Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19959 del 21/09/2010

Cassazione civile sez. trib., 21/09/2010, (ud. 15/06/2010, dep. 21/09/2010), n.19959

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIVETTI Marco – Presidente –

Dott. D’ALONZO Michele – Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – rel. Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

T.P. anche in proprio, elettivamente domiciliato in ROMA

VIA PIETRO COSSA 41, presso lo studio dell’avvocato PORCELLI

VINCENZO, che lo rappresenta e difende giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE;

– intimato –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12 presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 27/2005 della COMM. TRIB. REG. di MILANO,

depositata il 12/04/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/06/2010 dal Consigliere Dott. CARLO PARMEGGIANI;

udito per il ricorrente l’Avvocato PORCELLI VINCENZO, che ha chiesto

l’accoglimento;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

NUNZIO Wladimiro, che ha concluso per il rigetto.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’Agenzia delle Entrate di Magenta all’esito del contraddittorio con il contribuente, notificava a T.P. avviso di rettifica parziale relativo all’anno 1995, sulla base dei parametri di cui alla L. n. 549 del 1995, art. 3, commi 181 e segg. e successivi D.P.C.M., con il quale erano determinate maggiori imposte a fini IVA. Il contribuente, esercente la professione di avvocato, impugnava l’avviso di accertamento innanzi la Commissione Tributaria Provinciale di Milano, sostenendo la illegittimita’ costituzionale dei parametri, l’illegittimita’ dell’accertamento effettuato sulla base dei parametri, la infondatezza nel merito dell’atto impositivo.

La Commissione accoglieva il ricorso, osservando che l’accertamento su cui si fondava la rettifica dell’IVA era stato annullato con sentenza della medesima Commissione con riferimento ad avviso concernente la determinazione a carico del contribuente di maggior reddito a fini IRPEF. Proponeva appello il contribuente e la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, con sentenza n. 27-5-05 del 22 marzo 2005, depositata il 12 aprile 2005 respingeva il gravame, confermando la decisione impugnata.

Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione il T., con quattro motivi.

La Agenzia non svolge attivita’ difensiva. Il ricorrente deposita memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione dell’art 295 c.p.c. in quanto la Commissione Regionale aveva rigettato la istanza avanzata dal contribuente di sospensione necessaria del processo in attesa che altra sezione della stessa Commissione Regionale decidesse sulla causa in grado di appello avente ad oggetto il ricorso del contribuente avverso l’avviso di accertamento a fini IRPEF per lo stesso anno 1995, avente lo stesso presupposto impositivo (accertamento del volume di affari, del reddito e dei ricavi sulla base dei parametri di cui alla L. n. 549 del 1995, art. 3 e relativi DPCM).

Sostiene che l’accertamento a fini IRPEF aveva natura pregiudiziale e che la sospensione aveva carattere di obbligatorieta’, al fine di evitare un contrasto di giudicati.

Con il secondo motivo sostiene che l’appello dell’Ufficio era inammissibile non avendo questi formulato i motivi di gravame per capitoli separati e specifici, Inoltre, aveva avuto ad oggetto solo uno dei motivi addotti dal contribuente a propria difesa in primo grado, trascurando gli altri.

Con il terzo motivo, deduce violazione del D.Lgs n. 546 del 1992, art. 57 in quanto la Commissione aveva accolto la domanda svolta in via subordinata in appello dall’Ufficio di abbattimento non superiore al 35% dei ricavi accertati, senza rilevare che si trattava di una domanda nuova e quindi inammissibile, ed anzi negando, contrariamente al vero, che fosse nuova.

Con il quarto motivo deduce omessa e contraddittoria motivazione in quanto la Commissione aveva deciso una riduzione del 35% del reddito accertato senza esporre giustificazioni in ordine al criterio seguito tenendo anche conto che si trattava di IVA e non di imposte sul reddito.

Il primo motivo non e’ fondato.

Nella ipotesi enunciata dal contribuente non esiste rapporto di pregiudizialita’ tra le due cause, nel senso che dalla definizione dell’una dipenda la decisione sull’altra, avendo gli atti impostivi impugnati, relativi ad imposte diverse, identita’ di presupposto (lo stesso accertamento) ed oggetti diversi, (IRPEF, IVA) ponendosi quindi su un piano di parita’. Ne deriva che sussisteva tra le stesse rapporto di connessione, soggettiva e parzialmente oggettiva, tale da dare adito a riunione ex art 274 c.c.p. essendo entrambe pendenti innanzi lo stesso Ufficio giudiziario. Cio’ non essendosi verificato, onde evitare il contrasto di giudicati soccorre il rimedio di cui all’art. 2909 c.c..

Per quanto il giudicato esterno possa e debba essere rilevato di ufficio, deve prendersi atto che e’ stata prodotta la sentenza che si assume divenuta definitiva, ma, poiche’ manca il relativo attestato di cancelleria di cui all’art. 124 disp. att. c.c., non puo’ tenersene conto (Cass. n. 27881 del 2008).

Il secondo motivo e’ inammissibile per genericita’ in quanto afferma che l’atto di appello dell’Ufficio manca della formulazione di separati motivi, ma non lo riproduce ne’ espone doglianze pertinenti e specifiche sul punto limitandosi alla affermazione, in se’ irrilevante, che l’Ufficio non aveva ivi preso in considerazione tutte le doglianze esposte dal ricorrente in primo grado contro l’avviso di accertamento.

Il terzo mezzo e’ infondato sotto un duplice profilo; in primo luogo non si tratta di domanda nuova, sia pure svolta dall’Ufficio in via subordinata, bensi’, consentendo un abbattimento della entita’ dei redditi accertati, una rinuncia condizionata parziale all’unica domanda svolta dalla parte pubblica (e mantenuta in via principale, ovvero la conferma dell’accertamento), per cui ben poteva essere formulata per la prima volta in sede di appello; in secondo luogo, essendo favorevole al contribuente , ed inidonea a condizionare di per se’ la pronuncia del giudice, il ricorrente e’ privo di interesse alla impugnazione. Il quarto mezzo e’ pure non condivisibile.

E’ principio consolidato (v. Cass., n. 9368 del 2006) che in tema di giudizio di cassazione la deduzione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata conferisce al giudice di legittimita’ non il potere di riesaminare il merito della intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensi’ la sola facolta’ di controllo sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico – formale delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare la fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne la attendibilita’ e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicita’ dei fatti sottesi, dando cosi’ liberamente prevalenza all’uno od all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge.

Conseguentemente, per potersi considerare il vizio di motivazione su di un asserito punto decisivo della controversia, e’ necessario un rapporto di causalita’ tra la circostanza che si assume trascurata e la soluzione giuridica data alla controversia, tale da fare ritenere che quella circostanza, se fosse stata considerata, avrebbe portato ad una diversa soluzione della vertenza.

Pertanto, il mancato esame di elementi probatori contrastanti con quelli posti a fondamento della pronuncia, costituisce vizio di omesso esame di un punto decisivo solo se le risultanze processuali non esaminate siano tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilita’, l’efficacia probatoria delle altre risultanze sulla quali il convincimento e’ fondato, onde la “ratio decidendi” venga a trovarsi priva di base. Tale non e’ il caso in questione, in cui la Commissione, dato atto della attivita’ di volontariato svolta dal contribuente, idonea a distoglierlo parzialmente dalla attivita’ professionale, in modo certo ma difficilmente quantificabile, e dell’aumento dei costi subito per la sostituzione della dipendente in maternita’ nell’anno in esame, ha concluso per un abbattimento del reddito finale in misura del 35% con valutazione non equitativa, ma presuntiva sulla base degli elementi dallo stesso ritenuti significativi in tal senso.

Si tratta di motivazione corretta ed immune da vizi logici, per cui sfugge a censura in questa sede di legittimita’.

E’ evidente da testo che la imposta considerata (IVA) subisce una decurtazione in pari misura, in corrispondenza all’abbattimento dei ricavi, di cui in dispositivo.

Il ricorso deve quindi essere rigettato.

Nulla per le spese, in mancanza di attivita’ difensiva dell’Ufficio.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso.

Cosi’ deciso in Roma, il 15 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 21 settembre 2010

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