Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1996 del 26/01/2018


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Civile Ord. Sez. 5 Num. 1996 Anno 2018
Presidente: CANZIO GIOVANNI
Relatore: DIOTALLEVI GIOVANNI

ORDINANZA
sul ricorso 2136-2012 proposto da:
PIANE IMMOBILIARE SRL, domiciliato in ROMA PIAZZA
CAVOUR

presso

CASSAZIONE,

la

cancelleria

rappresentato

e

della

difeso

CORTE

DI

dall’Avvocato

FILIPPO POLISENA (avviso postale ex art. 135);
– ricorrente contro
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
2017
3224

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende;
EQUITALIA MARCHE SPA ORA EQUITALIA SERVIZI

DI

RISCOSSIONE SPA, elettivamente domiciliata in ROMA VIA
REGINA MARGHERITA 294, presso lo studio dell’avvocato

Data pubblicazione: 26/01/2018

ENRICO FRONTICELLI BALDELLI, rappresentata e difesa
dagli avvocati GRAZIANO PAMBIANCHI, FABRIZIO IACOPINI;
– controricorrenti

avverso la sentenza n. 323/2010 della COMM.TRIB.REG.
di ANCONA, depositata il 09/12/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di

GIOVANNI DIOTALLEVI.

consiglio del 12/12/2017 dal Consigliere Dott.

R.G. 2136/2012

La soc. Piane Immobiliare impugnava la cartella esattoriale notificata 1’11.12.2017 da
Equitalia Marche Due s.p.a., agente della riscossione per la provincia di Macerata, con la
quale veniva richiesto il pagamento di imposte di registro, ipotecarie e catastali, derivanti
dall’atto di rettifica e liquidazione emesso dall’Agenzia delle Entrate. Ufficio di Ascoli Piceno
n. 2004/1V/100153, notificato il 21 ottobre 2006 e non impugnato.
A sostegno del ricorso la società deduceva:
Violazione dell’art. 7 della legge n. 212/2000. per mancata indicazione del responsabile del
procedimento;
Violazione dell’art. 10 1. n. 212/2000 perché l’Ufficio non si sarebbe conformato ai principi
di collaborazione e buona fede, non avendo tenuto conto dell’istanza di accertamento con
adesione avanzata dalla contribuente.
Illegittimità della cartella per vizio dell’atto presupposto (avviso di rettifica e liquidazione),
rispetto al quale l’Ufficio era incorso in errore sia per l’entità della rettifica che delle sanzioni.
Si costituivano sia Equitalia Marche Due che l’Agenzia delle Entrate contestando i
motivi dedotti dalla ricorrente.
La commissione tributaria provinciale di Ascoli Piceno rigettava il ricorso con
sentenza n. 91/03/08 che era confermata dalla commissione tributaria regionale di Ancona,
con sentenza n. 323/01/10,
Avverso la sentenza della CTR ha proposto ricorso per cassazione la società contribuente
formulando tre motivi. L’Agenzia delle Entrate si è costituita in giudizio con controricorso,
contestando le affermazioni della ricorrente.
Si è costituita altresì Equitalia Centro s.p.a. contestando anch’essa le deduzioni della
ricorrente.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo i ricorrenti deducono violazione di legge, ai sensi dell’articolo 360.
comma I, numero 3, cod. proc. civ., e vizio di motivazione, ai sensi dell’articolo 360, comma
1, numero 5, cod. proc. civ., poiché i giudici di appello hanno ritenuto infondato il rilievo
relativo al fatto che gli atti impositivi non recavano l’indicazione del responsabile del
procedimento.
Il motivo è manifestamente infondato. Rileva il collegio che l’indicazione del responsabile
del procedimento negli atti dell’Amministrazione finanziaria non è richiesta, dall’art. 7 della
legge 27 luglio 2000, n. 212 (c.d. Statuto del contribuente), a pena di nullità, poiché tale
sanzione è stata introdotta per le sole cartelle di pagamento dall’art. 36. comma 4-ter, del d.l.
31 dicembre 2007, n. 248, convertito, con modificazioni, nella legge 28 febbraio 2008, n. 3 l .
applicabile soltanto alle cartelle riferite ai ruoli consegnati agli agenti della riscossione a
decorrere dal 1 giugno 2008 (Cass., Sez. U, n. 11722 del 14/05/2010 ). E’ escluso, dunque,
che la mancata indicazione del responsabile del procedimento negli avvisi di accertamento
impugnati ne abbia determinato la nullità.
Con il secondo motivo è stata dedotta violazione dell’art. 10 I. n. 212/2000 perché
l’Ufficio non si sarebbe conformato ai principi di collaborazione e buona fede., non avendo
tenuto conto dell’istanza di accertamento con adesione avanzata dalla contribuente.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il terzo motivo è inammissibile. L’ omessa ‘pronuncia su alcuni dei motivi di appello, e, in
genere. su una domanda, eccezione o istanza ritualmente introdotta in giudizio, integra una
violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., che deve essere fatta valere esclusivamente ai sensi dell’art.
360, primo comma, n. 4. dello stesso codice, che consente alla parte di chiedere – e al giudice di
legittimità di effettuare – l’ esame degli atti del giudizio di merito, nonché, specificamente, dell’atto
di appello, mentre è inammissibile ove il vizio sia dedotto come violazione dell’art. 360, primo
comma, n. 3 e n. 5, cod. proc. civ. ( Cass. n. 22759 del 27/10/2014). Con esso si contesta il merito
dell’avviso di rettifica e liquidazione (atto presupposto) che non può essere oggetto di esame
stante la mancata impugnazione dello stesso..
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
Non sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1,
comma 17, (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge
di stabilità 2013), che ha aggiunto l’art. 13, comma I quater al testo unico di cui al D.P.R. 30
maggio 2002, n. 115 – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte dei ricorrenti,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa
impugnazione integralmente rigettata.
P.Q.M.
La corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese processuali
liquidate le stesse in euro quattromila, oltre oneri accessori, CPA ed IVA in favore di ciascuna
delle controricorrenti.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 12 dicembre 2017.

Il motivo è manifestamente infondato. A seguito della presentazione dell’istanza di
accertamento con adesione veniva notificato alla società ricorrente l’invito per il contraddittorio
in data 11 gennaio 2007., con l’avvertenza che i termini di per l’impugnazione dell’avviso di
rettifica e liquidazione e quelli per la riscossione delle imposte in pendenza di giudizio erano
sospesi per un arco di novanta giorni decorrenti dalla data di presentazione dell’istanza.. Il
ricorrente per tutto il periodo a disposizione ha sottoscritto l’accordo, ma poi non ha dato seguito
ad alcun versamento vanificando una conclusione della procedura. A seguito di ulteriore istanza
l’Amministrazione ha provveduto in via di autotutela ad operare uno sgravio parziale delle
somme., non ha perfezionato l’istanza di adesione e non ha impugnato l’atto di accertamento
rendendolo definitivo.
Osserva il collegio che il riesame degli elementi oggetto di valutazione, laddove non siano
evidenziati vizi logici, costituisce accertamento di merito che esula dai limiti del controllo di
logicità della motivazione affidato alla corte di legittimità. Nella specie non sussiste alcuna lacuna
nel ragionamento decisorio seguito dalla CTR.

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