Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19949 del 21/09/2010

Cassazione civile sez. trib., 21/09/2010, (ud. 01/06/2010, dep. 21/09/2010), n.19949

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PAPA Enrico – Presidente –

Dott. D’ALONZO Michele – rel. Consigliere –

Dott. MARIGLIANO Eugenia – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

Dott. MELONCELLI Achille – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA delle ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma alla Via dei Portoghesi n. 12

presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

la s.r.l. P.M.P. FIRENZE, con sede in

(OMISSIS) in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma alla

Piazza Barberini n. 12 presso lo studio dell’avv. Visentini Gustavo

con l’avv. PARATORE Gesu’ Giuseppe (del Foro di Arezzo) che la

rappresenta e difende in forza della procura speciale rilasciata a

margine del controricorso.

– controricorrente –

Avverso la sentenza n. 70/16/06 depositata il 21 febbraio 2007 dalla

Commissione Tributaria Regionale della Toscana (notificata il primo

marzo 2007);

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 1 giugno 2010

dal Cons. Dott. Michele D’ALONZO;

sentite le difese delle parti, perorate dall’avv. Daniela GIACOBBE

(dell’Avvocatura Generale dello Stato), per l’Agenzia, e dall’avv.

Salvatore Paratore (delegato dell’avv. Gesu’ Giuseppe PARATORE), per

la societa’;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO Federico, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso notificato alla s.r.l. P.M.P. FIRENZE (nel domicilio eletto per il giudizio di appello) il 27 aprile 2007 e (con plico postale spedito) il giorno successivo alla sede sociale (ricorso depositato il 13 maggio 2007), l’AGENZIA delle ENTRATE – premesso che: (1) il 24 settembre 2003 la GdF di Firenze, su segnalazione della GdF di Siena la quale appurava … che la societa’ I Preziosi srl (riconducibile a … B.A…. come anche la ditta individuale Orafo di B.A.), nell’anno 1998 aveva emesso fatture per operazioni soggettivamente inesistenti in favore della srl P.M.P. FIRENZE iniziava una verifica nei confronti di quest’ ultima; (2) a seguito di indagini penali sul contrabbando internazionale . . . veniva … rivelata l’esistenza di un unico disegno criminoso tra i vari titolari delle societa’ inquisite ed i diretti esportatori esteri al fine di trasferire solo cartolarmente il metallo il cui schema era costituito da (a) imprese filtro comunitarie collocate in (OMISSIS) (stati in cui e’ possibile costituire societa’ anonime per le quali non e’ possibile risalire a chi ne abbia la gestione, per garantire l’estraneita’ da parte del produttore comunitario), (b) imprese cartiere (societa’ di comodo insolventi intestate a prestanomi che assolvevano al solo obbligo di presentazione delle dichiarazioni IVA senza effettivo versamento dell’imposta dovuta sulle cessioni), (c) imprese filtro nazionali clienti delle cartiere (inserite per garantire la estraneita’ delle reali beneficiarle al circuito frodatorio) e (d) imprese beneficiarie, quali la Preziosi srl, … fornitrice della PMP beneficiaria finale, vere promotrici e organizzatrici del traffico illegale, che ricevono il metallo direttamente dal fornitore comunitario ma documentano le relative transazione attraverso il fittizio circuito cartolare (avvalendosi anche di societa’ di trasporto … contigue all’organizzazione, presso le quali venivano creati dei conti di deposito da cui risultasse che il metallo avesse avuto almeno tre passaggi in Italia prima di essere contabilizzato dai reali destinatari); (3) in tal modo . . . , acquistando dalle cartiere a prezzi particolarmente vantaggiosi (dato che le stesse cartiere non versavano l’IVA e quindi potevano anche non applicare ricarico) immettevano l’argento sul mercato nazionale a prezzi concorrenziali; (4) la … Preziosi srl (insieme alla ditta B.A. Orafo) era stata anche segnalata dalla Commissione Europea/UCLAF, poiche’ implicata in un illecito traffico internazionale di argento;

(5) come specificato a pag. 4 del PVC della GdF di Siena … e come riportato anche in sede di appello ” B.A. …, avendo maturato rapporti commerciali di fiducia con un proprio cliente identificato in P.A. (rappresentante della PMP) sottoponeva all’attenzione di G. a prospettiva di una fornitura fissa di 1000/1500 kg di argento a favore del nominato cliente, specificando che costui intendeva avere rapporti esclusivamente con lui …; (6) il B. … concordava gli aspetti finanziari afferenti le percentuali di sconto entro i quali gestire la vendita … descritta e l’adozione di accorgimenti contabili operati al momento della fatturazione tra le ditte fittiziamente interposte nella catena commerciale per garantirsi maggiori margini di guadagno -, in forza di due motivi, chiedeva di cassare la sentenza n. 70/16/06 della Commissione Tributaria Regionale della Toscana (depositata il 21 febbraio 2007 e notificata il primo marzo 2007) che aveva respinto l’appello dell’Ufficio avverso la decisione (20/16/05) della Commissione Tributaria Provinciale di Firenze la quale aveva accolto il ricorso della contribuente.

Nel controricorso notificato il 28 maggio 2007 (depositato il 6 giugno 2007) la societa’ intimata instava per il rigetto dell’avverso gravame.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con la sentenza impugnata la Commissione Tributaria Regionale – esposte le ragioni svolte dalle parti a conforto delle rispettive posizioni – ha disatteso l’appello dell’Ufficio osservando:

– nonostante l’interessante disamina del fenomeno riguardante i cosiddetti caroselli comunitari … l’Ufficio non ha fornito alcuna prova che la societa’ appellante (recte: appellata) rientrasse in tale meccanismo: la contestazione di cui al processo verbale redatto dalla Guardia di Finanza, infatti, trova origine unicamente da una verifica eseguita dal Comando .. . di Siena nei confronti della ditta individuale … di B.A. (fornitrice della P.M.P. srl) constatando a carico della stessa . . . che la ditta individuale Orafo di B.A., nell’anno 1998, ha emesso fatture per operazioni soggettivamente inesistenti nei confronti della Favini & Mangani srl” (. . . PVC foglio 9); la Polizia Tributaria di Firenze precisa inoltre che “le violazioni rilevate dal Comando senese . . .

scaturiscono da una complessa attivita’ di indagine, supportata, in parte, dalle risultanze delle indagini di P.G. esperito dal Nucleo Regionale P.T. Emilia Romagna”;

– il verbale redatto dalla Guardia di Finanza di Siena (relativo a soggetto terzo) e la complessa attivita’ di indagine supportata dalle operazioni della Guardia di Finanza … dell’Emilia Romagna non risultano formalmente portati a conoscenza della societa’ appellante con la loro allegazione all’avviso di accertamento (fatto sostanzialmente non smentito dall’Ufficio) ne’ sono stati messi a disposizione, in sede contenziosa, della Commissione Tributaria Provinciale ne’ tantomeno di questa Commissione.

Pertanto, conclude il giudice di appello, nessuna valenza probatoria puo’ essere attribuita al semplice riferimento che di cio’ fanno la Polizia Tributaria di Firenze nel PVC ed in particolare l’Ufficio nell’accertamento senza il supporto sostanziale della produzione degli atti di riferimento, essendo l’Ufficio stesso obbligato a fornire la prova certa dei fatti segnalati atteso che nessuna efficacia probatoria ha il richiamo alle affermazioni o ad altri documenti contenuti nel processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di Finanza che a sua volta si rifa’ ad altri PV, riguardanti terzi e non portati a conoscenza del contribuente ne’ prodotti in giudizio.

2. L’Agenzia censura tale decisione con due motivi.

A. Con il primo la ricorrente – dedotto che nel ricorso di primo grado la contribuente non aveva interposto alcun motivo fondato su una presunta mancata allegazione … di PVC non conosciuti ma solo in . . . sede di nomina di un nuovo difensore si era doluta della mancata allegazione dei PVC richiamati nell’atto di accertamento benche’ il PVC richiamato fosse anche presente in quanto fornito addirittura dal medesimo ricorrente in sede di ricorso introduttivo – denunzia violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19 e art. 57 esponendo che tale eccezione era …

chiaramente tardiva e pertanto inammissibile in quanto non evidenziata con il ricorso introduttivo del giudizio e, comunque, infondata dato che l’accertamento gia’ forniva una sua autonoma motivazione, poi ulteriormente circostanziata nel corso del contenzioso.

A conclusione la ricorrente propone il seguente quesito ex art. 366 bis c.p.c.:

vero che ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 19 e 57 sono inammissibili le censure proposte, in via di azione o di eccezione, al di fuori del ricorso introduttivo ed in specie nell’ambito del giudizio di appello, con la conseguenza … che va cassata la pronuncia che conforta le ragioni del contribuente ove fondata su simili censure.

B. Con l’altro motivo l’Agenzia denunzia (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e, ove occorrer possa, n. 4) violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1912, art. 56 in rapporto agli artt. 115 e 116 c.p.c. adducendo:

L’eccezione inammissibilmente riproposta nel giudizio di appello e di poi accolta dal giudice … di seconde cure era anche infondata perche’ per l’art. 56, u.c. detto la motivazione dell’atto deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che l’hanno determinato … con l’allegazione, relativamente alla motivazione per relationem, dell’atto cui l’avviso stesso faccia riferimento (nel caso … il PVC della GdF di Firenze): circostanza puntualmente verificatasi nel caso … (onde ulteriori parole sortirebbero il solo effetto di tediare – la CTR sembra . . aver confuso le disposizioni sul buon governo della prova, … anch’esse … disattese, con quelle sull’onere di motivazione dell’atto impositivo, … assolto dall’Amministrazione … nel caso di specie.

La ricorrente, quindi, propone questo “quesito” ex art. 366 bis c.p.c.:

vero che ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 56 l’avviso di accertamento oggetto di censura da parte della CTR … e’ legittimo laddove, come nel caso…..supportato da adeguata ed idonea motivazione dei presupposti in fatto e le ragioni giuridiche che ne hanno determinato l’adozione di modo che l’atto appare formalmente e sostanzialmente esente da vizi di legittimita’ di alcun genere.

3. Il ricorso deve essere respinto perche’ infondato.

A. La doglianza svolta dall’Agenzia nel primo motivo – a prescindere dal riscontro dell’inerenza (attesa la carenza nello stesso di qualsiasi riferimento alla concreta fattispecie), incidente sull’ammissibilita’ dello stesso, del quesito di diritto formulato – e’ inammissibile in virtu’ del principio (da ribadire per carenza di qualsivoglia contraria argomentazione) secondo cui (Cass., un.: 20 giugno 2007 n. 14297 e 23 dicembre 2009 n. 27210, ex multis) in tema di ricorso per cassazione, qualora la decisione impugnata si fondi su una pluralita’ di ragioni, ira loro distinte ed autonome, e singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, la ritenuta infondatezza delle censure mosse ad una delle rationes decidendi rende inammissibili, per … difetto di interesse, le censure relative alle altre ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta definitivita’ delle altre, alla cassazione della decisione stessa (Cass. 21/10/2005, n. 20454; Cass. 7/11/2005, n. 21490; Cass. 18/05/2005, n. 10420)”.

Nel caso, come riportato, il giudice di appello ha affermato che:

(a) il verbale redatto dalla Guardia di Finanza di Siena (relativo a soggetto terzo) e la complessa attivita’ di indagine supportata dalle operazioni, della Guardia di Finanza … dell’Emilia Romagna.

(1) non risultano formalmente portati a conoscenza della societa’ appellante con la loro allegazione all’avviso di accertamento (fatto sostanzialmente non smentito dall’Ufficio) e (2) non (ne’) sono stati messi a disposizione, in sede contenziosa, della Commissione Tributaria Provinciale ne’ tantomeno di questa Commissione; e (b) nessuna valenza probatoria puo’ essere attribuita al semplice riferimento che di cio’ fanno la Polizia Tributaria di Firenze nel PVC ed in particolare l’Ufficio nell’accertamento senza il supporto sostanziale della produzione degli, atti di riferimento, essendo l’Ufficio stesso obbligato a fornire la prova certa dei fatti segnalati non avendo nessuna efficacia probatoria … il richiamo alle affermazioni o ad altri documenti contenuti nel processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di Finanza che a sua volta si rifa’ ad altri PV, riguardanti terzi e non portati a conoscenza del contribuente ne’ prodotti in giudizio. Da tali osservazioni emerge che:

(1) la Commissione Tributaria Regionale non ha confermato (rigettando l’appello dell’Ufficio) l’annullamento dell’atto impositivo operato dai giudice di primo grado solo o tanto perche’ gli atti detti verbale redatto dalla Guardia di Finanza di Siena (relativo a soggetto terzo); complessa attivita’ di indagine supportata dalle operazioni della Guardia di Finanza … dell’Emilia Romagna non sarebbero stati formalmente portati a conoscenza della societa’ appellante con la loro allegazione all’avviso di accertamento ma anche e soprattutto perche’ quegli atti non sono stati messi a disposizione dei giudici;

(2) l’affermazione della stessa Commissione Regionale secondo cui nessuna valenza probatoria puo’ essere attribuita al semplice riferimento che di cio’ fanno la Polizia Tributaria di Firenze nel PVC ed in particolare l’Ufficio nell’accertamento senza il supporto sostanziale della produzioni degli atti di riferimento non valuta affatto “censure proposte, in via di azione o di eccezione, al di fuori del ricorso introduttivo” (tanto meno nell’ambito del giudizio di appello), come sostenuto dalla ricorrente, ma attiene propriamente alla riscontrata (e non impugnata) inosservanza da parte dell’Ufficio dell’obbligo di fornire la prova certa dei fatti segnalati (non avendo, secondo il giudice di appello nessuna efficacia probatoria … il richiamo alle affermazioni o ad altri documenti contenuti nel processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di Finanza che a sua volta si rifa’ ad altri PV, riguardanti terzi . . . non . .

. prodotti in giudizio), quindi, all’evidenza, ad una ratio decidendi (mancanza di prova della pretesa impositiva) diversa e del tutto autonoma da quella (sono inammissibili le censure proposte, in via di azione o di eccezione, al di fuori del ricorso introduttivo ed in specie nell’ambito del giudizio di appello) contestata dall’Agenzia, sufficiente da sola a sorreggere la decisione impugnata.

B. La doglianza svolta nell’altro motivo di ricorso, poi, risulta malamente prospettata (in dichiarata relazione solo all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e, ove occorrer possa, n. 4) come violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 56 in rapporto agli artt. 115 e 116 c.p.c. atteso che la stessa non denunzia nessuna erroneita’ di una qualche espressa od implicita interpretazione di dette norme da parte del giudice del merito ma involge unicamente il riscontro della concreta osservanza, da parte dell’Ufficio, nello specifico avviso di accertamento oggetto di censura, dell’onere di motivazione dell’atto impositivo: nel quesito formulato ex art. 366 bis c.p.c., infatti, l’Agenzia sostiene, e chiede conseguentemente di affermare (“vero che”), che detto avviso e’ legittimo perche’ supportato da adeguata ed idonea motivazione.

La valutazione della “sussistenza e della sufficienza della motivazione di un atto di imposizione fiscale”, pero’, come ripetutamente affermato da questa sezione (di recente nella sentenza 18 febbraio 2010 n. 3829, da cui gli excerpta, nella quale si richiamano “Cass., trib.: 8 ottobre 2007 n. 21040; 1 ottobre 2007 n. 20649; 25 gennaio 2006 nn. 1436 e 1437; 5 dicembre 2005 n. 26389; 1 aprile 2005 n. 6870; 25 marzo 2005 n. 6504; id. 3^ 2 agosto 2004 n, 14783; id, 1^, 8 aprile 2004 n. 6942; id, lav., 16 marzo 2004 n. 5369; trib., 29 settembre 2003 n. 14482; id., 1, 20 settembre 2003 n. 13954; id., lav., 22 agosto 2003 n. 12370; id., 3^, 5 giugno 2001 n. 7584”), “involge, come per qualunque atto amministrativo, l’interpretazione dell’atto stesso in quanto e’ necessario ricostruire l’intento dell’amministrazione ed il potere che essa ha inteso esercitare in considerazione del suo contenuto complessivo e, se rilevante, in base al comportamento tenuto dall’amministrazione:

“questa interpretazione”, pero’ (come ivi spiegato), “costituisce un apprezzamento di fatto, di esclusiva competenza del giudice del merito, sindacabile in sede di legittimita’ soltanto per insufficienza o contraddittorieta’ della motivazione della sentenza, quindi per violazione di quegli stessi canoni ermeneutici (art. 1362 c.c. e segg.) che presiedono alla interpretazione dei contatti, ovverosia per vizi che nel caso non sono stati assolutamente dedotti”.

L’apprezzamento del fondamento della censura afferente all’interpretazione dell’atto di imposizione fiscale, di poi, proprio perche’ pertinente al contenuto di un documento, impone alla parte che in sede di legittimita’ denunci l’erronea valutazione di quel documento ad opera del giudice di merito – pena l’inammissibilita’ del motivo di censura – di riprodurre nel ricorso (art. 366 c.p.c.), in osservanza del principio di autosufficienza del medesimo (Cass.:

trib., 1 ottobre 2007 n. 20649; trib., 1 giugno 2007 n. 12884, tra molte; 3^, 10 agosto 2004 n. 15412), il documento nella sua integrita’ anche al fine di porre questo giudice di legittimita’ in condizione di valutare la rilevanza della censura stessa.

Nella specie l’Agenzia ricorrente non solo non ha osservato i principi richiamati ma non ha neppure corredato la doglianza (svolgente unicamente un vizio ricon-ducibile alla previsione dell’art. 360 c.p.c., n. 5) con il necessario “momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilita’” richiesto (Cass., 1^, 20 ottobre 2008 n. 25452, la quale ricorda “sezioni unite, sent. n. 20603 del 2007”), a espressa pena di inammissibilita’, dall’art. 366 bis c.p.c. laddove dispone che “nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilita’” (a) “la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria” o (b) “le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione”.

4. Le spese processuali del giudizio di legittimita’ vanno integralmente compensate tra le parti ai sensi dell’art. 92 c.p.c., comma 2.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso e compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio di legittimita’.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 1 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 21 settembre 2010

 

 

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