Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19941 del 23/09/2020

Cassazione civile sez. II, 23/09/2020, (ud. 28/01/2020, dep. 23/09/2020), n.19941

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22812-2016 proposto da:

M.D.M., rappresentata e difesa dagli avvocati MICHELE

CARPANO, SILVIA COSENTINO;

– ricorrente –

contro

S.G., rappresentato e difeso dall’avvocato LORENA BO;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 338/2016 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 01/03/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

28/01/2020 dal Consigliere Dott. ANTONELLO COSENTINO.

 

Fatto

RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

La sig.ra M.D.M. ha proposto ricorso, sulla scorta di due motivi, per la cassazione della sentenza n. 338/16 con cui la Corte d’appello di Torino pronunciandosi in sede di rinvio dalla Cassazione e confermando, sul punto, la sentenza di primo grado emessa nel 2003 dal Tribunale di Torino, Sezione distaccata di Moncalieri – ha, per quanto qui ancora interessa, accolto la domanda proposta dalla sig.ra S.E. per sentir accertare che l’aia antistante i fabbricati siti in (OMISSIS), identificati nel N. C.E.U. con i mappali nn. (OMISSIS) e (OMISSIS) del foglio (OMISSIS), è in comunione indivisa delle signore S.E. e M.D. ed ha altresì dichiarato detta aia gravata di servitù di passo in favore dei fondi dalla sig.ra S. distinti dai mappali (OMISSIS) e (OMISSIS).

Il sig. S.G. ha presentato controricorso con ricorso incidentale fondato su un solo motivo.

La causa è stata chiamata all’adunanza in camera di consiglio del 28 gennaio 2020, per la quale la ricorrente ha depositato una memoria.

Per la migliore intelligenza della controversia, è opportuno riferire che:

la domanda introduttiva della sig.ra S., relativa all’accertamento della comproprietà dell’area cortilizia per cui è causa, già adibita ad aia, si fondava su un atto di divisione del 1944 (che reiterava in forma pubblica una scrittura privata amichevole del 1933) tra gli allora comproprietari dei fondi, S.A. (dante causa di S.E.) e S.P. (dante causa di M.D.M.);

la sig.ra M., nel resistere alla domanda della sig.ra S., si assumeva proprietaria esclusiva dell’area identificata dal mappale n. (OMISSIS), della quale contestava la destinazione attuale ad aia ed in relazione alla quale proponeva domanda riconvenzionale di accertamento negativo del diritto di passo in favore dei mappali in proprietà S.;

la sig.ra S., in reconventio reconventionis subordinata, domandava l’accertamento positivo della servitù di passaggio suil’aia censita ai mapp. (OMISSIS) e (OMISSIS) in favore dei suoi fondi distinti dai mapp. (OMISSIS) e (OMISSIS); con sentenza n. 207/2003 il Tribunale accoglieva la domanda reconventio reconventionis dell’attrice.

con sentenza n. 1991/2006 la Corte d’appello di Torino, accogliendo l’appello (principale) della sig.ra M., riformava parzialmente la sentenza di primo grado e dichiarava che, sulla base del contratto di divisione concluso tra i suddetti sigg.ri A. e S.P. nel 1944, doveva ritenersi che le porzioni dei mappali (OMISSIS) e (OMISSIS) che costituivano il cortile antistante i fabbricati insistenti sui mappali stessi fossero di rispettiva proprietà individuale delle parti (della sig.ra S. la porzione del mapp. (OMISSIS) e della sig.ra M.M. quella del mapp. (OMISSIS)) e gravate da servitù reciproche per l’uso comune; confermava per il resto la sentenza di prime cure;

la sentenza n. 1991/2006 della Corte d’appello di Torino veniva cassata da questa Corte, in accoglimento del ricorso (principale) della sig.ra M., con la sentenza n. 7502/2014, sul rilievo che la Corte subalpina era incorsa nel vizio di ultrapetizione, in quanto aveva sostituito l’effetto di giudicato richiesto dall’attrice (accertamento della comproprietà del cortile) con un effetto diverso (accertamento della proprietà esclusiva in favore di ognuna delle parti di una porzione inferiore del cortile stesso, ciascuna però gravata da servitù di “uso comune” in favore dell’altra);

con la suddetta sentenza n. 7502/2014 questa Corte rinviava la causa alla Corte torinese perchè quest’ultima si attenesse al principio di diritto che “ove sia domandato l’accertamento di un diritto autodeterminato, come la proprietà o altro diritto reale, identificandosi tale effetto con lo stesso diritto vantato e non con il contratto che sia stato dedotto per provarne l’esistenza, il giudice non può a cagione dell’interpretazione di tale contratto attribuire alla parte attrice un diritto reale diverso da quello oggetto della pretesa”;

con la sentenza n. 338/16, qui gravata (resa tra la sig.ra M. e il sig. S.G., erede di S.E., frattanto deceduta), la Corte d’appello di Torino ha interpretato il menzionato atto divisionale del 1944 in senso opposto a quello seguito dalla stessa Corte di appello con la sentenza n. 1991/2006, ritenendo, in conformità al primo giudice, che da tale atto emergesse l’inequivoca volontà dei condividenti di mantenere comune la proprietà dell’aia antistante i due fabbricati, “ad eccezione di una striscia di larghezza di mt. 2 parallela e coerente ai muri frontali dei fabbricati”; il giudice di rinvio, inoltre, ha confermato la statuizione con cui il Tribunale, accogliendo la reconventio reconventionis della sig.ra S., ha accertato l’esistenza di una servitù di passaggio gravante sull’aia censita ai mapp. (OMISSIS) e (OMISSIS) in favore dei mappali nn. (OMISSIS) e (OMISSIS) della stessa sig.ra S..

Con il primo motivo di ricorso, riferito all’art. 360 c.p.c., n. 3 la sig.ra M. deduce la violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale e, segnatamente, del canone di cui all’art. 1363 c.c., con riferimento alla pronuncia di accertamento della comproprietà dell’aia di cui ai mappali (OMISSIS) e (OMISSIS), per avere la Corte di merito dato prevalenza ad un mero patto secondario rispetto alla costituzione e assegnazione dei lotti, previsto nella seconda parte dell’atto notarile di divisione. Nel mezzo di impugnazione si addebita alla Corte territoriale di aver enucleato dal complesso dell’atto una frase contenuta nella condizione 1), relativa alla volontà di mantenere comune l’aia con esclusione di una striscia larga due metri parallela ai muri frontali dei fabbricati, senza porla a confronto con l’intero atto notarile, mirante invece alla costituzione e assegnazione dei lotti, così violando il principio secondo cui “le clausole del contratto si interpretano le une per mezzo delle altre, attribuendo a ciascuna il senso che risulta dal complesso dell’atto” (art. 1363 c.c.).

Il motivo non può trovare accoglimento. Al riguardo, occorre ribadire che le censure contenute nel ricorso per cassazione non possono risolversi nella mera contrapposizione tra l’interpretazione di parte ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata, poichè quest’ultima non deve essere l’unica astrattamente possibile ma solo una delle plausibili interpretazioni, sicchè, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni, non è consentito, alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito, dolersi in sede di legittimità del fatto che fosse stata privilegiata l’altra (tra le tante, Cass. n. 28319/17, Cass. n. 16987/18). Nel giudizio di legittimità, pertanto, non è censurabile l’approdo interpretativo cui è pervenuto il giudice territoriale ma, esclusivamente, la violazione dei canoni legali di ermeneutica negoziale (o l’omesso esame di fatti decisivi) che vizino il percorso argomentativo sulla cui base la prosa stato raggiunto (Cass. n. 14435/16). Nella specie, la Corte territoriale ha correttamente preso le mosse dal tenore letterale delle dichiarazioni negoziali, senza, tuttavia, fermarsi al loro senso letterale ma, al contrario, tenendo conto anche “della struttura della cascina, denominata “(OMISSIS)”, fatta a ferro di cavallo, con area cortilizia centrale che ne collega le parti e gli accessi e tettoie di servizio” e della “struttura dell’atto notarile, in cui risultano chiaramente distinte le porzioni immobiliari destinate ai due diversi lotti di proprietà separate e si fa espressa menzione della natura comune dell’aia, coerente anche con il tenore dell’atto amichevole del 1933”. La sentenza è quindi immune dal vizio lamentato del primo mezzo di impugnazione.

Con il secondo motivo di ricorso, riferito rispettivamente all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4 la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 183 c.p.c., commi 4 e 5, nel testo vigente ratione temporis, e conseguente violazione dell’art. 112 c.p.c., in cui la Corte di appello sarebbe incorsa non rilevando la inammissibilità della domanda della sig.ra S. di accertamento dell’esistenza della servitù di passaggio gravante sull’aia censita ai nn. (OMISSIS)-(OMISSIS) a favore dei propri mappali nn. (OMISSIS) e (OMISSIS). Tale domanda, si argomenta nel mezzo di ricorso, doveva essere giudicata tardiva, in quanto proposta in primo grado non nella udienza ex art. 183 c.p.c. ma soltanto con la prima memoria ex art. 183 c.p.c., comma 5 (nel testo anteriore alla riforma del 2005); decidendo nel merito una domanda non ritualmente proposta, prosegue la ricorrente, la Corte subalpina sarebbe altresì incorsa nel vizio di ultrapetizione.

Il motivo non può trovare accoglimento, in quanto pone una questione di inammissibilità della confessoria servitutis proposta dalla sig.ra S. in reconventio reconventionis, e accolta dal primo giudice con statuizione confermata nella sentenza di appello del 2006, senza che tale questione di inammissibilità sia stata rilevata nella sentenza di rinvio della Cassazione; trova quindi applicazione il principio che, In ragione del carattere chiuso del giudizio di rinvio, le questioni pregiudiziali che non siano state dedotte o rilevate in sede di legittimità, non possono essere esaminate nel procedimento di rinvio nè nel corso del controllo di legittimità a cui le parti sottopongono la sentenza del giudice di rinvio (in termini, ex multis, Cass. 6292/16).

Il ricorso principale va quindi, in definitiva, rigettato.

Con l’unico motivo di ricorso incidentale, riferito all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 il sig. S.G. ha lamentato la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., in cui il giudice di rinvio sarebbe incorso compensando parzialmente le spese di lite sul rilevo la base della ritenuta – ma di fatto insussistente, secondo il ricorrente incidentale – soccombenza parziale della sig.ra S..

Il ricorso incidentale è inammissibile per omessa esposizione dei fatti di causa nel controricorso (cfr. pag. 1 del controricorso: “vista l’ampia ed esaustiva relazione svolta da controparte circa le varie fasi del presente giudizio, il signor S.G. ritiene opportuno non dilungarsi in una ulteriore esposizione dei precedenti giudizi”). Questa Corte ha infatti avuto modo di chiarire (cfr. Cass. n. 18483/15) che: “Nel giudizio di cassazione, l’autosufficienza del controricorso, assolvendo alla sola funzione di contrastare l’impugnazione altrui, è assicurata, ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 2, che richiama l’art. 366 c.p.c., comma 1, anche quando l’atto non contenga l’autonoma esposizione sommaria dei fatti della causa, ma si limiti a fare riferimento ai fatti esposti nella sentenza impugnata ovvero alla narrazione di essi contenuta nel ricorso. Tuttavia, l’atto, quando racchiuda anche un ricorso incidentale, deve contenere, in ragione della sua autonomia rispetto al ricorso principale, l’esposizione sommaria dei fatti della causa ai sensi del combinato disposto dell’art. 371 c.p.c., comma 3 e art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, sicchè è inammissibile ove si limiti ad un mero rinvio all’esposizione contenuta nel ricorso principale e non sia possibile, nel contesto dell’impugnazione, rinvenire gli elementi indispensabili per una precisa cognizione dell’origine e dell’oggetto della controversia, dello svolgimento del processo e delle posizioni assunte dalla parti, senza necessità di ricorso ad altre fonti”.

In definitiva il ricorso principale va rigettato e quello incidentale va dichiarato inammissibile.

La reciproca soccombenza conseguente al mancato accoglimento dell’impugnazione principale di quella incidentale giustifica l’integrale compensazione delle spese del giudizio di legittimità.

Deve altresì darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, sia da parte della ricorrente principale che da parte del ricorrente incidentale, del raddoppio del contributo unificato D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, ex art. 13, comma 1 quater, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile il ricorso incidentale. Compensa tra le parti le spese del giudizio di legittimità.

Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, sia da parte della ricorrente principale che da parte del ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, il 28 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 settembre 2020

 

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