Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19963 del 23/09/2020

Cassazione civile sez. II, 23/09/2020, (ud. 06/02/2020, dep. 23/09/2020), n.19963

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19580-2019 proposto da:

C.H., rappresentato e difeso dall’avvocato Carmelo

Picciotto, con studio in Messina via Placida 13;

– ricorrente –

e contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS);

– intimato –

avverso il decreto del Tribunale di Messina, depositata il

19/03/2019;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

06/02/2020 dal Consigliere Dott. Annamaria Casadonte.

 

Fatto

RILEVATO

che:

– il presente giudizio trae origine dal ricorso proposto da C.H., cittadino del (OMISSIS), avverso il provvedimento che confermava il diniego del riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a, b) e c) nonchè del diritto al riconoscimento della protezione umanitaria;

– a sostegno delle domande aveva allegato di provenire dal (OMISSIS), di essere di religione (OMISSIS) e di appartenere all’etnia (OMISSIS), di avere studiato tre anni alla scuola coranica e di aver lavorato come contadino;

-aggiungeva di essere fuggito dal (OMISSIS) per sfuggire alle minacce ed alle aggressioni di uomini del gruppo etnico dei (OMISSIS) che avevano picchiato e tagliato un braccio a suo padre ed erano ritornati a picchiare e minacciare anche lui;

– il tribunale escludeva il riconoscimento dello status di rifugiato nonchè la protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 lett. a) e b) ravvisando nel riferito contrasto una vicenda legata al possesso dei terreni più che uno scontro etnico;

– il tribunale escludeva poi alla luce della descrizione della situazione generale del (OMISSIS) come descritta nei report di Amnesty International, la ravvisabilità della fattispecie della violenza indiscriminata D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c);

– il tribunale negava altresì la sussistenza di una specifica situazione di vulnerabilità che potesse giustificare il riconoscimento della protezione umanitaria;

– la cassazione del decreto impugnato è chiesta sulla base di tre motivi;

– non ha svolto attività difensiva l’intimato Ministero dell’interno.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza per error in procedendo, nonchè la motivazione apparente e la violazione dell’art. 122 c.p.c. e art. 132 c.p.c., n. 4 nonchè del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 3 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 10, lett. b) per avere il tribunale recepito acriticamente le conclusioni della Commissione territoriale senza procedere all’audizione del richiedente;

-il motivo è infondato;

-risulta, innanzitutto, dal decreto impugnato che l’udienza si sia tenuta il 6/3/2019 e che, pertanto, il ricorrente abbia avuto la possibilità di fornire al tribunale eventuali chiarimenti;

– quanto alla motivazione del rigetto del ricorso, il tribunale, dopo avere enunciato i principi normativi, li ha applicati al caso di specie esaminando distintamente le diverse forme di protezione richieste;

– il tribunale ha, quindi, motivato le ragioni della non ritenuta credibilità del C. che hanno condotto alla esclusione dei requisiti per il riconoscimento della persecuzione etnica ai fini dello status di rifugiato e ai fini della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) e b);

– con particolare riguardo poi alla situazione socio-politica del (OMISSIS), ricostruito alla luce del cambio di governo (da Y.J. a A.B.) il tribunale ha argomentato con il richiamo alle specifiche condizioni riferite nei report internazionali e motivato l’insussistenza del conflitto armato (cfr. pag. 12-13);

– va, pertanto, respinta la censura di motivazione apparente che ricorre allorchè la motivazione, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perchè recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (cfr. Cass. Sez. Un. 22232/2016), dal momento che nel caso di specie le ragioni del convincimento sono chiaramente individuabili;

– con il secondo motivo si censura la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2008, art. 35 bis, comma 9, per non avere il tribunale approfondito le indagini sul conflitto etnico fra (OMISSIS) e contadini;

– la censura è infondata perchè il ricorrente non ha mai svolto in precedenza alcuna allegazione circa un suo coinvolgimento o esposizione al rischio di scontro interetnico con i pastori che nella lingua (OMISSIS) si definiscono “(OMISSIS)”;

– poichè l’onere di allegazione dei fatti costitutivi è, nonostante l’attenuazione dell’onere probatorio che caratterizza i procedimenti sulla protezione internazionale, comunque in capo al richiedente (cfr. Cass. 11103/2019), la statuizione del tribunale è coerente con le allegazioni svolte senza che possa censurarsi il mancato esame di circostanze non allegate;

– con il terzo motivo si censura, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 4 per non avere riconosciuto la protezione umanitaria avuto riguardo a quanto riferito in merito al periodo trascorso in prigione in Libia;

-la censura è infondata perchè la conclusione sulla domanda di riconoscimento della protezione umanitaria è corretta sebbene sia erronea l’enunciazione del principio svolta a pag. 14 del decreto impugnato, terzo capoverso, secondo la quale per il riconoscimento della protezione umanitaria è onere dell’istante dedurre specificamente le lesioni alla sfera dei propri diritti personalissimi, poichè sul giudice non incombe un dovere di cooperazione nell’accertamento dei fatti rilevanti nel caso specifico;

– in realtà il precedente richiamato nel decreto impugnato (Cass. 231/2019) non esclude a priori il ricorso da parte del giudice della protezione umanitaria ai poteri istruttori ufficiosi, ma richiede la preventiva allegazione di una specifica condizione personale di vulnerabilità (cfr. Cass. 4455/2018) che, però, nel caso del C. non è stata ravvisata neppure con riguardo alla sua esperienza in Libia, la cui rilevanza non può essere a priori esclusa sempre che l’allegazione di essa non sia, come invece nel caso in esame, generica e stereotipata;

– ne consegue che la doglianza formulata dal ricorrente, connotata dalla evidenziata genericità, non poteva nel caso in esame indurre il giudice del merito all’auspicata pronuncia di accoglimento; e la carenza del quadro assertivo non giustificava nemmeno la spendita, da parte dello stesso, dei poteri istruttori officiosi a lui assegnati nel giudizio vertente sulle diverse forme del diritto di asilo;

– l’esito sfavorevole di tutti i motivi, giustifica il rigetto del ricorso;

– atteso il mancato svolgimento di attività difensiva, nulla va disposto sulle spese di lite;

– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione Seconda civile, il 6 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 settembre 2020

 

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