Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19959 del 23/09/2020

Cassazione civile sez. I, 23/09/2020, (ud. 03/07/2020, dep. 23/09/2020), n.19959

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. SCOTTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28096/2015 proposto da:

Associazione Culturale “Tevere 97”, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via

Piemonte n. 39/a, presso lo studio dell’avvocato Tomaselli Edmondo,

che la rappresenta e difende, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Roma Capitale, in persona del Commissario pro tempore, elettivamente

domiciliata in Roma, Via Tempio di Giove n. 21, presso gli uffici

dell’Avvocatura Capitolina, rappresentata e difesa dall’avvocato

D’Ottavi Luigi, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

contro

C.F., elettivamente domiciliato in Roma, Via Cola di

Rienzo n. 28, presso lo studio dell’avvocato Carletti Fioravante,

che lo rappresenta e difende, giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

contro

N.P.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 6494/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 23/10/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

03/07/2020 dal cons. Dott. MELONI MARINA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

L’Associazione culturale “Tevere 97” propose al Comune di Roma con lettera in data 7/11/2000 lo svolgimento di una manifestazione culturale denominata “(OMISSIS)” da tenersi dal (OMISSIS), a seguito di accordi presi con l’On. C.F. e Sig.ra N.P. tanto che il primo, a manifestazione conclusa, chiese al Comune di Roma un impegno di spesa di 70.000.000 di Lire da corrispondere all’associazione per il rimborso delle spese sostenute.

Il Comune emise la Det. Dirigenziale n. 1291 dell’11/12/2000 con la quale impegnò l’importo di 70.000.000 di Lire per la causale di cui sopra imputandola al bilancio dell’anno 2000 alla voce intervento 05. La Ragioneria centrale comunale restituì la determinazione perchè l’affidamento rientrava piuttosto nella categoria dei “servizi” con codice 03 e non in quella dei “trasferimenti” con codice 05 e successivamente, a seguito di intervento tecnico della Ragioneria presso il Gabinetto del Sindaco, il contributo non venne erogato in quanto era assente il preventivo affidamento con lettera scritta.

Il Tribunale di Roma, adito dall’Associazione culturale, con sentenza in data 18/7/2008 respinse la domanda di pagamento del contributo sia a titolo di responsabilità contrattuale in quanto mancante la conclusione di un contratto scritto sia a titolo di responsabilità precontrattuale o risarcitoria da fatto illecito.

La Corte di Appello di Roma confermò la sentenza di primo grado. Avverso la sentenza della Corte di Appello di Roma ha proposto ricorso per cassazione la Associazione culturale “Tevere 97” affidato a quattro motivi. Il Comune di Roma e C.F. resistono con relativi controricorsi e memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso la Associazione culturale “Tevere 97” denuncia la violazione e falsa applicazione di norme di diritto, cioè art. 2043 e 1176 c.c. in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perchè la Corte di Appello di Roma ha qualificato la domanda come lesione di interessi pretensivi ignorando del tutto la qualificazione data alla domanda dal Tribunale in primo grado che aveva inteso la stessa come richiesta di risarcimento da lesione di interesse legittimo.

Il motivo è infondato e deve essere respinto.

La Corte di Appello ha escluso con motivazione esauriente, approfondita ed immune da vizi logici la sussistenza di colpa del Comune di Roma ex art. 2043 c.c. da valutarsi alla stregua del criterio della diligenza di cui all’art. 1176 c.c. da applicarsi anche alle ipotesi di responsabilità extracontrattuale.

E’ pacifica e consolidata sul punto la giurisprudenza di questa Corte in ordine alla forma dei contratti con la Pubblica Amministrazione che devono essere redatti in forma scritta a pena di nullità mentre al contrario la forma scritta è derogabile purchè sia rispettato il principio costituzionale di buon andamento della P.A. di cui all’art. 97 Cost.. Nella fattispecie non sussiste alcun contratto o accordo scritto in ordine al rimborso delle spese per la manifestazione tenuta.

E’ pacifica e consolidata sul punto la giurisprudenza di questa Corte in ordine alla forma scritta dei contratti stipulati dalla P.A.: Sez. 1-, Ordinanza n. 11190 del 09/05/2018: “In tema di contratti degli enti pubblici, stante il requisito della forma scritta imposto a pena di nullità per la stipulazione di tali contratti, la volontà degli enti predetti dev’essere desunta esclusivamente dal contenuto dell’atto, interpretato secondo i canoni ermeneutici di cui agli artt. 1362 c.c. e ss., non potendosi fare ricorso alle deliberazioni degli organi competenti, le quali, essendo atti estranei al documento contrattuale, assumono rilievo ai soli fini del procedimento di formazione della volontà, attenendo alla fase preparatoria del negozio e risultando pertanto prive di valore interpretativo o ricognitivo delle clausole negoziali, a meno che non siano espressamente richiamate dalle parti; nè può aversi riguardo, per la determinazione della comune intenzione delle parti ex art. 1362 c.c., comma 2, alle deliberazioni adottate da uno degli enti successivamente alla conclusione del contratto ed esecutiva del rapporto, in quanto aventi carattere unilaterale.

Con il secondo motivo di ricorso la Associazione culturale “Tevere 97” denuncia omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti perchè la Corte di Appello di Roma ha ignorato e disatteso la domanda di risarcimento per fatto illecito della P.A. e dei due convenuti C. e N. omettendo di pronunciarsi sulle condotte dei singoli organi o rappresentanti della P.A.

Il motivo è infondato e deve essere respinto.

La censura si risolve quindi in una generica critica del ragionamento logico posto dal giudice di merito a base dell’interpretazione degli elementi probatori del processo e, in sostanza, nella richiesta di una diversa valutazione degli stessi, ipotesi integrante un vizio motivazionale non più proponibile in seguito alla modifica dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 apportata dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54 convertito in L. n. 134 del 2012 (v. Cass., sez. un., n. 8053/2014). Al contrario di quanto affermato dalla ricorrente associazione la Corte distrettuale ha diffusamente esaminato i vari profili di responsabilità della convenuta Amministrazione comunale ivi compreso quello ex art. 2043 c.c. (pag. 3 e 6 della sentenza impugnata) concludendo per mancanza di colpa dell’Amministrazione.

Infatti il convenuto C.F. nella sua qualità di onorevole si è limitato a sponsorizzare la manifestazione mentre la Ragioneria del Gabinetto ha posto il veto all’erogazione in quanto mancante una lettera scritta ed un impegno preventivo di fondi, ambedue requisiti propedeutici ed indispensabili all’erogazione dei contributi da classificare nella categoria dei servizi a trattativa privata.

Alcun comportamento illecito è stato rinvenuto nella condotta della P.A. che si è attenuta alle regole di correttezza e buona amministrazione mentre, al contrario, proprio erogando il contributo in mancanza di preventiva lettera scritta di affidamento avrebbe tenuto un comportamento illecito.

Con il terzo motivo di ricorso la Associazione culturale “Tevere 97” denuncia la violazione e falsa applicazione di norme di diritto, cioè L. n. 241 del 1990 in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perchè la Corte di Appello di Roma non ha tenuto conto della lesione del principio di legittimo affidamento.

Con il quarto motivo di ricorso la Associazione culturale “Tevere 97” denuncia omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, perchè la Corte di Appello di Roma ha ignorato e disatteso la domanda di risarcimento per fatto illecito della P.A. e dei due convenuti C. e N. con specifico riferimento ai singoli provvedimenti in particolare la direttiva 19 dell’Assessore C. e la Det. dirigenziale 1291.

Il terzo e quarto motivo sono infondati e devono essere respinti. Al contrario di quanto affermato dalla ricorrente associazione la Corte distrettuale ha diffusamente esaminato anche i documenti richiamati ritenendoli atti privi di rilevanza esterna che non inficiano il risultato finale del procedimento unico atto o fatto a dover essere esaminato (pag. 8).

In considerazione di quanto sopra il ricorso deve essere respinto con condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità a favore dei controricorrenti.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore dei controricorrenti che si liquidano in Euro 4.500,00 ciascuno di cui 200,00 per esborsi, oltre spese generali del 15% ed accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater ricorrono i presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione prima della Corte di Cassazione, il 10 marzo 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 settembre 2020

 

 

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