Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19959 del 29/09/2011

Cassazione civile sez. I, 29/09/2011, (ud. 28/06/2011, dep. 29/09/2011), n.19959

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITRONE Ugo – Presidente –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. DI VIRGILIO Maria Rosa – Consigliere –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

D.V.C. e P.S., elettivamente domiciliati

in Roma, alla via Baldo degli Ubaldi n. 71, presso l’avv. MORICHI

Massimiliano, unitamente all’avv. ANTONIO FRUNZI del Foro di Napoli,

dal quale sono rappresentati e difesi in virtù di procura speciale a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

CONSORZIO CO.GE.RI., in persona del presidente p.t. B.

G., elettivamente domiciliato in Roma, alla via C. Mirabello

n. 26, presso l’avv. IANNUCCILLI Pasquale, dal quale è rappresentato

e difeso in virtù di procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte di Appello di Napoli n. 1443/04,

pubblicata il 30 aprile 2004;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza deL 28

giugno 2011 dal Consigliere dott. Guido Mercolino;

udito l’avv. IANNUCCILLI per il controricorrente;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale dott. PRATIS Pierfelice, il quale ha concluso per

l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. – D.V.C., proprietaria di un fabbricato sito in (OMISSIS), alla via (OMISSIS), convenne in giudizio il Consorzio Co.Ge.Ri., concessionario della costruzione di uno svincolo di raccordo tra la (OMISSIS), chiedendone la condanna al risarcimento dei danni derivanti dalla realizzazione dell’opera pubblica a ridosso del fabbricato.

1.1. – Nel giudizio, spiegò intervento P.S., comproprietario del fabbricato, aderendo alla domanda dell’attrice.

1.2. – Con sentenza del 9 aprile 2000, il Tribunale di Napoli rigettò la domanda.

2. L’impugnazione proposta dall’attrice e dall’interventore è stata rigettata dalla Corte d’Appello di Napoli con sentenza del 30 aprile 2004.

Premesso che la concessione di opera pubblica comporta il trasferimento di funzioni e potestà pubbliche al concessionario, il quale, agendo come organo dell’Amministrazione concedente, è responsabile per i danni cagionali a terzi e per il pagamento delle indennità di espropriazione ed occupazione, la Corte ha ritenuto che tale responsabilità non si estenda alla fattispecie di cui alla L. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 46 nella quale non vi è alcun trasferimento di funzioni, come previsto dalla convenzione richiamata dagli appellanti, non trattandosi di danni derivanti dalle modalità di esecuzione dell’opera, ma dalla localizzazione della stessa, risultante da un progetto approvato dall’Amministrazione, e configurandosi il concessionario come mero esecutore materiale.

3. – Avverso la predetta sentenza la D.V. ed il P. propongono ricorso per cassazione, affidato ad un solo motivo. Il Consorzio resiste con controricorso, illustralo anche con memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Preliminarmente, va disattesa l’eccezione sollevata dal controricorrente nella memoria depositata ai sensi dell’art. 378 cod. proc. civ., con cui si fa valere la carente esposizione dei fatti di causa contenuta nel ricorso e la mancata illustrazione del contenuto della sentenza di primo grado e di quella impugnata, nonchè la genericità dell’indicazione delle norme di cui si denuncia la violazione, ed in particolare l’omessa individuazione delle ordinanze del Commissario straordinario di Governo nominato ai sensi della L. 14 maggio 1981, n. 219, che, in quanto integrative della disciplina del procedimento espropriativo dettata dalla medesima legge, assumerebbero rilievo ai fini della decisione.

1.1. – Il ricorso appare infatti corredato di tutte le indicazioni necessarie per la conoscenza dei fatti sostanziali e processuali rilevanti ai fini della comprensione del significalo e della portata delle censure rivolte alla sentenza impugnata, che rappresenta la finalità dell’esposizione sommaria prescritta dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3 (cfr. Cass. Sez. lav. 5 febbraio 2009, n. 2831; 12 giugno 2008. n. 15808: Cass., Sesz. 3^, 24 luglio 2007, n. 16315), non assumendo alcun rilievo, in proposito, la circostanza che i ricorrenti si siano limitati a trascrivere il contenuto dell’atto di citazione, invece di riportare la ricostruzione dei fatti emergente dalla sentenza di primo grado, in quanto il relativo accertamento deve ritenersi assorbito dalla sentenza di appello, i cui passi salienti, trascritti nell’unico motivo d’impugnazione, rendono evidente la ricognizione della vicenda posta a fondamento della decisione gravata.

A sua volta, l’omessa indicazione delle ordinanze commissariali, la cui rilevanza dev’essere peraltro esclusa alla stregua delle considerazioni che seguiranno, non impedisce d’individuare l’oggetto e le ragioni della censura sollevata, la cui illustrazione costituisce la rado del requisito di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, in quanto dalle argomentazioni svolte nel ricorso emergono chiaramente il contenuto ed i limiti dell’impugnazione, così come il principio di diritto di cui i ricorrenti denunciano la violazione (cfr. Cass., Sez. 3^, 14 ottobre 2004, n. 20292; 17 luglio 2003. n. 11202; 20 febbraio 1999, n. 1430).

2. Con l’unico motivo d’impugnazione, i ricorrenti denunciano la violazione e la falsa applicazione della L. 14 maggio 1981, n. 219, art. 80 e segg. e della L. n. 2359 del 1865, art. 46 sostenendo che, in materia di espropriazioni per la realizzazione di opere comprese nel programma straordinario di cui al titolo 8^ della L. n. 219 cit., l’attribuzione di pubblici poteri al concessionario comporta l’assunzione da parte dello stesso di tutte le obbligazioni negoziali, indennitarie o risarcitorie connesse all’esecuzione dell’opera, non assumendo alcun rilievo la circostanza che il danno derivi dalla localizzazione della stessa, in quanto, indipendentemente dalla circostanza che nella specie la convenzione rimetteva al concessionario la redazione del progetto esecutivo, la L. n. 2359 cit., art. 46 ricollega il diritto all’indennizzo ad un’attività lecita dell’Amministrazione, consistente nella realizzazione di un’opera che comporti l’imposizione di una servitù o un danno permanente a carico dell’altrui proprietà.

2.1. – La censura è fondata.

E’ infatti pacifico che l’opera dalla cui realizzazione è derivato il pregiudizio lamentato dai ricorrenti è stata progettata ed eseguita dal Consorzio Co.Ge.Ri. in qualità di concessionario del Commissario straordinario di Governo nominalo ai lini della realizzazione del programma straordinario di edilizia residenziale disciplinato dal titolo 7^ della L. n. 219 del 1981, e quindi nell’esercizio dei poteri pubblicistici derivanti dal provvedimento di concessione, cui si ricollega la responsabilità esclusiva del concessionario nei confronti dei terzi per tutte le obbligazioni, anche indennitarie, derivanti dalla realizzazione dell’opera.

E” pur vero che, con riferimento all’indennità prevista dalla L. n. 2359 del 1865, art. 46 in favore dei proprietari dei fondi che, per effetto della realizzazione di un’opera pubblica, vengano gravati di servitù o subiscano un danno permanente derivante dalla perdita o dalla diminuzione di un diritto, questa Corte ha ripetutamente affermato, in linea generale, che. ove il pregiudizio indennizzabile ai sensi della predetta disposizione sia ricollegabile alla localizzazione dell’opera pubblica ed alla predisposizione del progetto, la relativa responsabilità grava esclusivamente sulla Pubblica Amministrazione, e non può in alcun modo coinvolgere il concessionario al quale non siano addebitabili, sul piano soggettivo, dolo o colpa nell’esecuzione dei lavori, per essere egli mero esecutore materiale dell’opera voluta e progettata dall’Amministrazione. Il principio, applicabile in tema illecito aquiliano, secondo cui la responsabilità del concessionario, postulando una sua condotta dolosa o colposa, dev’essere esclusa allorchè il pregiudizio sia ascrivibile esclusivamente a fatto dell’Amministrazione concedente, non può infatti non trovare applicazione anche con riguardo alla fattispecie di cui all’art. 46 cit., la quale ha carattere meno ampio di quella di cui all’art. 2043 cod. civ., configurandosi come un’ipotesi di responsabilità per attività lecita (cfr. Cass., Sez. 3^, 16 febbraio 2010, n. 3585;

Cass., Sez. 1^, 20 dicembre 1999, n. 14312).

E’ stato tuttavia precisato che tale principio non può essere esteso all’ipotesi in cui. come nella specie, il pregiudizio sia ricollegabile alla realizzazione di opere comprese nel programma straordinario di edilizia residenziale previsto dal titolo 7^ della L. n. 219 cit., atteso il carattere speciale della disciplina dettata dall’art. 80 e segg. di questa legge, che deroga ai principi generali in tema di espropriazione per pubblica utilità. Nell’ambito di tale disciplina, infatti, l’attribuzione di pubblici poteri al concessionario risulta talmente ampia, esplicita ed onnicomprensiva da indurre a ritenere che il legislatore abbia inteso fare riferimento, senza possibilità di deroga per il Commissario straordinario, allo strumento della concessione c.d. traslativa, caratterizzata dal trasferimento al concessionario dell’esercizio delle funzioni oggettivamente pubbliche proprie del concedente e necessarie per la realizzazione delle opere.

A differenza di quanto accade nell’appalto, ove l’affidamento resta strettamente limitato all’esecuzione del lavoro, al concessionario è demandato il compimento in nome proprio di tutte le operazioni materiali, tecniche e giuridiche occorrenti per la realizzazione del programma edilizio, ancorchè comportanti l’esercizio di poteri di carattere pubblicistico, quali quelli inerenti all’espletamento delle procedure di espropriazione, all’offerta, al pagamento o al deposito delle indennità. In particolare, la delega del potere di procedere all’approvazione e realizzazione del progetto edilizio, nonchè all’acquisizione delle relative aree, attuando un trasferimento di funzioni e potestà proprie del concedente – espropriante in favore del concessionario, comporta l’acquisto da parte di quest’ultimo, sia pure in via temporanea e precaria, dei poteri e delle facoltà spettanti all’Amministrazione concedente, con la conseguenza che egli si sostituisce alla stessa nello svolgimento dell’attività organizzativa e direttiva necessaria per realizzare l’opera pubblica, e pur non essendone il destinatario, e restando sottoposto ai poteri di supremazia, ingerenza e controllo dell’Amministrazione concedente, diviene, in veste di soggetto attivo del rapporto attuativo della concessione, l’unico titolare di tutte le obbligazioni che ad esso si ricollegano.

Nessun rilievo assume, in proposito, la circostanza che la titolarità, dell’opera realizzata, unitamente a quella degli immobili acquisiti, spetti alla concedente, in quanto ciò che rileva è che il concessionario agisce in nome proprio, sia pure come organo indiretto dell’Amministrazione concedente, ed in tale qualità compie materialmente l’attività esecutiva dell’opera e quella espropriativa. Pertanto, analogamente a quanto accade nella delegazione amministrativa intersoggettiva, la sua azione produce, nei confronti dei terzi, gli stessi effetti che produrrebbe l’azione diretta dell’Amministrazione, e correlativamente egli risponde direttamente dei danni cagionati a terzi dall’opera pubblica e delle obbligazioni strumentalmente preordinate alla sua esecuzione, anche quando derivino da attività legittima, rilevando eventuali omissioni o inadempienze del concedente esclusivamente nei rapporti interni derivanti dalla concessione, ai fini di un’eventuale rivalsa (cfr.

Cass.. Sez. Un., 10 giugno 2003, n. 9217; Cass., Sez. 1^. 14 dicembre 2007, n. 26261; 4 settembre 2004, n. 17881).

Non può pertanto condividersi l’affermazione contenuta nella sentenza impugnata, secondo cui, avendo i ricorrenti agito per far valere un danno derivante non già dalle modalità di esecuzione dell’opera, ma dalla localizzazione della stessa, non sarebbe configurabile una responsabilità del concessionario, apparendo logico che quest’ultimo non sia tenuto a manlevare il concedente per il fatto di aver realizzato un progetto sottoposto all’approvazione dello stesso sia nella fase dei programmi costruitivi, che in quella della progettazione esecutiva, e risultando altresì evidente che la responsabilità per fatto lecito, quale è quella che trae origine dalla mera esistenza dell’opera pubblica, ricade sull’ente nel cui interesse essa è stata realizzata. Al di là del rilievo che nella specie il concessionario non è stato chiamato in causa dall’Amministrazione, per essere tenuta indenne dalle conseguenze dell’azione intentata dagli attori, ma è stato convenuto in giudizio direttamente da questi ultimi, in qualità di esclusivo responsabile del danno da essi patito, la circostanza che tale pregiudizio sia connesso alla localizzazione dell’opera, anzichè all’esecuzione della stessa, non consente di escludere la responsabilità del concessionario, avuto riguardo all’ampiezza dei poteri conferitigli dal concedente, la cui approvazione potrebbe eventualmente assumere rilievo esclusivamente nell’ambito del rapporto concessorio, estraneo all’oggetto del presente giudizio.

3. – La sentenza impugnata va pertanto cassata, con il conseguente rinvio della causa alla Corte d’Appello di Napoli, che provvederà anche alla liquidazione delle spese relative alla fase di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Napoli, anche per la liquidazione delle spese processuali.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima Sezione Civile, il 28 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 29 settembre 2011

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