Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19962 del 27/07/2018


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Civile Ord. Sez. 5 Num. 19962 Anno 2018
Presidente: LOCATELLI GIUSEPPE
Relatore: FEDERICI FRANCESCO

ORDINANZA

sul ricorso 25741-2011 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente contro

CHELINI SANDRA, elettivamente domiciliata in ROMA VIA
2018
1719

SISTINA 121, presso lo studio dell’avvocato MARCELLO
BONOTTO, che la rappresenta e difende unitamente
all’avvocato MARCO GALLI;
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 149/2010 della COMM.TRIB.REG.
di FIRENZE, depositata il 07/10/2010;

Data pubblicazione: 27/07/2018

udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 17/05/2018 dal Consigliere Dott.

FRANCESCO FEDERICI.

31\

Rilevato che:
L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza n.
149/01/10, depositata dalla Commissione Tributaria Regionale della Toscana il
12.03.2009.
Ha rappresentato che, all’esito di una verifica fiscale relativa all’anno d’imposta
1991, il 23.04.1996 notificava a Chelini Sandra un avviso di accertamento. La
contribuente in data 9.05.1996 presentava domanda di definizione agevolata delle liti

656 del 1994, avendo provveduto a versare la somma di £ 1.985.000 pari al 10% del
valore della lite. Dovendo comunque provvedere al pagamento di 1/3 delle somme
dovute in base all’accertamento, secondo quanto previsto dal combinato disposto
dell’art. 15 del d.P.R. n. 602 del 1973 e dell’art. 2 quinquies, co. 6, del d.l. n. 564 cit.,
gli era notificata la cartella di pagamento per il relativo importo iscritto a ruolo.
La contribuente contestava il debito, ritenuto per intero condonato dal versamento
già eseguito. Seguiva il contenzioso, esitato dinanzi alla Commissione Tributaria
Provinciale di Firenze con l’accoglimento del ricorso (sentenza del 14.10.1997). Il
giudizio giungeva dinanzi alla Corte di Legittimità a seguito di una sentenza del
giudice d’appello inerente il difetto di costituzione della Amministrazione e, rinviato
dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale Toscana a seguito della cassazione della
precedente pronuncia, era deciso in senso favorevole alla contribuente con la sentenza
ora impugnata.
Con un unico motivo l’Agenzia si duole della pronuncia per violazione e falsa
applicazione dell’art. 2 quinquies, co. 6, del d.l. n. 564 del 1994, in relazione all’art.
360, co.1, n. 3 c.p.c., per aver erroneamente ritenuto che la norma, che statuisce
l’obbligo di corrispondere quanto previsto dalle disposizioni di legge in ipotesi di
pendenza del giudizio, fosse riferibile esclusivamente all’ipotesi in cui il contribuente
avesse impugnato l’atto impositivo, con esclusione dunque dei casi di lite potenziale.
Ha pertanto chiesto la cassazione della sentenza.
Si è costituita la contribuente, che ha resistito chiedendo il rigetto del ricorso.

Considerato che:
Il motivo di ricorso è fondato e trova accoglimento. La questione, ampiamente
esaminata da questa Corte, è stata da tempo risolta in base al principio secondo cui ai
fini del condono tributario e con riferimento alla definizione delle liti pendenti, previste
dall’art. 2-quinquies del d.l. n. 564 del 1994, n. 564, convertito con I. n. 656 del 1994,
RGN 25741/2011
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fiscali pendenti ai sensi dell’art. 2 quinquies del d.l. n. 564 del 1994, convertito con I.

2

il contribuente, qualora abbia presentato istanza di definizione dopo la notifica di un
atto impositivo, non può limitarsi a corrispondere solo la somma stabilita dal comma
1, ma, in base al comma 6, è obbligato a versare anche l’importo, il cui pagamento, in
pendenza del giudizio, è previsto dalle vigenti disposizioni di legge. Ciò perché la
suddetta disposizione -secondo la quale “restano comunque dovute le somme il cui
pagamento è previsto dalle vigenti disposizioni di legge in ipotesi di pendenza di
giudizio, anche se non ancora iscritte a ruolo o liquidate”- deve essere interpretata nel

stabilito dall’art. 60 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, o dall’art. 23 del d.lgs. n. 46
del 1999 (all’epoca dei fatti dall’art. 15 del d.P.R. n. 602 del 1973) ancorché il
contribuente stesso non abbia proposto ricorso avverso l’avviso di accertamento in
rettifica davanti agli organi’del contenzioso tributario, essendo irrilevante se la lite sia
stata o meno introdotta, ed avendo invece rilievo la emissione di un atto impositivo,
che per essere impugnabile è sufficiente a rappresentare il momento iniziale di
decorrenza della pendenza della lite come lite potenziale (tra le tante cfr. Cass., sent.
n. 27997 del 2011; 21768 del 2011; n. 9524 del 2008; n. 12789 del 2006; n. n.
23174 del 2005). Dalla fattispecie infatti resta esclusa l’ipotesi del processo verbale di
constatazione, che non è un atto impositivo (cfr. la n. 21768 cit.).
L’accoglimento del motivo di ricorso comporta la cassazione della sentenza e,
poiché non vi è necessità di accertamenti di fatto, la causa può essere decisa anche
nel merito ex art. 384 co. 2, c.p.c., con il rigetto del ricorso introduttivo della
contribuente.
All’esito del giudizio segue la regolamentazione delle spese di causa, che si ritiene
corretto compensare per tutte le precedenti fasi, condannando la Chelini solo per
quelle relative al presente giudizio, nella misura specificata in dispositivo.

P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito,
rigetta il ricorso introduttivo della contribuente; compensa le spese processuali di
tutte le precedenti fasi, condannando la Chelini alla rifusione in favore della Agenzia
delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida nella misura di C 1.500,00
oltre spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, il giorno 17 maggio 2018.

senso che sono comunque dovute dal contribuente le somme il cui pagamento è

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