Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19956 del 13/07/2021

Cassazione civile sez. VI, 13/07/2021, (ud. 13/05/2021, dep. 13/07/2021), n.19956

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ACIERNO Maria – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – rel. Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3474-2020 proposto da:

D.D., elettivamente domiciliato presso la cancelleria

della CORTE DI CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA, rappresentato e

difeso dall’avvocato GIOVANNI SORGI;

– ricorrente –

Contro

G.I.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 998/2019 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 07/06/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio non

partecipata del 13/05/2021 dal Consigliere Relatore Dott. SCALIA

LAURA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

1. D.D. ricorre con tre motivi per la cassazione della sentenza in epigrafe indicata con cui la Corte di appello dell’Aquila ha rigettato l’impugnazione dal primo proposta avverso la sentenza n. 924 del 2017, con la quale il Tribunale di Avezzano aveva accertato la paternità naturale del minore Da., nato dalla relazione avuta dal D. con la madre del bambino, G.I., con obbligo per il padre di corrispondere, a titolo di contributo al mantenimento del figlio, la somma di Euro 300,00 oltre spese straordinarie.

2. Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione dell’art. 244 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

La Corte di appello aveva escluso la decadenza della madre dall’azione di cui all’art. 244 c.c. introdotta con separato giudizio per fare accertare il disconoscimento della paternità rispetto al minore, del coniuge G.P., incorrendo nell’erronea applicazione del D.Lgs. n. 154 del 2013 là dove aveva ritenuto che a tanto valesse la circostanza che la madre aveva intrapreso l’azione prima dell’entrata in vigore della nuova disciplina.

La precedente formulazione della norma prevedeva, con una disciplina rimasta successivamente immutata, la decadenza della madre dall’azione ex art. 244 c.c. cit. nell’intervenuto decorso del termine di sei mesi, mentre la parte aveva agito in giudizio a distanza di due anni dalla nascita del figlio.

La sentenza impugnata andava quindi riformata con declaratoria di inammissibilità. Inoltre il ricorrente non era stato citato nel giudizio di disconoscimento.

3. Con il secondo il terzo ed il quarto motivo il ricorrente denuncia l’omesso esame, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5: a) della condotta processuale ed extraprocessuale del ricorrente, che non aveva affermato, in modo coerente, di non aver avuto rapporti sessuali con la G., ma di aver sempre utilizzato contraccettivi sicuri; b) della circostanza che la somma di Euro 3.000,00 corrisposta alla G. rappresentasse il controvalore per il silenzio della donna sulla relazione extraconiugale; c) della evidenza che la G. aveva avuto rapporti con vari altri uomini durante il periodo del concepimento.

4. Il primo motivo di ricorso è infondato.

4.1. Per quanto rileva in giudizio, la Corte aquilana ha correttamente rilevato l’intervenuta formazione del giudicato quanto alla sentenza pronunciata sul disconoscimento della paternità promosso ex art. 244 c.c. da G.I. verso il coniuge, nei cui confronti operava una presunzione di paternità, nella pure apprezzata sussistenza di un nesso di pregiudizialità tecnico-giuridica tra l’azione di disconoscimento della paternità e quella di accertamento della paternità naturale, nesso legittimante la sospensione del secondo giudizio fino alla definizione del primo (Cass. n. 17392 del 03/07/2018).

Alla formazione del giudicato sull’azione di disconoscimento della paternità consegue infatti la procedibilità della domanda di accertamento della paternità naturale rispetto al quale il primo può intervenire nel corso del giudizio.

I rapporti tra domanda di riconoscimento della paternità naturale e disconoscimento della paternità restano definiti dalla necessità di prevenire pronunce confliggenti sullo status ex art. 253 c.c. e di far sì che il giudice investito dell’accertamento della paternità naturale non pronunci prima del passaggio in giudicato della sentenza sul disconoscimento dell’altra paternità.

Una volta intervenuto il giudicato sul giudizio di disconoscimento della paternità di cui all’art. 244 c.c., il successivo giudizio di accertamento della paternità naturale ex art. 269 c.c. è procedibile senza che le vicende processuali che hanno determinato la formazione del giudicato nel distinto e presupposto giudizio possano più essere poste in discussione, nella intangibilità del raggiunto accertamento.

Siffatta evidenza esclude ogni rilievo alla decadenza in cui sarebbe incorsa la madre rispetto all’azione ex art. 244 c.c., comma 1, per essere stata la relativa domanda introdotta oltre il termine di sei mesi; si tratta, infatti, di questione dedotta per la prima volta nel successivo giudizio sulla paternità naturale ex art. 269 c.c. cit. a fronte di un giudicato di accertamento pieno formatosi in quello di disconoscimento.

4.2. Ne’ è ipotizzabile alcun rimedio straordinario rispetto a quel giudicato perché formatosi rispetto ad un giudizio che non ricomprende tra i suoi contraddittori necessari il padre naturale, il cui pregiudizio risentito dagli esiti del disconoscimento della paternità del padre legittimo è di mero fatto.

Come affermato da questa Corte, la sentenza che accolga la domanda di disconoscimento della paternità, in quanto pronunciata nei confronti del P.M. e di tutti gli altri contraddittori necessari, assume autorità di cosa giudicata “erga omnes”, essendo inerente allo “status” della persona; pertanto, né colui che è indicato come padre naturale, né i suoi eredi, sono legittimati passivi nel relativo giudizio e la sentenza che accolga la domanda di disconoscimento è a loro opponibile, anche se non hanno partecipato al relativo giudizio (Cass. 16/01/2012 n. 430).

5. I motivi, poi, dal secondo al quarto sono inammissibili perché diretti ad una rivalutazione fattuale del materiale di prova ad opera di questa Corte per un accertamento non consentito in sede di legittimità.

E’ inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (ex multii: Cass. SU n. 34476 del 27/12/2019).

6. Il ricorso è pertanto e conclusivamente infondato.

Nulla sulle spese essendo G.I. rimasta intimata.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Si dispone che ai sensi del D.Lgs. n. 198 del 2003, art. 52, siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi in caso di diffusione del presente provvedimento.

PQM

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Dispone che ai sensi del D.Lgs. n. 198 del 2003, art. 52, siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi in caso di diffusione del presente provvedimento.

Depositato in Cancelleria il 13 luglio 2021

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