e giustificato il timore del rientro con affermazioni generiche e prive di collegamento con la vicenda (“i (OMISSIS) rimangono nemici dei (OMISSIS)…i (OMISSIS) pensano sempre che i (OMISSIS) siano nemici”).

Il Tribunale ha valutato la situazione del paese di origine del ricorrente, avuto riguardo alle fonti consultate, ha escluso la sussistenza dei requisiti per il riconoscimento dello status di rifugiato, così come per il riconoscimento della protezione sussidiaria e dell’umanitaria, rilevando che il ricorrente non poteva ritenersi in condizioni di elevata vulnerabilità, e che nulla era stato allegato in riferimento alla vulnerabilità per effetto dello sradicamento dal contesto socioeconomico nazionale.

Avverso questo decreto P.K. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi; il Ministero dell’interno non ha svolto difese, limitandosi a depositare “atto di costituzione”.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con il primo motivo, il ricorrente ha denunciato violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14.

Il ricorrente, pur facendo valere la violazione della norma che individua il danno grave ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, riporta i caratteri degli atti di persecuzione (che invero riguardano lo status di rifugiato), sostiene che il Tribunale avrebbe dovuto approfondire la situazione nel Paese di origine, riporta un passo del report di Amnesty International 2017/2018 sulle condizioni delle carceri, sostiene che occorre valutare i rischi in caso di rimpatrio, con particolare riferimento al diritto alla salute ed all’alimentazione; afferma di essere titolare del pieno diritto alla protezione umanitaria affinchè allo stesso ed alla relativa famiglia sia garantito un livello di vita adeguato, a fronte della situazione nel Paese di origine.

Il motivo, che, per quanto sopra sintetizzato, nonostante il vizio dedotto con riferimento alla mera protezione sussidiaria, riporta doglianze del tutto generiche relative al riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e dell’umanitaria, fa riferimento a pronunce del S.C. e di merito, e nella sostanza è inteso a far valere una valutazione diversa da quella del Tribunale, criticando del tutto genericamente ed inammissibilmente proprio la specifica valutazione operata dal Giudice del merito, con riferimento a fonti aggiornate, e senza alcuna attinenza alla precipua considerazione della vicenda narrata, come condotta dal Tribunale.

Con il secondo motivo, è denunciato “omesso/errato esame della storia del ricorrente in relazione alla situazione di violazione dei diritti umani in (OMISSIS)”; il ricorrente sostiene che il Tribunale ha omesso l’esame di fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti,” ma è stato archiviato e liquidato come “questione privata”, ribadisce che il Giudice è tenuto ad utilizzare tutti i mezzi a disposizione per raccogliere elementi necessari a comprovare la fondatezza della domanda, mentre nel caso il Tribunale ” sembrerebbe, al contrario, avere deciso senza approfondire i fatti, traendo, conclusioni sulla base delle risposte del ricorrente in modo del tutto soggettivo”, nella valutazione superficiale delle fonti consultate.

Il motivo è inammissibile; nella rubrica, il ricorrente ha richiamato il vizio di motivazione, che, ex art. 360 c.p.c., n. 5 come novellato, applicabile ratione temporis, prevede quale vizio suscettibile di esser fatto valere con il ricorso per cassazione l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”; nel corpo del motivo, il ricorrente inammissibilmente adombra che tutta la vicenda narrata dallo stesso costituirebbe “il fatto decisivo” il cui esame sarebbe stato omesso, si limita a riportare considerazioni del tutto generiche sul dovere di cooperazione istruttoria, sostiene che il Giudice del merito si sarebbe attenuto ad una visione superficiale dei fatti narrati, doglianza che, per quanto sopra rilevato, non può assurgere, neppure in tesi, a vizio motivazionale.

Conclusivamente, va dichiarato inammissibile il ricorso; nulla sulle spese, non essendosi difeso il Ministero con il deposito di controricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, comma 1 bis D.P.R. cit., se dovuto (vedi Cass. sez. un. 20.2.2020, n. 4315).

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente alle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in Euro 2100,00, oltre le spese prenotate a debito; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, comma 1 bis D.P.R. cit., se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sez. seconda civ. della Corte Suprema di Cassazione, il 25 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 settembre 2020

 

 

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