Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19954 del 21/09/2010

Cassazione civile sez. trib., 21/09/2010, (ud. 07/06/2010, dep. 21/09/2010), n.19954

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ALTIERI Enrico – Presidente –

Dott. MARIGLIANO Eugenia – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. MELONCELLI Achille – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

C.A., di seguito anche “Contribuente”, rappresentato e

difeso dall’avv. Picarozzi Bruno, presso il quale e’ elettivamente

domiciliato in Via Luigi Canina 6, Roma;

– ricorrente –

contro

l’Agenzia delle entrate, di seguito “Agenzia”, in persona del

Direttore in carica, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale

dello Stato, presso la quale e’ domiciliata in Roma, Via dei

Portoghesi 12;

– intimata e controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale (CTR) di

Torino 5 luglio 2005, n. 32/29/05, depositata il 27 settembre 2005;

udita la relazione sulla causa svolta nell’udienza pubblica del 7

giugno 2010 dal Cons. Dott. Achille Meloncelli;

udito l’avv. Bruno Picarozzi per il ricorrente;

udito l’avv. Diego Giordano per l’Agenzia:

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale De

Nunzio Wladimiro, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Gli atti di incoazione del giudizio di legittimita’.

1.1. Il 13 – 14 novembre 2006 e’ notificato all’Agenzia un ricorso del Contribuente per la cassazione della sentenza descritta in epigrafe, che ha parzialmente accolto l’appello dell’Ufficio di Moncalieri dell’Agenzia contro la sentenza della Commissione tributaria provinciale (CTP) di Torino n. 31/16/2002, che aveva accolto il ricorso del Contribuente contro l’avviso di accertamento n. (OMISSIS) dell’Irpef 1996.

1.2. Il 27 dicembre 2006 e’ notificato al Contribuente il controricorso dell’Agenzia.

2. I fatti di causa.

I fatti di causa sono i seguenti:

a) il reddito 1996 del signor C.A. e’ rettificato su base parametrica nel senso che si determina un maggior reddito per L. 36.982.000, si pretendono: 1) a titolo di irpef L. 13 607.000 (Euro 7.027,00); 2) a titolo di IVA L. 7.027.000 (Euro 3.629,00); 3) a titolo di CSSN L. 1.701.000 (Euro 878,00); 4) a titolo di CSE L. 321.000 (Euro 166,00) e si irrogano sanzioni per L. 20.410.000 (Euro 10.541,00);

b) il contribuente, vittorioso in primo grado, resta parzialmente soccombente in appello, nel senso che i maggiori ricavi sono determinati in Euro 9.549,80.

3. La motivazione della sentenza impugnata.

La sentenza della CTR, oggetto del ricorso per cassazione, e’ cosi’ motivata:

a) con il primo motivo d’appello l’Ufficio ipotizza che siano inammissibili, ai fini della prova, per irritualita’ della loro produzione, i documenti presentati dal Contribuente, perche’ i primi giudici non hanno fondato la loro decisione sui riscontri analitici dedotti dai documenti presentati dal contribuente, ma hanno sostenuto che “l’attivita’ accertatrice dell’A.F. amministrazione finanziaria si fonda esclusivamente su parametri induttivi che di per se’ non possono sostituirsi al necessario accertamento analitico, inteso ad individuare l’effettiva situazione contributiva del ricorrente”, intendendo con cio’ sostenere l’esistenza di un ulteriore onere in testa all’A.F. finalizzato a dimostrare analiticamente la propria pretesa fiscale;

b) e’ fondato il secondo motivo d’appello, con cui si contesta la tesi della CTR secondo cui l’A.F avrebbe l’obbligo di definire analiticamente i maggiori redditi contestati anche quando esercita il potere di accertamento paramedico, perche’ il metodo di accertamento previsto dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 1, lett. d, si qualifica come un modello di tipo analitico, corretto dal confronto con i risultati di un’indagine condotta induttivamente sulla base di elementi paramedici definiti dalla legge a priori (e pertanto conosciuti dal contribuente). La discordanza tra risultato contabile e risultato determinato applicando i parametri e’ sufficiente … a individuare la presunzione posta dalla legge a fondamento della rettifica e a spostare l’onere della prova contraria in capo al contribuente. Tale sistema di accertamento non si fonda su una preventiva dichiarazione di inattendibilita’ dei conti del contribuente, radicata nella violazione degli obblighi contabili; per adottarlo e’ sufficiente che i conti non diano garanzia di affidabilita’ e congruita’ sostanziali. … Nel caso in esame, poiche’ dal calcolo effettuato dall’Ufficio applicando i parametri previsti risulta un maggior volume di ricavi, si giustifica l’emissione di un avviso di accertamento in rettifica. Come correttamente sostenuto dai primi giudici, l’emissione dell’avviso di accertamento costituisce, tuttavia, solo l’atto iniziale di un percorso in contraddittono tra le parti “al quale il contribuente deve collaborare attivandosi a produrre ogni mezzo di prova capace di dimostrare che lo scostamento tra il reddito dichiarato e quello teorico previsto a livello parametrico ha presumibili e fondate giustificazioni”. … Analizzando gli atti del procedimento emerge che nell’anno considerato sono ravvisabili elementi giustificativi di minori ricavi rispetto a quelli definiti dal Fisco nell’avviso di accertamento in rettifica a parziale giustificazione della pretesa del contribuente va anche considerata la congruita’ dei redditi dichiarati con i risultati ottenuti applicando al caso i cosiddetti studi di settore, seppure la loro introduzione sia successiva al periodo qui considerato. Pertanto, la CTR ritiene equo, stante la discordanza tra la definizione parametrica dei ricavi applicabile per legge e le risultanze dei successivi studi di settore, vista l’impossibilita’ di quantificare oggettivamente le circostanze di fatto indicate dal contribuente, assumere come riferimento per la determinazione del maggior reddito d’impresa da assoggettare a imposta il valore dei ricavi proposto dall’Ufficio in sede di definizione stragiudiziale pari a L. 215.642.000; c) quanto al terzo e quarto motivo … , le somme in contestazione sono state automaticamente considerate dal Fisco nella determinazione del reddito complessivo da assoggettare ad imposta. La modalita’ di determinazione del maggior reddito consiste, infatti, nel sommare i ricavi desunti presuntivamente a quelli dichiarati dal contribuente e nel detrarre da tale somma il complesso dei costi dichiarati e documentati. Nel caso in esame i redditi dichiarati dal contribuente (L. 47.548.000) scaturivano dalla differenza tra L. 197.151 000 (ricavi dichiarati) e il complesso dei costi documentati, comprese le somme di L. 14.170.000 (deduzione forfetaria) e di L. 37.155.000 (reddito reinvestito) rivendicate nel ricorso. Poiche’ i ricavi presunti in seguito all’accertamento in esame sono risultati pari a L. 234.133 000. e’ evidente e incontestabile che la differenza tra ricavi e costi, rimanendo questi ultimi costanti, risulti maggiorata del suddetto incremento dei ricavi.

4. Il ricorso per cassazione del Contribuente, integrato con memoria, e’ sostenuto con sette motivi d’impugnazione e, dichiarato il valore della causa in Euro 9.549,80, si conclude con la richiesta che sia cassata la sentenza impugnata, con ogni conseguente statuizione e con vittoria di spese.

5. Il controricorso dell’Agenzia si conclude con la richiesta di rigetto del ricorso principale. Con vittoria delle spese di giudizio.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

6. Il primo motivo d’impugnazione.

6.1.1. Il primo motivo d’impugnazione e’ collocato sotto la seguente rubrica: nullita’ del procedimento ex art 360 c.p.c., comma 1, n. 4 per nullita’ dell’avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate, Ufficio di Moncalieri, in violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42 e D.Lgs. n. 300 del 1999, art. 68 nonche’ della L. n. 212 del 2000, art. 6 in quanto non sottoscritto dal suo Direttore, bensi’ dal Responsabile Dirigente dell’Area Controllo, in assenza di specifica e motivata delega, non allegata all’avviso e, pertanto, non portata a conoscenza del contribuente.

6.12. Secondo il ricorrente, l’avviso di accertamento sarebbe invalido, perche’ esso non sarebbe sottoscritto dal capo dell’ufficio o da altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato, ma da un funzionario, il Dirigente responsabile dell’area controllo, che sarebbe privo di legittimazione.

6.2. Il motivo e’ inammissibile per novita’, perche’ la questione con esso sollevata non risulta proposta nei gradi di merito, tant’e’ che la CTR non se ne occupa affatto Ne’. d’altra parte, il contribuente censura la sentenza per omessa pronuncia, a conferma indiretta che il giudice d’appello non era stato chiamato a pronunciarsi sul punto introdotto ora in controversia.

7. Il secondo motivo d’impugnazione.

7.1.1. il secondo motivo d’impugnazione e’ preannunciato dalla seguente rubrica: nullita’ del procedimento ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per nullita’ dell’avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate. Ufficio di Moncalieri, in violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42 poiche’ non motivato con la specifica indicazione dei fatti e delle circostanze che giustificano il ricorso a metodi induttivi o sintetici e delle ragioni del mancato riconoscimento di deduzioni e detrazioni.

7.1.2. Secondo il ricorrente,poiche’ l’avviso di accertamento sarebbe nullo per mancanza di motivazione, sarebbe nullo l’intero procedimento giurisdizionale, trattandosi di questione rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio, in quanto afferente all’esistenza o meno di un presupposto processuale.

7.2. Il motivo e’ inammissibile per novita’, per le stesse ragioni esposte nel 6.2 , a proposito della prima censura. Del tutto priva di fondamento, poi, la tesi del Contribuente, secondo la quale i difetti di motivazione dell’atto amministrativo d’imposizione tributaria sarebbe rilevabili d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio.

8. Il terzo motivo d’impugnazione.

8.1.1. Il terzo motivo e’ prospettato sotto la seguente rubrica:

nullita’ della sentenza per nullita’ dell’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate, Ufficio di Moncalieri, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in violazione del D.Lgs. n 546 del 1992, art. 11 e del D.Lgs. n. 300 del 1999, art. 68 poiche’ non sottoscritto dal suo Direttore, ma esclusivamente dal Responsabile ….

8.1.2. Secondo il ricorrente l’appello sarebbe nullo e la sua nullita’ si riverserebbe sulla sentenza, perche’ l’appello dell’Ufficio non sarebbe stato sottoscritto dal Direttore dell’Agenzia delle entrate. Ufficio di Moncalieri. ma dal Responsabile Dirigente dell’Area Controllo, Dott. G.R., per delega del Direttore Dott M.G., non allegata all’atto ne’ depositata in giudizio, in quanto afferente all’esistenza di un presupposto processuale.

8.2. Il motivo e’ infondato, perche’, secondo la consolidata giurisprudenza di legittimita’, in tema di contenzioso tributario, il D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 11 e art. 12, comma 2 riconoscono la qualita’ di parte processuale e conferiscono la capacita’ di stare in giudizio all’ufficio del Ministero delle finanze (oggi ufficio locale dell’Agenzia delle entrate) nei cui confronti e’ proposto il ricorso, organicamente rappresentato dal direttore o da altra persona preposta al reparto competente, da intendersi con cio’ stesso delegata in via generale a sostituire il direttore nelle specifiche competenze, senza necessita’ di speciale procura; ne discende che, nel caso in cui non sia contestata la provenienza dell’atto d’appello dall’ufficio competente, questo deve ritenersi ammissibile, ancorche’ recante in calce la firma illeggibile di un funzionario che sottoscrive in luogo del direttore titolare, finche’ non sia eccepita e provata la non appartenenza del sottoscrittore all’ufficio appellante o, comunque, l’usurpazione del potere d’impugnare la sentenza di primo grado, dovendosi altrimenti presumere che l’atto provenga dall’ufficio e ne esprima la volonta’ (Corte di cassazione 15 gennaio 2009, n. 874).

9. Il quarto motivo d’impugnazione.

9 1.1. Il quarto motivo e’ posto sotto la seguente rubrica:

Violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per illegittimita’ ed inapplicabilita’ dei D.P.C.M. 29 gennaio 1996 e D.P.C.M. 27 marzo 1997. istitutivi dei parametri per l’accertamento di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d, poiche’ non emanati con la procedura del regolamento previsto dalla L. n. 400 del 1988, art. 17 in quanto carenti del preventivo parere del Consiglio di Stato – Conseguente illegittimita’ dell’avviso di accertamento.

9.1.2 Nella motivazione non si aggiunge alcunche’ di rilevante rispetto a quanto espresso nella rubrica.

9.2 Il quarto motivo e’ inammissibile per novita’ e, comunque, e’ infondato, perche’ in tema di accertamento delle imposte sui redditi, la procedura speciale di approvazione dei parametri previsti dalla L. 28 dicembre 1995, n. 549, art. 3, comma 181 in quanto derogatoria rispetto a quella statuita dalla L. n. 400 del 1988, art. 17 non necessita del preventivo parere del Consiglio di Stato (Corte di cassazione 21 novembre 2008. n. 27656: nello stesso senso. Corte di cassazione 19 aprile 2006, n. 9129).

10. Il quinto motivo d’impugnazione.

10.1.1. Violazione o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione agli artt. 113 e 114 c.p.c., in virtu’ del richiamo stabilito dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1 relativi al giudizio di equita’ applicato dalla sentenza impugnata.

10.1.2. Il ricorrente impugna quella parte della sentenza d’appello, nella quale la CTR afferma di ritenere equo, stante la discordanza tra la definizione parametrica dei ricavi applicabile per legge e le risultanze dei successivi studi di settore, vista l’impossibilita’ di quantificare oggettivamente le circostanze di fatto indicate dal contribuente, assumere come riferimento per la determinazione del maggior reddito d’impresa da assoggettare a imposta il valore dei ricavi proposto dall’Ufficio in sede di definizione stragiudiziale pari a L. 215.642.000. Il ricorrente sostiene, al riguardo, che il giudice dovrebbe giudicare secondo norme di diritto e che secondo equita’ egli potrebbe giudica solo quando la legge lo preveda espressamente.

10.2. Il motivo e’ infondato infatti, la CTR non si e’ pronunciata secondo equita’, perche’ nella quantificazione del reddito imponibile ha tenuto conto di una serie di elementi favorevoli e di elementi contrari al contribuente, specificamente richiamati nella motivazione ed ha proceduto ad una determinazione quantitativa non irragionevole, alla quale era tenuto ex lege come giudice tributario di merito. La sentenza impugnata e’, percio’, quanto al profilo impugnato con il quinto motivo in linea con l’orientamento della giurisprudenza di legittimita’, secondo cui, in tema di contenzioso tributario la valutazione del giudice tributario, in quanto frutto di un giudizio estimativo, non e’ riconducibile ad una decisione della causa secondo la cosiddetta equita’ sostitutiva, che, consentita nei soli casi previsti dalla legge, attiene al piano delle regole sostanziali utilizzabili in funzione della pronuncia ed attribuisce al giudice il potere di prescindere nella fattispecie dal diritto positivo. In relazione ad essa non e’, pertanto, ipotizzabile la violazione dell’art. 113 c.p.c., comma 2, e, rientrando il suddetto apprezzamento nei generali poteri conferiti al giudice dagli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., la relativa pronuncia, rimessa alla sua prudente discrezionalita’, e’ suscettibile di controllo, in sede di legittimita’, soltanto sotto il profilo della carenza od inadeguatezza della corrispondente motivazione (Corte di cassazione 24 febbraio 2010, n. 4442; 21 novembre 2005, n. 24520; 3 settembre 2001 rn. 11354).

11. Il sesto motivo d’impugnazione.

11.1.1. Il sesto motivo e’ enunciato con la seguente rubrica:

Violazione o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione all’art. 112 c.p.c. in virtu’ del richiamo stabilito dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1 poiche’ l’applicazione delle risultanze della definizione stragiudiziale proposta dall’Ufficio in occasione dell’accertamento con adesione non e’ mai stata dedotta o richiesta dall’appellante e pertanto e’ stata resa ultrapetitum.

11.1.2. Con riguardo ancora alla parte della sentenza gia’ censurata con il quinto motivo, il Contribuente sostiene che e’ palese che detta motivazione e’ del tutto censurabile, laddove ha ritenuto applicabili le risultanze della definizione stragiudiziale proposte dall’Ufficio in occasione dell’accertamento con adesione, mai dedotta o richiesta da controparte e, pertanto, resa ultra petitum. in violazione dell’art. 112 c.p.c..

11.2. Il motivo e’ inammissibile, perche’ e’ prospettato in violazione dell’onere di autosufficienza del ricorso per cassazione.

Infatti, il ricorrente non riproduce testualmente quelle parti degli atti menzionati, dalle quali si possano trarre gli elementi che egli invoca a suo favore cosicche’ la Corte, che non puo’ accedere direttamente a quegli atti, non e’ posta in condizione di valutare l’(in)fondatezza della censura.

12. Il settimo motivo d’impugnazione.

12.1.1. Il settimo motivo e’ presentato sotto la seguente rubrica:

omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, circa un punto controverso e decisivo del giudizio, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in relazione all’applicazione dei risultati della definizione in sede stragiudiziale, nonostante siano stati ravvisati sia elementi giustificativi di minori ricavi rispetto a quelli definiti dal Fisco nell’avviso di accertamento, sia la congruita’ dei redditi dichiarati con i risultati ottenuti applicando lo studio di settore.

12.1.2. Con riferimento a quella parte della sentenza che s’e’ qui testualmente riprodotta nel par. 3.b), il Contribuente sostiene che la motivazione appare del tutto contraddittoria, laddove dapprima ammette che “nell’anno considerato sono ravvisabili elementi giustificativi di minori ricavi rispetto a quelli definiti dal Fisco nell’avviso di accertamento in rettifica” e che “a parziale giustificazione della pretesa del contribuente va anche considerata la congruita’ dei redditi dichiarati con i risultati ottenuti applicando al caso i cosiddetti studi di settore” e poi ritiene equo, stante la discordanza, tra la definizione parametrica dei ricavi applicabile per legge e le risultanze dei successivi studi di settore, vista l’impossibilita’ di quantificare oggettivamente le circostanze di fatto indicate dal contribuente, assumere come riferimento per la determinazione del maggior reddito d’impresa da assoggettare ad imposta il valore dei ricavi proposto dall’Ufficio in sede di definizione stragiudiziale pari a L. 215.642.000. Secondo il ricorrente sarebbe evidente che il ragionamento logico – giuridico seguito dalla sentenza impugnata non e’ immune da vizi.

Inoltre, la motivazione della sentenza impugnata sarebbe insufficiente, perche’ la CTR non avrebbe adeguatamente statuito su quanto dedotto dall’appellato, con riguardo alla necessita’ di tener conto di quanto da lui sostenuto nell’atto di ricorso introduttivo circa le difficolta’ di ottenere dai committenti i viaggi di ritorno e i fermi dovuti a rivendicazioni tariffarie.

12.2. La denuncia di contraddittorieta’ della motivazione e’ inammissibile per genericita’, perche’ non basta certo affermare che un ragionamento e’ di per se’ “evidentemente illogico”, se, oltre a descrivere le affermazioni ritenute contrastanti, non si dimostra in che cosa consista il loro contrasto e quale avrebbe dovuto essere il ragionamento corretto del giudice d’appello. Ne caso in esame, come s’e’ gia’ avuto modo di dire a proposito del quinto motivo d’impugnazione, la CTR ha ben ragionato: a fronte di elementi favorevoli al contribuente ha rilevato l’esistenza di elementi a lui sfavorevoli e ha superato la non decidibilita’ in base agli uni e agli altri con la scelta di quella posizione intermedia che era stata assunta in fase stragiudiziale dall’Ufficio, che comportava un parziale riconoscimento delle ragioni del Contribuente.

L’ammissibilita’ della censura contro tale ragionamento e’ subordinata alla condizione, non realizzata dal ricorrente, che si dimostri la sua insostenibilita’ e la necessita’ di sostituirvi un ragionamento diverso.

La denuncia di insufficienza della motivazione, poi, e’ inammissibile per la mancata osservanza del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, perche’ il ricorrente richiama degli atti pregressi, come il suo ricorso introduttivo, senza riprodurre testualmente quelle sue parti dalle quali potrebbero trarsi gli elementi invocati a suo favore, con la conseguenza che la Corte, che non puo’ accedere direttamente agli atti di causa, non e’ posta nella condizione di poter valutare l’(in)fondatezza della censura proposta.

13. Conclusioni.

Le precedenti considerazioni comportano il rigetto del ricorso.

Le spese seguono la soccombenza e sono poste a carico del ricorrente nella misura indicata nel dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali relative al giudizio di cassazione per Euro 1.000,00 (mille/00).

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 7 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 21 settembre 2010

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