Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19946 del 23/09/2020

Cassazione civile sez. II, 23/09/2020, (ud. 04/02/2020, dep. 23/09/2020), n.19946

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. BELLINI Ubaldo – rel. Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20997-2019 proposto da:

B.M.L., rappresentato e difeso dall’Avvocato CATERINA

BOZZOLI, ed elettivamente domiciliato presso il suo studio, in

PADOVA, VIA TRIESTE 49;

– ricorrente –

contro

MINISTERO dell’INTERNO, in persona del Ministro pro-tempore;

– intimato –

avverso il decreto n. 4390/2019 del TRIBUNALE di VENEZIA depositato

il 22/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

04/02/2020 dal Consigliere Dott. UBALDO BELLINI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

B.M.L., cittadino del (OMISSIS), impugnava il provvedimento del 6.9.2017 della Commissione Territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Verona Sezione di Padova e chiedeva che fosse accertato e dichiarato il suo diritto alla protezione sussidiaria ovvero al rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari.

Il ricorrente, in sede di audizione innanzi alla Commissione Territoriale, aveva dichiarato che, dopo la morte del proprietario del terreno che era stato donato da quest’ultimo al proprio padre, il figlio di costui aveva incendiato la loro casa; il richiedente era fuggito dal paese dopo essere stato aggredito dal proprietario della casa ove abitava perchè non pagava il canone di locazione. In sede di audizione davanti al Giudice, invece, dichiarava di aver lasciato il proprio paese a causa della situazione di instabilità presente nella zona di provenienza, caratterizzata da guerra tra etnie.

Con decreto n. 4390/2019, depositato in data 22.5.2019, il Tribunale di Venezia rigettava il ricorso.

Il Tribunale riteneva condivisibili le perplessità espresse dalla Commissione Territoriale sulla credibilità dei fatti narrati dal ricorrente e delle regioni che lo avrebbero indotto a lasciare il suo paese.

Quanto alla protezione sussidiaria, il Giudice (esclusa la sussistenza dei requisiti di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b)) riguardo al requisito di cui all’art. 14, lett. c ha sottolineato che già nel gennaio 2008, l’UNCHR aveva precisato che non si ravvisava nel (OMISSIS), nella regione del (OMISSIS), nonchè a (OMISSIS), dove il ricorrente ha risieduto fino dal (OMISSIS), la presenza di un conflitto armato interno da cui possa derivare violenza indiscriminata nei confronti delle persone che non possono rientrare nel paese di origine, per rischio reale. Nè il ricorrente aveva allegato la sussistenza di un’eventuale minaccia individualizzata alla sua vita ovvero alla sua persona.

Infine, il Giudice non ha ravvisato motivi per concedere la protezione umanitaria in quanto la non credibilità e la genericità del racconto costituiscono ragioni sufficienti anche per negare la protezione umanitaria (Cass. n. 27438 del 2016).

Avverso detto decreto propone ricorso per cassazione B.M.L. sulla base di due motivi; l’intimato Ministero dell’Interno non ha svolto difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. – Con il primo motivo, il ricorrente lamenta la “Violazione e falsa applicazione degli artt. 1, lett. a), punto 2, della Convenzione di Ginevra e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 8. (La) Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 e D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3. Mancanza o apparenza della motivazione. (La) Nullità della sentenza per violazione degli artt. 112,113,156 c.p.c.; D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 27”.

1.2. – Con il secondo motivo, il ricorrente deduce la “Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5. Erroneità e contraddittorietà della motivazione. Omessa pronuncia sui motivi di gravame”.

2. – In considerazione della loro stretta connessione logico-giuridica, i motivi vanno esaminati e decisi congiuntamente.

2.1. – I motivi sono inammissibili.

2.2. – Ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4 il ricorso deve contenere i motivi per i quali si chiede la cassazione della sentenza impugnata. Se è vero che l’indicazione dei motivi non necessita dell’impiego di formule particolari, essa tuttavia deve essere proposta in modo specifico, vista la sua funzione di determinare e limitare l’oggetto del giudizio della Corte (Cass. n. 10914 del 2015; Cass. n. 3887 del 2014). Ciò richiede che i motivi posti a fondamento dell’invocata cassazione della decisione impugnata debbano avere i caratteri della specificità, della completezza e della riferibilità alla decisione stessa (Cass. n. 14784 del 2015; Cass. n. 13377 del 2015; Cass. n. 22607 del 2014). E comporta, tra l’altro, l’esposizione di argomentazioni intelligibili ed esaurienti ad illustrazione delle dedotte violazioni di norme o principi di diritto (Cass. n. 23804 del 2016; Cass. n. 22254 del 2015).

Così, dunque, i motivi di impugnazione che prospettino una pluralità di questioni precedute unitariamente dalla elencazione delle norme asseritamente violate sono altrettanto inammissibili in quanto, da un lato, costituiscono una negazione della regola della chiarezza e, dall’altro, richiedono un intervento della Corte volto ad enucleare dalla mescolanza dei motivi le parti concernenti le separate censure (Cass. n. 18021 del 2016).

2.3. – Nella specie, i motivi di ricorso difettano palesemente di specificità, dando pressochè esclusiva prevalenza alla analisi del richiamato (e riportato) dato normativo e giurisprudenziale (interno e convenzionale) evocato in termini meramente generali, così svincolato dalla necessaria relazione specifica con le argomentazioni poste a sostegno della decisione oggetto di impugnazione.

Sicchè, le censure in tale modo mosse con il ricorso in esame rendono palese, piuttosto, lo scopo improprio del ricorrente di contestare globalmente le motivazioni poste a sostegno della decisione impugnata; risolvendosi, in buona sostanza, nella richiesta di una inammissibile generale nuova valutazione alternativa delle ragioni poste a fondamento della sentenza impugnata, in senso antagonista rispetto a quella compiuta dal giudice di merito (Cass. n. 1885 del 2018). E così, inammissibilmente, rimettendo al giudice di legittimità il compito di isolare le singole doglianze teoricamente proponibili, onde ricondurle a uno dei mezzi di impugnazione enunciati dal citato art. 360 c.p.c. per poi ricercare quali disposizioni possano essere utilizzabili allo scopo; in sostanza, dunque, cercando di attribuire al giudice di legittimità il compito di dar forma e contenuto giuridici alle generiche censure del ricorrente, per poi decidere su di esse (Cass. n. 22355 del 2019; Cass. n. 2051 del 2019).

3. – Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile. Nulla per le spese in ragione del fatto che l’intimato non ha svolto alcuna difesa. Va emessa la dichiarazione D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, ex art. 13, comma 1-quater.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, ex art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione seconda civile della Corte Suprema di Cassazione, il 4 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 settembre 2020

 

 

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