Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19952 del 27/07/2018


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 19952 Anno 2018
Presidente: DI IASI CAMILLA
Relatore: D’OVIDIO PAOLA

SENTENZA

sul ricorso 3974-2013 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente 2018
1076

contro

LINAR SRL in persona del legale rappresentante pro
tempore, domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso la
cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e
difeso dall’Avvocato MARCO LOMBARDI con studio in
ISERNIA VIA UMBRIA 13 (avviso postale ex art. 135)

Data pubblicazione: 27/07/2018

giusta delega a mard,ine;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 17/2012 della COMM.TRIB.REG. di
CAMPOBASSO, depositata il 02/02/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

D’OVIDIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. UMBERTO DE AUGUSTIN1S che ha concluso
per l’inammissibilità del ricorso in subordine
rigetto;
udito per il ricorrente l’Avvocato TIDORE che ha
chiesto l’accoglimento;
udito per il controricorrente l’Avvocato LOMBARDI che
ha chiesto l’inammissibilità.

udienza del 04/06/2018 dal Consigliere Dott. PAOLA

n. R.G. 3974/2013
U.P. 4/6/2018
Pres. G. Di lasi
Rei. P. D’Ovidio

FATTI DI CAUSA
La società Linar s.r.l. proponeva ricorso avverso l’avviso di accertamento IVA-IRPEG
e IRAP n. RD1030100407/2007, relativo all’anno d’imposta 2002, con il quale venivano
richieste maggiori imposte, rispettivamente di €. 3.802.869,00, €. 448.942,00 ed €.
2.112.704,00, e sanzioni per €. 5.704.303,50.

e la G.T.M. s.r..1., rapporti che, ad avviso dell’Ufficio, devono ricondursi per facta
concludentia a quelli tra committente e commissionario (mandato senza rappresentanza),
nel quale la Linar s.r.1 costituiva il mandante, con la conseguenza che i passaggi di beni
dall’una all’altra società, e viceversa, costituiscono a tutti gli effetti cessione di beni ai
sensi dell’art. 2, comma 2, n. 3, del d.P.R. n. 633/1972, rilevanti anche a fini IVA, e le
relative prestazioni non sono considerate prestazioni di servizi, a norma dell’art. 3,
comma 4, lett. h) dello stesso d.P.R.. Conseguentemente, poiché le due società avevano
contabilizzato i passaggi di beni tra le stesse come prestazioni di servizi concernenti
lavorazioni eseguite, era stato accertato a carico della Linar s.r.l. l’omessa dichiarazione ai
fini delle imposte dirette dei corrispettivi derivanti dalle cessioni (artt. 52 e 53 d.P.R. n.
917/1986) e l’omessa fatturazione delle relative operazioni (art. 21 d.P.R. n. 633/1972)
Con sentenza n. 386/3/08, depositata il 22/12/2008, la C.T.P. di Campobasso
accoglieva il ricorso proposto dalla Linar ritenendo, tra l’altro, che nel caso di specie non
fosse ravvisabile nessun contratto di commissione con la s.r.l. GTM, ex art. 1731 e ss.,
c.c., essendo invece vero il contrario, come desumibile dalla dicitura “in conto
lavorazione” risultante dalla documentazione in atti.
Avverso tale sentenza proponeva appello l’Ufficio di Termoli. L’appellata Linar s.r.l. si
costituiva controdeducendo e proponendo appello incidentale contro il capo della
sentenza che aveva compensato le spese.
L’adita C.T.R. di Campobasso, con la sentenza n. 17/1/12, depositata il 2 febbraio 2012
e non notificata, svolgeva ampia motivazione circa l’infondatezza nel merito dell’appello
principale, rilevando infine che l’appello, oltre e prima che infondato, doveva essere
dichiarato inammissibile in quanto meramente ripetitivo delle deduzioni svolte in primo
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L’accertamento impugnato si incentrava sulla natura dei rapporti tra la stessa Linar s.r.l.

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Pres. G. Di lasi
Rel. P. D’Ovidio

grado, non sussidiato da osservazioni critiche e censure atte ad inficiare la ratio decidendi.
Conseguentemente, dichiarava nel dispositivo l’inammissibilità dell’appello principale e
di quello incidentale.
Per la cassazione di tale sentenza l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso fondato su
due motivi.

RAGIONI DELLA DECISIONE
1.

Con il primo motivo di ricorso è prospettata la

“violaione dell’ari: 53 del d.lgs n.

546/1992, in rdnione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c.”.
Nell’illustrazione del motivo la ricorrente contesta l’affermazione contenuta nella
sentenza impugnata, secondo la quale il gravame risulterebbe privo di osservazioni
critiche alla sentenza di primo grado, sostenendo che l’atto di appello recava, invece,
motivi specifici.
1.1. Il motivo è fondato.
E’ opportuno premettere che, nella specie, la C.T.R., dopo aver esaminato nel merito
l’appello, ritenendolo privo di fondatezza, nella parte finale della motivazione ne ha
rilevato l’inammissibilità per difetto di specificità dei motivi, dichiarando tale
inammissibilità nel dispositivo.
Pertanto, non è applicabile alla presente fattispecie il principio affermato da questa
Corte, secondo il quale “e’ inammissibile, per carena di interesse, il ricorso per cassaione con il

quale si contesti esclusivamente l’avvenuto rilievo in motivazione, da parte del giudice di appello,
dell’inammissibilità dei motivi di impugnazione per difetto di specificità, ove tale rilievo sia avvenuto “ad
abundantiam” e costituisca un mero “obiter dictum”, che non ha influito sul dispositivo della decisione,
la cui “ratio decidendi” è, in realtà, rappresentata dal rigetto nel merito del gravame per infondatezza
delle censure” (Cass., se. 6-2, 18/12/2017, n. 30354, Rv. 647172 – 01): tale principio, infatti,
valido per il caso in cui la sentenza impugnata abbia rigettato l’appello nel merito per
infondatezza dei motivi ed abbia altresì nella motivazione svolto argomenti ad

abundantiam circa l’inammissibilità dell’impugnazione, non vale nell’opposto caso – che
ricorre nella specie — in cui il giudice del gravame abbia dichiarato inammissibile l’appello
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Resiste con controricorso la Linar s.r.1..

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U.P. 4/6/2018
Pres. G. Di fasi
Rei. P. D’Ovidio

ed abbia altresì in motivazione ritenuto l’appello anche non fondato con argomentazioni

ad abundantiam.
Ciò chiarito, e ritenuta pertanto l’ammissibilità del motivo, rileva il Collegio che l’esame
dell’atto di appello non presenta il difetto di specificità ritenuto dalla CTR.
L’appellante, infatti, dopo aver affermato che i giudici di prime cure avevano emesso una

fattispecie concreta”, e che erano pervenuti, a torto, ad una ricostruzione del rapporto tra le
due società contraria a quella sostenuta dall’Ufficio, prosegue illustrando nuovamente gli
accertamenti e le valutazioni effettuate dai verbalizzanti, nonchè gli elementi presuntivi
di prova ritenuti sintomatici dell’esistenza di un contratto di commissione di vendita per

“/acta concludentia”, evidenziando analiticamente le ragioni per le quali, alla luce di quanto
esposto e a differenza di quanto ritenuto dai primi giudici, l’accordo intercorso tra la
Linar e la GMT avrebbe dovuto essere definito ed inquadrato per “facta concludentia”
quale contratto di commissione. L’appello, inoltre, nella parte finale contesta
puntualmente alcune contrarie affermazioni contenute nella sentenza impugnata.
Tale essendo il tenore del gravame, risulta adeguatamente assolto nella specie l’onere di
specificità dei motivi di appello, previsto dall’art. 53 del d.lgs. n. 546 del 1992, non
essendo a tal fine necessaria una formalistica enunciazione dei singoli motivi bensì la
contrapposizione di argomentazioni, rispetto a quelle esposte nella decisione gravata, tali
da inficiarne il fondamento logico giuridico (Cass., sez. 3, 18/09/2015, n. 18307, Rv.
636741 – 01). In proposito, questa Corte ha già avuto occasione di affermare il principio,
condiviso dal Collegio, secondo il quale l’appellante che, come nel caso in esame, intenda
dolersi di una erronea ricostruzione dei fatti da parte del giudice di primo grado può
limitarsi a chiedere al giudice di appello di valutare ex novo le prove già raccolte e
sottoporgli le argomentazioni difensive già svolte in primo grado, senza che ciò comporti
di per sé l’inammissibilità dell’ appello (Cass., sez. 6-3, 8/2/2018, n. 3115, Rv. 648034 01), purchè sia possibile al giudice una chiara individuazione delle questioni e dei punti
contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze (Cass., Sez. 1,
12/02/2016, n. 2814, Rv. 638551 – 01); tale chiarezza è indubbiamente ravvisabile nel
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sentenza “viziata da contraddittorietà e violazione di legge relativamente alla disciplina applicabile alla

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caso in esame, laddove l’appello è stato strutturato affiancando alla parte volitiva una
parte argomentativa volta a confutare e contrastare le ragioni addotte dal primo giudice,
non occorrendo in tal caso, come recentemente precisato dalle Sezioni Unite di questa
Corte, l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto
alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della

sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata (Cass., S.U., 16/11/2017, n.
27199, Rv. 645991 — 01, conf. Cass., sez. 6-3, 0/05/2018, n. 13535, Rv. 648722 – 01) .

2. Con il secondo motivo si deduce la “omessa e/ o insufficiente motivnione su fatto controverso e
decisivo della controversia, in relaione all’art. 360, comma 1, n. 5 cp.c.”.
L’illustrazione del motivo si articolo in due profili. In primo luogo, si evidenzia che la
motivazione della sentenza impugnata riporta due affermazioni che sarebbero contenute
nell’atto di appello, rispettivamente alle pagine 7 e 11, laddove, in realtà, nelle pagine
indicate non vi era alcun traccia di simili affermazioni (relative, rispettivamente, alla
circostanza che l’atto sarebbe stato emesso sulla base del presupposto che tra la G.T.M.
e Linar esistesse un rapporto di commissione e non già di lavorazione e al successivo
riconoscimento, da parte della stessa appellante, che la comune volontà delle parti fosse
quella di porre in essere un contratto di lavorazione). In secondo luogo, si afferma che la
motivazione sarebbe priva di autosufficienza ed avrebbe preso solo parzialmente in
esame gli elementi offerti dall’Ufficio quali yàcta concludentia” di una esecuzione di un
contratto di commissione di merci.

2.1. Il motivo resta assorbito.
L’accoglimento del primo motivo – concernente la “ratio decidendi” principale della
decisione impugnata — comporta, infatti, la cassazione della sentenza e l’assorbimento del
secondo motivo, il quale attiene alla motivazione nel merito che, tuttavia, la CTR non
avrebbe potuto adottare, essendo pervenuta alla conclusione che l’appello “oltre e prima
che infondato … va dichiarato inammissibile siccome meramente ripetitivo delle deduzioni svolte in
primo grado…”, ed avendo altresì ritenuto che tale inammissibilità “comporta la caducnione
dell’appello incidentale”.
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permanente natura di “revisio prioris instantiae” del giudizio di appello, il quale mantiene la

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Ciò in quanto la dichiarazione di inammissibilità (come pure quella declinatoria della
giurisdizione o della competenza) implica che il giudice si spogli della potestas iudicandi in
relazione al merito della controversia, con la conseguenza che, ove siano state svolte
impropriamente anche argomentazioni sul merito, le stesse sono da ritenere prive di
giuridica rilevanza e i motivi di impugnazione relativi ad esse vanno conseguentemente

inammissibilità.
Sin dalla sentenza n. 3840 del 20/02/2007, Rv. 595555 — 01, infatti, le Sezioni Unite di
questa Corte hanno chiarito che il giudice il quale emetta una pronuncia d’inammissibilità
della domanda si spoglia della propria potestas iudicandi al riguardo, e che se, ciò
nondimeno, quel medesimo giudice si soffermi anche a motivare sul merito, tale
motivazione è da considerarsi svolta ad abundantiam, onde un’impugnazione sul punto
neppure risulterebbe ammissibile per difetto di interesse (nel medesimo senso questa
Corte si è poi pronunciata ripetutamente; cfr. Cass., sez. L, 15/6/2007, n. 13997, Rv.
597672 —01; Cass., sez. 3, 5/2/2007, n. 15234, Rv. 598305 —01; Cass., sez. 2,2/5/2011,
n. 9647, Rv. 616900 — 01; Cass., sez. 1, 01/03/2012, n. 3229; Rv. 621308 — 01; Cass.,
S.U., 17/06/2013, n. 15122, Rv. 626812 — 01; Cass. S.U., 30/10/2013, n. 24469, Rv.
627991 — 01; Cass., sez. 3, 20/08/2015, n. 17004, Rv. 636624 — 01; Cass., sez. 6-5,
19/12/2017, n. 30393, Rv. 646988 – 01).
Né rileva in contrario la circostanza che, nella specie, il giudice d’appello abbia
“preliminarmente ed esaustivamente” operato la valutazione del merito della controversia,
cosicchè la successiva declaratoria di inammissibilità dell’appello sarebbe fondata su una
“motivaione palesemente ultronea rispetto al thema decidendz”,

come sostenuto dalla

controricorrente.
In proposito è dirimente quanto si legge nella motivazione della citata pronuncia n.
3840 del 2007 delle Sezioni Unite, laddove è chiarito che le considerazioni di merito,
comunque svolte dal giudice, “restano irzimediabilmente fuori, appunto, dalla decisione, non tanto
perché esse non trovano sbocco nel dispositivo (che potrebbe, al limite, considerarsi integrabile con la
motiva ione)”, ma anche perché, essendo formulate in via ipotetica (e a volte
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dichiarati assorbiti dall’accoglimento del motivo concernente la declaratoria di

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approssimativa), nel dubbio se con tali argomentazioni il giudice abbia inteso esprimere
una mera opinione ovvero una decisione volta ad esaminare tutti gli aspetti della
controversia, “il considerarle come e.oressione della funone giurisdizionale potrebbe comportare un

vulnus al principio fondamentale dell’art. 24 Cost.”. E, soprattutto, perché, essendosi infine il
giudice spogliato della potestas iudicandi,”quelle ultronee considerazioni relative al merito non sono

ke adottato, ma a quella, semmai, che egli

avrebbe adottato ove appunto il correlativo esame non ne fosse risultato precluso”, sicché esse si
muovono su un piano esclusivamente virtuale e non entrano nel circuito delle statuizioni
propriamente giurisdizionali.
Di qui la giuridica irrilevanza della motivazione svolta nel merito dalla sentenza
impugnata e, conseguentemente, l’assorbimento del relativo motivo di censura in
conseguenza dell’sito del presente giudizio di legittimità sul primo motivo.

3. In conclusione, all’accoglimento del primo motivo consegue l’assorbimento del
secondo e la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio della causa alla CTR di
Campobasso, in diversa composizione, per l’esame del merito del gravame ed anche per
i provvedimenti sulle spese del presente giudizio di cassazione, non essendo possibile
adottare una pronuncia nel merito ex art. 384, comma 2, c.p.c. stante la necessità di
svolgere accertamenti di fatto sulle circostanze contestate dalle parti.

P.Q.M.
La Corte, accoglie il primo morivo di ricorso e dichiara assorbito il secondo; cassa la
sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla
CTR di Campobasso, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, dalla 5° sezione civile della Corte di cassazione, il 4 giugno15 luglio
2018.
Il Consigliere estensore
(dott.ssa Paola D’Ovidio)

riconducibili alla decisione (di inammissibilità) che egli

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