Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19951 del 10/08/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 10/08/2017, (ud. 08/06/2017, dep.10/08/2017),  n. 19951

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – rel. Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16925/2016 proposto da:

L.A., C.A.A.F. LAZIO E BASILICATA CGIL S.R.L. – C.F.

(OMISSIS), in persona del Presidente del Consiglio di

Amministrazione, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA GERMANICO 12

SC. A-4, presso lo studio dell’avvocato FRANCO DI LORENZO, che li

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 3/29/2016 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE del LAZIO, depositata l’8/01/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata dell’8/06/2017 dal Consigliere Dott. ROBERTA CRUCITTI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il C.A.A.F. Lazio, e Basilicata C.G.I.L. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, ed L.A., in proprio, impugnarono l’atto di contestazione con il quale l’Agenzia delle Entrate aveva irrogato sanzioni D.Lgs. n. 472 del 1997, ex art. 16, contestando l’avvenuto rilascio di infedele visto di conformità, in violazione del D.Lgs. n. 241 del 1997, art. 35, attesa la contestazione di 115 violazioni tributarie, riferite all’anno di imposta 2004.

La Commissione tributaria provinciale accolse il ricorso, rilevata l’estraneità del CAAF e del suo Direttore all’attività di controllo poste in essere dall’Agenzia delle entrate, in relazione alle dichiarazioni dei contribuenti.

La decisione, appellata dall’Agenzia delle entrate, veniva integralmente riformata, con la sentenza indicata in epigrafe, dalla C.T.R. del Lazio.

In particolare il Giudice di appello, riteneva la responsabilità degli odierni ricorrenti, i quali avevano infedelmente rilasciato il visto di conformità, senza assolvere l’onere di verificare la corrispondenza dei dati dichiarati con la documentazione allegata.

Avverso la sentenza il C.A.A.F. e L.A., in proprio, propongono ricorso per cassazione su unico motivo.

L’Agenzia delle Entrate ha depositato atto al fine di partecipare alla pubblica udienza.

A seguito di proposta ex art. 380 bis c.p.c. e di fissazione dell’adunanza della Corte in Camera di consiglio, ritualmente comunicate, parte ricorrente ha depositato memoria.

Il Collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della presente motivazione in forma semplificata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. L’unico motivo di ricorso, con il quale si deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 241 del 1997, artt. 35 e 39, D.Lgs. n. 164 del 1999, non è meritevole di accoglimento.

Con il mezzo, infatti, evidenzia l’errore in diritto assertivamente commesso dalla C.T.R. nell’avere addossato agli odierni ricorrenti un onere (quale quello del controllo sostanziale dei dati forniti dai contribuenti e della documentazione dagli stessi allegata) non previsto per legge (se non successivamente da norma inapplicabile ratione temporis), ma tale censura non attinge la ratio decidendi posta a base della decisione dal Giudice di appello il quale, in corretta applicazione della normativa applicabile ratione temporis (D.Lgs. n. 241 del 1997, artt. 35 e 39) e con accertamento in fatto rimasto incontrastato, ha rilevato l’infedeltà del visto di conformità, rilasciato dal Centro assistenza senza avere effettuato alcun controllo, neppure formale, della documentazione prodotta in ordine ai dati indicati in dichiarazione, evidenziando, al contrario, la sussistenza di discordanze tra quanto dichiarato ed effettivamente documentato.

3. Ne consegue, attesa altresì l’ininfluenza delle contrarie argomentazioni svolte in memoria, il rigetto del ricorso, senza pronuncia sulle spese per il mancato svolgimento di attività difensiva della controparte.

4. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

 

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 8 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 10 agosto 2017

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