Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19958 del 21/09/2010

Cassazione civile sez. trib., 21/09/2010, (ud. 15/06/2010, dep. 21/09/2010), n.19958

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIVETTI Marco – Presidente –

Dott. D’ALONZO Michele – Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – rel. Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

F.M., elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA DEL

FANTE 2, presso lo studio dell’avvocato PALMERI GIOVANNI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato FOTI VITTORIO AUGUSTO,

giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI FIRENZE (OMISSIS), in persona del

legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI

PORTOGHESI 12 presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente-

avverso la sentenza n. 5/2005 della COMM. TRIB. REG. di FIRENZE,

depositata il 02/03/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/06/2010 dal Consigliere Dott. CARLO PARMEGGIANI;

udito per il ricorrente l’Avvocato PALMERI GIOVANNI, che ha chiesto

l’accoglimento;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

NUNZIO Wladimiro, che ha concluso per il rigetto.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’Agenzia delle Entrate di Firenze, all’esito del contraddittorio con il contribuente, notificava a F.M. avviso di accertamento relativo all’anno 1996, sulla base dei parametri di cui alla L. n. 549 del 1995, art. 3, comma 181 e segg. e successivi D.P.C.M. del 1996 e del 1997, con il quale erano determinate maggiori imposte a fini IRPEF. Il contribuente, esercente la professione di consulente, impugnava l’avviso di accertamento innanzi la Commissione Tributaria Provinciale di Firenze, sostenendo la illegittimita’ dei decreti concernenti i parametri, l’illegittimita’ dell’accertamento effettuato sulla base dei parametri, la infondatezza nel merito dell’atto impositivo.

La Commissione accoglieva il ricorso.

Proponeva appello l’Ufficio e la Commissione Tributaria Regionale della Toscana, con sentenza n. 5/31/05 del 12-2-2005, depositata il 2 marzo 2006, accoglieva parzialmente il gravame, riducendo del 45% il reddito accertato dall’Ufficio.

Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione il F., con quattro motivi.

Resiste la Agenzia delle Entrate con controricorso. Il contribuente deposita memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, il ricorrente deduce violazione della L. n. 400 del 1988, art. 17, commi 2 e 3 ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1 n. 3, in quanto i DPCM del 1996 e del 1997 devono intendersi come regolamenti di attuazione della legge, quindi fonte di normazione secondaria di competenza ministeriale, in forza della classificazione operata dalle Sezioni Unite di questa Corte con sentenza n. 10124 del 1994, e pertanto ai sensi della L. n. 400 del 1988, art. 17 devono essere emessi previo parere del Consiglio di Stato.

Poiche’ tale parere non era stato ne’ richiesto ne’ dato, i decreti istitutivi dei parametri sono illegittimi e devono essere disapplicati dal Giudice Tributario.

Con il secondo motivo deduce illegittimita’ costituzionale della normativa dei parametri per violazione degli artt 3 e 53 Cost.

essendo fondata su criteri astratti che prescindono dalla capacita’ contributiva concreta del soggetto sottoposto ad accertamento, e ne chiede la disapplicazione.

Con il terzo motivo deduce violazione di norma di diritto ex art 360 c.p.c., n. 3 in relazione alla L. n. 549 del 1995, commi 181 e segg.

ed art. 53 Cost. e difetto di motivazione in quanto ad avviso del ricorrente l’accertamento sulla base dei soli parametri non e’ consentito, occorrendo anche ulteriori elementi di prova tratti dalla situazione concreta del contribuente medesimo, contrariamente a quanto ritenuto nella sentenza impugnata.

Con il quarto articolato, motivo deduce violazione di norme di diritto (normativa sui parametri, ed inoltre D.L. 30 agosto 1993 convertito nella L. 29 ottobre 1993, L. 8 maggio 1998, n. 146, art 10, artt. 53 e 3 Cost), ed inoltre difetto di motivazione, in quanto lo strumento parametrico doveva intendersi superato dagli studi di settore posteriormente entrati in vigore, per cui il contribuente poteva addurre quale prova della congruita’ del reddito dichiarato lo studio di settore in quanto piu’ favorevole; punto ignorato nella motivazione della sentenza impugnata.

Inoltre la Commissione di appello aveva ritenuto che il contribuente avesse fornito prova idonea al superamento della presunzione derivante dai parametri, ma non aveva ritenuto la stessa sufficiente al completo superamento della stessa, ritenendo congruo un abbattimento del 45% del reddito accertato.

In tal modo la Commissione era incorsa in violazione di legge, in quanto una volta superata la presunzione, questa cessa di essere in toto applicabile, con conseguente nullita’ dell’accertamento; ed in difetto di motivazione, in quanto non aveva considerato in concreto gli elementi di prova offerti dal contribuente a proprio favore determinando un abbattimento del 45% in accoglimento di una domanda subordinata dell’Ufficio in modo apodittico senza esporre il criterio seguito per giungere a tale conclusione.

La Agenzia in controricorso sostiene la infondatezza delle argomentazioni addotte dal ricorrente.

Il primo motivo e’ infondato.

In primo luogo, i decreti istitutivi dei parametri non hanno natura regolamentare nel senso di disporre in via normativa precetti che disciplinano in astratto tipi di rapporti giuridici in modo innovativo rispetto all’ordinamento giuridico preesistente, diretti ad un numero indeterminato di soggetti, in quanto si limitano a tradurre in termini tecnici e statistici le direttive gia’ in se’ esaustive di cui alla legge istitutiva di cui alla L. n. 549 del 1995, art. 3, commi 181 e segg. e segnatamente il comma 184 (la cui sufficienza come fonte regolatrice del nuovo strumento di accertamento fiscale e’ stata espressamente riconosciuta dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 105 del 2003); ed inoltre sono diretti non alla generalita’ dei cittadini ma agli Uffici del Ministero delle Finanze, quali strumenti della attivita’ di accertamento; per cui devono ritenersi come rientranti nel novero degli “atti amministrativi generali” diretti alla cura concreta di interessi pubblici diretti ad una ben precisa categoria di soggetti – nella specie gli Uffici finanziari- (ai sensi di Cass,. Sez Un. n. 10124 del 1994) e pertanto sfuggono alla procedura di cui alla L. n. 400 del 1988, art. 17.

La infondatezza dell’assunto del contribuente emerge tuttavia anche a prescindere da considerazioni di carattere sostanziale sulla base della esegesi della legge istitutiva.

Invero, la L. n. 549 del 2005 citata, al comma 186, prevede espressamente che “i parametri di cui al comma 184 sono approvati con i decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro delle Finanze, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale entro 30 gg. dalla data di entrata in vigore della presente legge”.

E’ immediata la osservazione che il tipo di decreto prescelto dal legislatore non rientra in alcuna della tipologie prese in esame dal citato L. n. 400 del 1988, art. 17 ovvero i regolamenti emessi nella forma di Decreto del Presidente della Repubblica o decreto ministeriale.

Ne consegue che la L. n. 549 del 2005 ha previsto, al fine di determinare i parametri, un particolare tipo di decreto (decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri) che non richiede per conseguire efficacia altra formalita’ che la previa proposta del Ministro della Finanze come si evince dal citato comma 184 che ne ha delineato in modo esaustivo l’iter procedimentale.

Poiche’ quindi la L. n. 549 del 1995 ha lo stesso valore, sul piano delle fonti del diritto della L. n. 400 del 1988, deve concludersi che come legge posteriore ha in ogni caso valore derogatorio della precedente, con la conseguenza della irrilevanza del mancato compimento delle formalita’ di cui all’art. 17 della legge del 1988 (tra cui il previo parere del Consiglio di Stato) che rimane estraneo ed inapplicabile alla fattispecie considerata. Il secondo motivo e’ parimenti infondato.

La legittimita’ costituzionale dell’accertamento mediante parametri e’ stata affermata dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 105 del 2003, la quale ha osservato che non sussiste violazione dell’art. 53 Cost. in quanto al contribuente e’ concessa ampia facolta’ di prova in ordine alla inapplicabilita’ dei parametri alla determinazione del proprio reddito.

Anche il terzo motivo e’ infondato.

Secondo un orientamento consolidato nel passato, (v, Cass. n. 26458 del 2008, n. 3288 del 2009) l’Ufficio che procedeva ad accertamento della imposta con metodo induttivo, avvalendosi dei parametri previsti dalla L. n. 549 del 1995, art. 3, commi 181 e segg., non doveva apportare alcun elemento ulteriore all’accertamento, in quanto gli elementi considerati nella elaborazione dei parametri stessi e l’applicazione di questi ai dati esposti dal singolo contribuente avevano gia’ i caratteri della presunzione legale, quali richiesti dall’art. 2728 c.c., comma 1 ed erano di per se’ idonei a fondare un corrispondente accertamento, restando comunque consentito al contribuente di provare anche con presunzioni, la cui valutazione era rimessa al prudente apprezzamento del giudice, la inapplicabilita’ dei parametri alla sua posizione reddituale.

Recentemente, la Corte a Sezioni Unite ( Cass. n. 26635 del 2009) ha attenuato ma non escluso tale interpretazione del sistema, richiedendo a pena di nullita’ dell’accertamento il previo contraddittorio con il contribuente e la valutazione degli elementi forniti in tale sede da medesimo, con obbligo da parte della Amministrazione, di motivazione dell’eventuale dissenso.

I parametri, in tale ottica, mantengono il loro valore presuntivo, con carattere di presunzione semplice, che deve essere valutata dal giudice in sede contenziosa in concorso con gli altri elementi di prova acquisiti in atti, secondo una valutazione critica non censurabile in sede di legittimita’ ove logicamente corretta.

Poiche’ e’ incontroverso che tale contraddittorio vi sia stato, e che la Amministrazione ha tenuto conto delle risultanze del medesimo, come espressamente enunciato in sentenza, l’accertamento e’ legittimo e la sentenza e’ condivisibile sul punto. Nemmeno e’ fondato il quarto motivo.

Questo risulta non condivisibile in relazione alla mancata applicazione degli studi di settore, per carenza di autosufficienza del mezzo dai cui non si evince il motivo della asserita congruita’ di detti studi rispetto al reddito denunciato, in mancanza di citazione testuale o per estratto dei medesimi sul punto considerato;

nonche’ in relazione all’assunto secondo cui, ove il giudice di merito rilevi la fondatezza di un elemento di prova addotto dal contribuente e la sua idoneita’ al superamento della presunzione a favore dell’Ufficio, questa cade del tutto con conseguente nullita’ dell’accertamento, con impossibilita’ del giudice di graduare la decisione determinando il reddito da ritenersi accertato.

Occorre infatti considerare che il giudice tributario e’ giudice del rapporto e non dell’atto, per cui rientra nel suo potere – dovere operare una valutazione di prudente apprezzamento delle presunzioni a carico ed a favore delle parti, tra cui quella, semplice, conseguente alla applicazione dei parametri, determinando con opportuno bilanciamento l’esito della controversia con un accertamento del fatto non censurabile in sede di legittimita’ ove congruamente motivato.

Anche su questo punto la sentenza e’ immune da censura.

Infatti la Commissione ha individuato il superamento della presunzione a favore dell’Ufficio in una “particolare situazione che ha caratterizzato la attivita’ del contribuente nel 1996” ma tale considerazione, di per se’ astratta, e’ implicitamente ma univocamente motivata “per relationem” con la parte espositiva, in cui sono partitamente elencate le doglianze del contribuente, che si intendono recepite nella loro materialita’; su questa base, ha espresso una valutazione non meramente equitativa, ma di considerazione critica del loro significato su base presuntiva, ed ha ritenuto pertanto applicabile, in relazione a tale elemento probatorio, una riduzione del reddito accertato nella misura del 45%, in conformita’ ad una richiesta svolta in via subordinata dall’Ufficio, ma non in mera dipendenza da questa.

La motivazione e’ pertanto sufficiente, logicamente motivata e non censurabile in questa sede di legittimita’.

Il ricorso deve quindi essere rigettato.

Valutate le peculiarita’ della fattispecie, si ritiene equa una compensazione delle spese di questa fase di legittimita’.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso. Compensa le spese.

Cosi’ deciso in Roma, il 15 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 21 settembre 2010

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