Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19952 del 21/09/2010

Cassazione civile sez. trib., 21/09/2010, (ud. 07/06/2010, dep. 21/09/2010), n.19952

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ALTIERI Enrico – Presidente –

Dott. MARIGLIANO Eugenia – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. MELONCELLI Achille – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

E.A., di seguito anche “Contribuente”, rappresentato e

difeso dall’avv. d’Andrea Giulio, presso il quale e’ elettivamente

domiciliato in Corso Umberto 1, n. 154, Napoli, mentre per le

notifiche e’ elettivamente domiciliato presso l’avv. Giorgio

Boccadamo in Roma, Via Augusto Aubry 3;

– ricorrente –

contro

il Ministero dell’economia e delle finanze, di seguito “Ministero”,

in persona del Ministro in carica, e dall’Agenzia delle entrate, di

seguito “Agenzia”, in persona del Direttore in carica, rappresentati

e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale sono

domiciliati in Roma, Via dei Portoghesi 12;

– intimati e controricorrenti –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale (CTR) di

Napoli 19 settembre 2005, n. 369/07/05, depositata il 20 settembre

2005;

udita la relazione sulla causa svolta nell’udienza pubblica del 7

giugno 2010 dal Cons. Dott. Achille Meloncelli;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale DE

NUNZIO Wladimiro, che ha concluso per l’accoglimento del quarto

motivo del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Gli atti di incoazione del giudizio di legittimita’.

1.1. Il 3 novembre 2006 e’ notificato alle intimate autorita’ tributarie un ricorso del Contribuente per la cassazione della sentenza descritta in epigrafe, che ha accolto l’appello dell’Ufficio di Napoli (OMISSIS) dell’Agenzia contro la sentenza della Commissione tributaria provinciale (CTP) di Napoli n. 570/09/2002, che aveva accollo il ricorso del Contribuente contro l’avviso di accertamento n. (OMISSIS) dell’Irpef 1996.

1.2. Il 30 novembre 2006 e’ notificato al Contribuente il controricorso delle intimate autorita’ tributarie.

2. I fatti di causa.

I fatti di causa sono i seguenti:

a) il 22 novembre 2001 l’Ufficio delle imposte dirette di Napoli notifica al Contribuente, che svolge attivita’ di fabbricazione di prodotti di panetteria, l’avviso di accertamento n. (OMISSIS) dell’Irpef 1996, con il quale, in applicazione dei parametri previsti dal D.P.C.M. 29 gennaio 1996, modificato dal D.P.C.M. 27 marzo 1997, si rettifica il reddito dichiarato di L. 25.000.000 in L. 55.391.000 e si pretendono una maggiore Irpef di L. 10.142.000, un maggiore CSSN (contributo al servizio sanitario nazionale) di L. 1.887.000 e un maggior CSE (contributo speciale per l’Europa) di L. 213.000, oltre ad interessi e sanzioni;

a) il Contribuente ricorre al giudice tributario e, vittorioso in primo grado, resta soccombente in appello.

3. La motivazione della sentenza impugnata.

La sentenza della CTR, oggetto del ricorso per cassazione, e’, con riguardo ai capi impugnati in sede di legittimita’, cosi’ motivata:

a) con l’unico motivo di gravame l’Ufficio appellante deduce che il D.P.C.M. del 27.3.1997 deve essere compreso tra gli atti amministrativi generali e, quindi, inteso a disciplinare l’azione del Fisco nella sua veste di PA e colto a definire gli aspetti applicativi e tecnici di una legge; che il decreto, lungi dall’innovare l’ordinamento giuridico, si limita a fornire indicazioni meramente quantitative; che il contribuente non ha fornito alcun elemento idoneo a giustificare lo scostamento tra redditi dichiarati e redditi presunti;

b) il motivo e’ fondato, perche’ i D.P.C.M. del 1996 e del 1997 non hanno carattere di norma secondaria e, quindi, sottoposti al preventivo parere del Consiglio di Stato. Tali atti, infatti, pur avendo natura di atti formalmente amministrativi, non hanno contenuto normativo, in quanto non innovano l’ordinamento giuridico. Essi mirano alla cura concreta di interessi pubblici con effetti diretti nei confronti dei destinatari, in quanto contengono indicazioni meramente quantitative e tecniche, con esclusione di qualsiasi regolamentazione astratta di rapporti giuridici. Inoltre, tenuto conto del nomen all’atto attribuito dalla P.A. e, quindi, della sua autoqualificazione, deve escludersi la natura di atti normativi dei predetti decreti, non rinvenendosi in essi l’utilizzazione della denominazione “regolamento”. Nel merito, si osserva che nel caso di accertamento in base a parametri si ha l’inversione dell’onere della prova, con la conseguenza che spetta al contribuente dimostrare che il reddito effettivo e’ inferiore a quello presunto. Orbene, nel caso di specie, a fronte di un accertamento congruamente e legittimamente motivato con rinvio ai paramenti di cui ai DPCM del 1996 e del 1997, l’ E. non ha fornito un qualsivoglia elemento di prova in ordine alla sussistenza di un reddito effettivo inferiore a quello presunto.

4. Il ricorso per cassazione del Contribuente e’ sostenuto con sette motivi d’impugnazione e, dichiarato il valore della causa in Euro 6.208,84, si conclude con la richiesta che sia cassata la sentenza impugnata, con ogni conseguente statuizione e con vittoria di spese.

5. Il controricorso delle intimate autorita’ tributarie si conclude con la richiesta di rigetto del ricorso principale e di adozione di ogni statuizione consequenziale, anche in ordine alle spese di giudizio.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

6. Il primo motivo d’impugnazione.

6.1.1. Il primo motivo d’impugnazione e’ collocato sotto la seguente rubrica: Nullita’ della sentenza ex art. 360 c.p.c., n. 4 per violazione art. 112 c.p.c..

6.1.2. Il Contribuente evidenzia che la sentenza di primo grado … a lui favorevole … era motivata … con l’esplicito richiamo alla mancata attivita’ istruttoria da parte dell’ufficio impositore, che non aveva fornito alcuna prova a sostegno della pretesa impositiva, basandosi esclusivamente sul richiamo alle risultanze dei …

parametri. Ebbene su tale punto … il Giudice di appello nulla ha detto ….

6.2. Il motivo e’ inammissibile, perche’ il ricorrente non riproduce testualmente quelle parti dei sui atti difensivi nel secondo grado di giudizio, nei quali si sarebbe fatta questione relativamente alla mancata attivita’ istruttoria dell’Ufficio, ponendosi cosi’ in contrasto con il principio di diritto, consolidato nella giurisprudenza di legittimita’, secondo il quale, “se con il ricorso per cassazione si denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c. ipotizzando l’esistenza di un errar in procedendo non rilevabile d’ufficio, la Corte di cassazione, che, in quanto giudice anche del fatto processuale, ha il potere di esaminare direttamente gli atti processuali, non e’ vincolata a ricercare autonomamente gli atti rilevanti per la questione proposta, incombendo, invece, sul ricorrente l’onere di indicarli specificamente e autosufficientemente (Corte di cassazione 17 gennaio 2007, n. 978)”.

Il principio di diritto alla stregua del quale si deve decidere sul motivo e’, dunque, il seguente: “il ricorrente per cassazione che denunci la violazione dell’art. 112 c.p.c. ipotizzando l’omessa pronuncia del giudice di secondo grado su un motivo d’impugnazione da lui proposto con l’atto d’appello, relativo ad una questione non rilevabile d’ufficio, deve formulare il motivo osservando, a pena d’inammissibilita’, il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione”.

7. Il secondo motivo d’impugnazione.

7.1.1. Il secondo motivo d’impugnazione e’ preannunciato dalla seguente rubrica: Nullita’ della sentenza in quanto contraria ad altra sentenza avente autorita’ di cosa giudicata tra le parti.

7.1.2. Il ricorrente sostiene che “la sentenza impugnata deve ritenersi illegittima … , in quanto contraria alla precedente sentenza n. 349/36/ 02 della CTR di Napoli … depositata in data 29/05/2002, avente autorita’ di cosa giudicata tra le parti, essendosi resa definitiva per mancata impugnazione da parte dell’ufficio”.

7.2. Il motivo e’ inammissibile, perche’ non risulta prodotta ritualmente in giudizio la sentenza di cui s’invoca l’efficacia di giudicato nella presente causa.

8. Il terzo motivo d’impugnazione.

8.1.1. Il terzo motivo e’ presentato sotto la seguente rubrica:

“Nullita’ della sentenza ex art. 360 c.p.c., n. 5 per omessa ed insufficiente motivazione nonche’ per omesso esame di tutti i punti decisivi della controversia”.

8.1.2. Il ricorrente sostiene che la sentenza impugnata deve ritenersi illegittima in diritto ed infondata nel merito, nonche’ carente di motivazione, perche’ i giudici di appello hanno sentenziato la legittimita’ dell’avviso di accertamento, ritenendo non sussistente la eccepita carenza di motivazioni, e la totale infondatezza della pretesa impositiva, omettendo di pronunciarsi su tutte le contestazioni sollevate dal contribuente nel proprio ricorso introduttivo.

8.2. Il motivo e’ inammissibile, sia perche’ esso e’ formulato genericamente, sia perche’ le omissioni lamentate sono relative alle censure prospettate con il ricorso introduttivo, senza che sia adempiuto l’onere di autosufficienza, alla stregua del principio di diritto gia’ applicato nel par. 6.2 a proposito del primo motivo d’impugnazione.

9. Il quarto motivo d’impugnazione.

9.1.1. Il quarto motivo e’ introdotto dalla seguente rubrica:

nullita’ assoluta dell’avviso di accertamento in contestazione per violazione della L. n. 241 del 1990, art. 3, dell’art. 24 Cost.

italiana, per evidente carenza di motivazioni dell’atto impugnato.

9.1.2. Il ricorrente afferma che l’ufficio sr e’ limitato ad applicare … i parametri previsti dal D.P.C.M. 29 gennaio 1996 …, senza in alcun modo esplicare i criteri adottati nella loro determinazione.

9.2. Il motivo e’ inammissibile per la sua novita’, perche’ non risulta che la questione della mancanza di motivazione dei parametri sia mai stata posta e trattata nelle precedenti fasi del giudizio.

10. Il quinto motivo d’impugnazione.

10.1.1. Il quinto motivo e’ esposto sotto la seguente rubrica:

nullita’ assoluta dell’avviso di accertamento in contestazione per violazione ed errata interpretazione della L. 23 agosto 1988, n. 400, art. 17 e totale infondatezza della pretesa erariale.

10.1.2. Il ricorrente sostiene che i DPCM introduttivi dei parametri avrebbero natura regolamentare e avrebbero dovuto essere approvati con il procedimento previsto dalla L. 23 agosto 1988, n. 400, art. 17 ossia avrebbero dovuto essere adottati previo parere del Consiglio di Stato.

10.2. Il motivo e’ infondato, perche’, secondo la giurisprudenza di legittimita’, in tema di accertamento delle imposte sui redditi, la procedura speciale di approvazione dei parametri previsti dalla L. 28 dicembre 1995, n. 549, art. 3, comma 181, in quanto derogatoria rispetto a quella statuita dalla L. n. 400 del 1988, art. 17 non necessita del preventivo parere del Consiglio di Stato (Corte di cassazione 21 novembre 2008, n. 27665).

11. Il sesto motivo d’impugnazione.

11.1.1. Il sesto motivo e’ collocato sotto la seguente rubrica:

nullita’ dell’avviso di accertamento in contestazione per evidente infondatezza della pretesa impositiva.

11.1.2. Il Contribuente sostiene che l’avviso di accertamento in contestazione risulta essere stato emesso dall’ufficio in seguito alle risultanze derivanti dall’applicazione dei parametri, in base alle quali ha ritenuto che i ricavi contabilizzati non corrispondessero a quelli presunti. In particolare si eccepisce che l’ufficio nella determinazione dei maggiori ricavi… ha considerato il valore dei beni ammortizzabili al loro “costo storico”, mentre tale voce andava… considerata in base al loro “valore residuo” ….

11.2. Il motivo e’ inammissibile sia per la sua novita’, perche’ non risulta dalla sentenza d’appello che della questione con esso sollevata, sia perche’ l’oggetto del ricorso per cassazione e’ la sentenza d’appello e non l’avviso di accertamento.

12. Il settimo motivo d’impugnazione.

12.1.1. Il settimo motivo e’ posto sotto la seguente rubrica:

nullita’ dell’avviso di accertamento in contestazione per evidente incongruenza dei presunti maggiori ricavi accertati rispetto alle risultanze dell’applicazione del successivo metodo degli studi di settore.

12.1.2. Il ricorrente evidenzia la palese incongruenza ed inattendibilita’ dei maggiori compensi accertati in via presuntiva dall’ufficio, effettuando una comparazione tra i dati contabili riferiti all’anno in contestazione e la metodologia riferita all’applicazione degli studi di settore. Ne deriva che apparirebbe evidente che lo scostamento tra i ricavi regolarmente dichiarati in L. 170.330.000 e quelli puntuali di riferimento scaturenti dall’applicazione degli studi settore pari a L. 192.753.000, risulta essere di L. 22.414.000, a fronte di quelli ipotizzati dall’ufficio in L. 30.391.000. Il Contribuente conclude per l’applicazione degli studi di settore.

12.2. Il motivo e’ inammissibile per novita’, perche’ la questione dell’applicazione degli studi di settore per la determinazione del reddito 1996 del Contribuente e’ sempre rimasta estranea alla presente controversia.

13. Conclusioni.

Le precedenti considerazioni comportano il rigetto del ricorso.

La peculiare struttura della fattispecie controversa e l’altalenante orientamento dei giudici di merito inducono a compensare tra le parti le spese processuali relative al giudizio di cassazione.

PQM

LA CORTE rigetta il ricorso e compensa tra le parti le spese processuali relative al giudizio di cassazione.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 7 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 21 settembre 2010

 

 

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