Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1996 del 28/01/2021

Cassazione civile sez. I, 28/01/2021, (ud. 18/11/2020, dep. 28/01/2021), n.1996

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MELONI Marina – Presidente –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 15406-2019 proposto da:

P.J., elettivamente domiciliata in ROMA, presso la

Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa

dall’Avvocato ALESSANDRO PRATICO’, giusta procura speciale estesa in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, presso l’Avvocatura Generale

dello Stato, che lo rappresenta e difende ope legis;

– resistente-

avverso la sentenza della CORTE DI APPELLO DI TORINO n. 1890/2018,

depositata in data 2.11.2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

18.11.2020 dal Consigliere Dott.ssa ANTONELLA DELL’ORFANO.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

P.J. propone ricorso, affidato a due motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Corte di Appello di Torino aveva respinto l’appello proposto avverso l’ordinanza emessa in data 9.1.2018 dal Tribunale di Torino in rigetto del ricorso presentato contro il provvedimento della Commissione territoriale di diniego della richiesta di protezione internazionale;

il Ministero dell’Interno si è costituito al solo scopo di partecipare all’udienza di discussione.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1.1. con il primo ed il secondo motivo, formulati in modo congiunto, è denunciata violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 184 bis c.p.c.) e omesso esame di fatto decisivo con riferimento alla violazione del diritto di difesa per omessa traduzione in lingua nota alla richiedente, analfabeta, della notifica del provvedimento della Commissione territoriale, ricevuto dalla medesima in occasione di un controllo, per identificazione, espletato nei suoi confronti da organi di Polizia Ferroviaria;

1.2. si lamenta pertanto l’erronea dichiarazione di inammissibilità per tardività del ricorso in primo grado, atteso che la mancata comprensione della notifica del provvedimento di rigetto della richiesta di protezione internazionale, emesso nei confronti della richiedente, aveva impedito la sua tempestiva impugnazione;

1.3. va premesso che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, in tema di protezione internazionale, l’obbligo di tradurre gli atti relativi alle fasi impugnatorie davanti all’autorità giudiziaria ordinaria, costituisce uno strumento di tutela apprestato dal D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 10, comma 5, al fine di assicurare all’interessato-richiedente la massima informazione e la più penetrante possibilità di allegazione;

1.4. la comunicazione della decisione negativa della Commissione territoriale competente, ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 10, commi 4 e 5, deve essere quindi resa nella lingua indicata dallo straniero richiedente o, se non sia possibile, in una delle quattro lingue veicolari (inglese, francese, spagnolo o arabo, secondo l’indicazione di preferenza), determinando la relativa mancanza l’invalidità del provvedimento;

1.5. in vari arresti giurisprudenziali è stato evidenziato da questa Corte che il giudizio in questione ha ad oggetto non il provvedimento in sè della Commissione bensì la sussistenza del diritto alla protezione internazionale, di conseguenza, la violazione degli obblighi di traduzione (al pari di quello di consegna di copia autentica) del provvedimento non rileva di per sè, bensì solo nella misura in cui abbia prodotto una lesione all’esercizio del diritto di difesa del richiedente;

1.6. pertanto, la parte che censura la decisione che non si sia attenuta all’osservanza di tale obbligo, deve necessariamente indicare in modo specifico quale atto non tradotto abbia determinato un vulnus all’esercizio del diritto di difesa incidendo sulla correttezza del provvedimento finale, non potendosi genericamente denunciare la mancata osservanza della norma relativa all’obbligo di traduzione (cfr. Cass. nn. 11295/2019, 24543/2011, 11871/2014);

1.7. la giurisprudenza di questa Corte ha anche chiarito che l’istituto della rimessione in termini, previsto dall’art. 153 c.p.c., comma 2, come novellato dalla L. n. 69 del 2009, il quale opera anche con riguardo al termine per proporre impugnazione, richiede la dimostrazione che la decadenza sia stata determinata da una causa non imputabile alla parte, perchè cagionata da un fattore estraneo alla sua volontà (cfr. Cass. S.U. n. 32725/2018);

1.8. in particolare, è stata affermata l’ammissibilità dell’istanza di rimessione in termini in riferimento alla decadenza dalla facoltà di proporre impugnazione per incolpevole decorso del termine per impugnare alla luce di una lettura costituzionalmente orientata dello stesso art. 184 bis c.p.c., maggiormente rispettosa dei principi costituzionali di effettività del contraddittorio e delle garanzie difensive (cfr. Cass. n. 177704/2010);

1.9. di conseguenza, l’istituto della rimessione in termini, previsto dall’art. 184 bis c.p.c., abrogato dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 46 e sostituito dalla generale previsione di cui all’art. 153 c.p.c., comma 2, trova applicazione, alla luce dei principi costituzionali di tutela delle garanzie difensive e del giusto processo, non solo con riguardo alla decadenza dai poteri processuali interni al giudizio, ma anche a situazioni esterne al suo svolgimento, quale la decadenza dal diritto di impugnazione (Cass. n. 5946/2017);

1.10. questa Corte ha altresì precisato che la parte è tenuta ad osservare il principio generale che impone alla stessa di attivarsi con immediatezza, dovendo essere l’iniziativa della parte tempestiva, da intendersi come immediata reazione al palesarsi della necessità di svolgere un’attività processuale ormai preclusa (cfr. Cass. n. 19290 del 2016 e Cass. S.U. n. 32735/2018 citata);

1.11 poste tali premesse, i Giudici di merito hanno ritenuto che non era fondata la richiesta di rimessione in termini per dedotta mancata traduzione della notifica del provvedimento di diniego della richiesta protezione internazionale, posto che la notifica si era validamente perfezionata a seguito di consegna “a mani della destinataria”, con relativa firma sulla relata di notifica, del provvedimento della Commissione Territoriale, dovendo altresì evidenziarsi che nessuna specifica doglianza risulta formulata dalla richiedente circa la mancata traduzione del provvedimento della Commissione Territoriale in lingua conosciuta dallo straniero;

1.12. ne consegue che, in base a quanto accertato dai Giudici di merito, con motivazione idonea e in base ad apprezzamento di fatto incensurabile (cfr. Cass. n. 2953/2019 in tema di espulsioni e Cass. S.U.n. 8053/2014), il motivo addotto dalla richiedente non si configura quale assoluto impedimento all’impugnazione, nel senso precisato;

1.13. fermo che nel caso in esame non è stata in alcun modo lamentata la mancata traduzione del contenuto del provvedimento amministrativo, la stessa ricorrente ha dichiarato di non aver ritirato la copia a lei destinata del provvedimento (cfr. pag. 5 ricorso in cassazione), deducendo altresì del tutto apoditticamente che poteva anche non esserle stata consegnata;

1.14. va quindi evidenziato che l’evocata giurisprudenza di questa Corte attiene esclusivamente alla traduzione del provvedimento, giammai della relata di notifica, esigenza ex se inutile posto che detto atto attesta unicamente la consegna all’interessato dell’atto a lui diretto (cfr. Cass. n. 4381/2020 in motivazione);

1.15. sulla scorta di quanto sin qui illustrato, la censura in esame va disattesa avendo la Corte di merito correttamente confermato la decisione di primo grado di rigetto della richiesta di remissione in termini formulata dalla ricorrente, dichiarando tardivo il ricorso introduttivo;

2. il ricorso deve essere pertanto respinto;

3. nulla sulle spese stante la mancanza di attività difensiva del Ministero dell’Interno.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di Cassazione Sezione Prima Civile, il 18 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 28 gennaio 2021

 

 

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