Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19967 del 21/09/2010

Cassazione civile sez. II, 21/09/2010, (ud. 08/07/2010, dep. 21/09/2010), n.19967

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ODDO Massimo – Presidente –

Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – rel. Consigliere –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

CAMPOLONGO HOSPITAL SPA (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA AURELIA 190 A, presso lo studio dell’avvocato FELICI

MASSIMO, rappresentato e difeso dall’avvocato FRUSCIONE GAETANO;

– ricorrente –

contro

P.M.C., P.M.E., P.F.,

elettivamente domiciliate in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI

CASSAZIONE ex lege, rappresentate e difese dall’avvocato PINTO MARIA

CRISTINA;

– controricorrenti –

e contro

P.E.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 125/2004 del TRIBUNALE di VALLO DELLA LUCANIA,

depositata il 03/03/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/07/2 010 dal Consigliere Dott. LUCIO MAZZIOTTI DI CELSO;

udito l’Avvocato FRUSCIONE Gaetano, difensore del ricorrente che ha

chiesto accoglimento del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

APICE Umberto che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La s.p.a. Società Gestioni Sanitarie proponeva appello avverso la sentenza n. 599/92 del pretore di Vallo della Lucania con la quale era stata confermata l’ordinanza interdettale di condanna di essa appellante alla reintegra delle appellate E., M.C., F. e P.M.E. nel possesso del passaggio su una stradina posta sul fondo di proprietà di essa società. L’appello era fondato su un unico motivo di gravame costituito dalla dedotta nullità della sentenza di primo grado per il mancato rispetto dei termini a comparire previsti dall’articolo 163 bis c.p.c. nella formulazione anteriore alla modifica apportata con la L. n. 353 del 1990.

Le appellate resistevano al gravame che il tribunale di Vallo della Lucania, con sentenza 3/3/2004, rigettava osservando: che la domanda di reintegrazione del possesso nei confronti della società appellante era stata proposta nell’ambito del giudizio possessorio originariamente intentato nei confronti di un soggetto diverso e sulla scorta di un provvedimento di chiamata in causa reso dal pretore in sede di udienza di trattazione della fase interdettale del primo ricorso rivolto nei confronti della Cooperativa Edil Caprioli 85 e dopo la concessione della reintegra con decreto “inaudita altera parte” con fissazione dell’udienza di comparizione per la conferma o modifica o revoca del provvedimento; che alla prima udienza le attrici avevano denunciato una sopravvenuta condotta modificatrice dello stato dei luoghi posta in essere dalla società appellante per cui il pretore, senza adottare alcun provvedimento immediato nei confronti del nuovo soggetto, aveva disposto la chiamata in giudizio della Società Gestioni Sanitarie fissando per la comparizione delle parti la successiva udienza senza indicare alcun termine per la notifica dell’atto introduttivo al nuovo convenuto; che pertanto il giudizio instaurato dalle P. nei confronti di detta società si connotava come procedimento per la reintegra nel possesso le cui modalità introduttive erano indicate nell’art. 703 c.p.c. e segg.

per cui la valutazione della correttezza della procedura seguita per l’instaurazione del contraddittorio andava compiuta con riferimento alla disciplina dettata per tale tipo di procedimento dalla normativa vigente prima delle modifiche introdotte dalla L. n. 353 del 1990;

che l’art. 703 c.p.c., nella formulazione applicabile nella specie, prevedeva la proposizione della domanda con ricorso e richiamava l’art. 689 c.p.c. e segg. in base ai quali il pretore, all’atto della proposizione del ricorso, poteva dare immediatamente il provvedimento di reintegra fissando l’udienza di comparizione delle parti per la conferma del provvedimento ed il termine perentorio per la notifica del ricorso e del decreto, ovvero poteva ritenere opportuna la citazione delle parti “anche ad ora fissa” riservando di adottare all’udienza fissata l’ordinanza conclusiva della fase interdettale del giudizio possessorio; che in entrambe le ipotesi il giudice era svincolato dalla necessità di rispettare i termini a comparire prescritti dall’art. 703 c.p.c. solo per i giudizi ordinari di cognizione da introdursi con citazione ed incompatibili con le esigenze di celerilà connesse alla fase interdettale dei procedimenti possessori; che pertanto nella specie, pur essendosi operato in modo irrituale, non si era verificata alcuna nullità nell’instaurazione del contraddittorio; che infatti il pretore, con il provvedimento di autorizzazione alla chiamata in giudizio della Società Gestioni Sanitarie, non aveva fatto altro che ritenere inopportuna l’adozione immediata di provvedimenti di reintegra fissando l’udienza di comparizione delle parti per decidere in ordine alla concessione del provvedimento interdettale richiesto; che quindi la chiamata in causa della detta società era stata disposta ai fini della fase cautelare del giudizio possessorio ed andava effettuata in applicazione delle norme sull’instaurazione del contraddittorio valevoli per il giudizio possessorio per cui non vi era alcun obbligo per il pretore di indicare una data di udienza tale da consentire il rispetto dei termini a comparire prescritti dall’art. 313 c.p.c.; che di conseguenza la mancanza di indicazione del termine perentorio per la notifica del ricorso aveva solo implicato a necessità della effettuazione della notifica entro la data dell’udienza posto che il pretore avrebbe potuto disporre la citazione delle parti “anche ad ora fissà”; che non aveva rilevanza la redazione dell’atto introduttivo con la forma della citazione e non del ricorso con pedissequo decreto di fissazione di udienza posto che l’atto notificato recava tutti gli elementi prescritti dall’art. 125 c.p.c. e l’indicazione della data di udienza, ossia quanto necessario per consentire alla convenuta di conoscere l’oggetto del giudizio e di potersi difendere; che peraltro, come affermato in giurisprudenza, il mancato rispetto della forma del ricorso non era motivo di nullità dell’atto introduttivo del giudizio possessorio potendo tale procedimento essere proposto anche con citazione.

La cassazione della sentenza del tribunale di Vallo della Lucania è stata chiesta dalla s.p.a. Campolongo Hospital……quale società incorporante per fusione la s.p.a. Società Gestioni Sanitarie – con ricorso affidato a due motivi. M.C., F. e P. M.E. hanno resistito con controricorso ed hanno depositato memoria. L’intimata P.E. non ha svolto attività difensiva in sede di legittimità.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con i due motivi di ricorso la società Campolongo Hospital denuncia rispettivamente: a) violazione degli artt. 703, 163 bis e 313 c.p.c. nella stesura anteriore alle L. n. 352 del 1990 e L. n. 51 del 1998;

b) vizi di motivazione. Ad avviso della società ricorrente il tribunale ha errato nell’affermare che nella specie, trattandosi di procedimento possessorio, il giudice era svincolato dalla normativa dettata dagli artt. 163 bis e 313 c.p.c. per cui la parte era svincolata dai termini ed era rimessa alle istanti P. la valutazione del termine a comparire da concedere alla controparte.

Tali affermazioni si pongono contro il nostro ordinamento che non consente all’attore di disporre dei termini a comparire a proprio piacimento. Ad essa società è stato notificato un atto di chiamata in causa con citazione che è svincolato dal procedimento di reintegra ex art. 703 c.p.c. tanto che in tale atto si afferma che “le istanti hanno depositato separato ricorso per reintegra in data 4/1/90”, con ciò svincolando la procedura ex art. 703 c.p.c. dalla chiamata in causa che inoltre è avvenuta nella fase di merito per essersi esaurita la fase interdettale con l’emanazione del relativo provvedimento nei confronti della Edil Caprioli. Il provvedimento di autorizzazione di chiamata in causa non ha previsto un termine per la notifica al convenuto ma ha fissato l’udienza a distanza di 68 giorni per dare agli attori il tempo per la notifica nel rispetto dei termini processuali. L’art. 269 c.p.c. prevede per la chiamata del terzo il rispetto dei termini di cui all’art. 163 bis c.p.c. come ridotti dall’art. 312 c.p.c. E’ quindi dimostrata la falsa applicazione dell’art. 703 c.p.c. la cui interpretazione da parte del tribunale è priva di motivazione e si pone in contrasto con il principio giurisprudenziale secondo cui l’azione possessoria promossa con citazione è ammissibile ma comporta l’impossibilità di emanare provvedimenti interinali urgenti.

In via preliminare la Corte rileva l’inammissibilità dell’appello proposto dalla società ricorrente avverso la sentenza di primo grado, con conseguente cassazione senza rinvio della sentenza impugnata ai sensi dell’art. 382 c.p.c. Va al riguardo osservato che – come risulta precisato nella sentenza pronunciata in sede di appello dal tribunale di Vallo della Lucania e come risulta dall’esame diretto degli atti che questa Corte può compiere trattandosi di accertare un error in procedendo – la s.p.a.

Società Gestioni Sanitarie ha posto a base dell’appello avverso la decisione del pretore di Vallo della Lucania un unico motivo “costituito dalla dedotta nullità della sentenza di primo grado per il mancato rispetto, al momento della notificazione dell’atto intro- duttivo del giudizio, dei termini a comparire”.

Ciò posto occorre richiamare e ribadire il principio più volte affermato nella giurisprudenza di legittimità secondo cui, nel caso di accertamento in sede di appello di una nullità non sanata dell’atto introduttivo del giudizio, non solo la causa non può essere rimessa al primo giudice, ai sensi dell’art. 354 c.p.c., ma, in sede di gravame, il decidente non può limitarsi a una pronuncia di mero rito, dovendo invece, dichiarata la nullità, decidere nel merito, salvo che nessuna delle parti gliene abbia fatto richiesta (nei sensi suddetti, tra le tante, sentenze 13/12/2005 n. 27411;

27/5/2005 n. 11292; 26/4/2005 n. 8604; 21/3/2001 n. 122; 3/7/1999 n. 6879; 14/12/1998 n. 12541).

In particolare questa Corte ha avuto modo di precisare – in fattispecie simili a quella in esame – che la deduzione con l’atto di appello, da parte del convenuto in primo grado rimasto contumace, della nullità della citazione introduttiva di quel giudizio per omessa indicazione della data dell’udienza di comparizione (o per difetto o per violazione del termine minimo a comparire), non da luogo, ove sia riscontrata fondata dal giudice d’appello, alla rimessione della causa al primo giudice, atteso che non è riconducibile alle ipotesi tassative di cui agli artt. 353 e 354 c.p.c. (sentenze 27/5/2005 n. 11292 citata; 7/3/2003 n. 3424;

27/7/2001 n. 10288; 3/7/1999 n. 6879 citata; 13/3/1997 n. 2251;

30/10/1992 n. 11834).

Va aggiunto – nell’ambito dell’applicazione del detto principio – che secondo il prevalente orientamento giurisprudenziale di questa Corte, al quale aderisce il Collegio, è ammissibile l’impugnazione con la quale l’appellante si limiti a dedurre soltanto vizi di rito avverso una pronuncia che abbia deciso anche nel merito in senso a lui sfavorevole, solo ove i vizi denunciati comporterebbero, se fondati, una rimessione al primo giudice ai sensi degli artt. 353 e 354 cod. proc. civ.; nelle ipotesi (ricorrente appunto nel caso in esame) in cui, invece, il vizio denunciato non rientra in uno dei casi tassativamente previsti dai citati artt. 353 e 354 cod. proc. civ..

è necessario che l’appellante deduca ritualmente anche le questioni di merito, con la conseguenza che, in tali ipotesi, l’appello fondato esclusivamente su vizi di rito, è inammissibile, oltre che per un difetto di interesse, anche per non rispondenza al modello legale di impugnazione (sentenze 29/1/2010 n. 2053; 19/1/2007 n. 1199;

24/1/2007 n. 1505: 9/12/2005 n. 27296; 29/9/2005 n. 19159; 26/8/2004 n. 17026; 27/7/2001 n. 10288 citata; 14/12/1998 n. 12541 citata).

Da quanto precede emerge con evidenza l’errore commesso dal giudice di secondo grado nel non aver rilevato – in applicazione dei principi giurisprudenziali sopra riportati – l’inammissibilità dell’impugnazione proposta dalla s.p.a. Società Gestioni Sanitarie.

Il rilievo di tale inammissibilità omesso da parte del giudice del merito deve essere compiuto anche d’ufficio, in sede di legittimità, con cassazione senza rinvio della decisione impugnata trattandosi di ipotesi in cui il processo non poteva essere proseguito.

Pronunciando sul ricorso va pertanto cassata senza rinvio la decisione impugnata.

Il rilievo d’ufficio dell’inammissibilità dell’appello giustifica la compensazione fra le parti le spese del giudizio di appello e di cassazione.

P.Q.M.

LA CORTE pronunciando sul ricorso, cassa senza rinvio la decisione impugnata, dichiara inammissibile l’appello proposto dalla s.p.a. Società Gestioni Sanitarie avverso la sentenza n. 599/92 del pretore di Vallo della Lucania resa il 2/6/1992 e compensa fra le parti le spese del giudizio di appello e di cassazione.

Così deciso in Roma, il 8 luglio 2010.

Depositato in Cancelleria il 21 settembre 2010

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