Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19939 del 21/09/2010

Cassazione civile sez. lav., 21/09/2010, (ud. 08/07/2010, dep. 21/09/2010), n.19939

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE LUCA Michele – Presidente –

Dott. DI CERBO Vincenzo – Consigliere –

Dott. NOBILE Vittorio – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, viale Mazzini n. 134,

presso lo studio dell’avv. Fiorillo Luigi, che la rappresenta e

difende per procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

D.E., elettivamente domiciliata in Roma via Reno n.

21, presso lo studio dell’avv. RIZZO Roberto, che lo rappresenta e

difende per procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5547/2005 della Corte d’appello di Roma,

depositata in data 12/10/2005; R.G.N. 7411/04;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza

dell’8.7.2010 dal Consigliere dott. Giovanni Mammone;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.

FINOCCHI GHERSI Renato che ha concluso per l’accoglimento del

ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con sentenza del Tribunale di Roma veniva accolta la domanda di D.E. di dichiarare la nullita’ dell’apposizione del termine all’assunzione alle dipendenze di Poste Italiane s.p.a., disposta in suo favore per i periodi: a) 13.10.97 – 31.1.98, b) 8.6 – 30.9.98, c) 27.10.98 – 30.1.99 (con proroga al 30.4.99), motivata per il primo ed il terzo periodo (a-c) da “esigenze eccezionali conseguenti alla fase di ristrutturazione e rimodulazione degli assetti occupazionali in corso, in ragione della graduale introduzione di nuovi processi produttivi, di sperimentazione di nuovi servizi e in attesa dell’attuazione del progressivo e completo equilibrio sul territorio delle risorse umane”, ex art. 8 del ccnl 26.11.94 come integrato dall’accordo sindacale 25.9.97, e per il secondo periodo dalla “necessita’ di espletamento del servizio in concomitanza di assenza per ferie nel periodo – giugno settembre”, ex art. 8, comma 2, del ccnl 26.11.94.

Il giudice dichiarava che a decorrere dal 13.10.97 era sorto il rapporto di lavoro a tempo determinato e disponeva la riammissione in servizio della dipendente, condannando il datore a corrispondere le retribuzioni a decorrere dalla costituzione in mora (10.1.01).

2. Proposto appello da Poste Italiane s.p.a., la Corte d’appello di Roma con sentenza depositata in data 12.10.05 rigettava l’impugnazione con riferimento a tutti e tre i contratti.

La Corte di merito rilevava che — pur nell’ambito del sistema della L. n. 56 del 1987, art. 23 che aveva delegato le oo.ss. a individuare nuove ipotesi di assunzione a termine con la contrattazione collettiva – il datore avrebbe dovuto fornire la prova delle concrete esigenze eccezionali o di sostituzione dei lavoratori in ferie, con riferimento al posto effettivamente ricoperto con i contratti a termine. Il mancato soddisfacimento di tale onere probatorio giustificava la dichiarazione di nullita’ del termine apposto all’assunzione. Per il terzo contratto, inoltre, evidenziava che il termine era stato apposto per un periodo cadente oltre 30.4.98, che costituiva il limite temporale oltre il quale la contrattazione collettiva non legittimava la stipula di ulteriori contratti a tempo determinato.

3. Avverso questa sentenza Poste Italiane proponeva ricorso per cassazione, cui D. rispondeva con controricorso illustrato con memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

4. Il ricorso e’ fondato nei limiti di seguito indicati.

La soc. Poste Italiane propone tre motivi di ricorso che possono essere sintetizzati come segue.

4.1.- violazione della L. n. 230 del 1962, della L. n. 56 del 1987, art. 23 e dell’art. 1362 c.c. e segg. sotto un duplice profilo: in quanto detto art. 23 non ha posto alcun vincolo oggettivo alle causali di fonte collettiva e, in particolare, non impone che la situazione di fatto elevata pattiziamente a fattispecie legittimante l’apposizione del termine debba essere necessariamente correlata con una temporanea assenza dal lavoro di altro personale (primo e secondo motivo).

4.2.- violazione delle normativa in materia di messa in mora e corrispettivita’ delle prestazioni, sottolineandosi che l’attrice avrebbe diritto a titolo risarcitorio alle retribuzioni solo dal momento dell’effettiva ripresa del servizio e che erroneamente il giudice di merito non ha considerato l’eventualita’ che controparte possa avere svolto altre attivita’ lavorative tanto da consentire la deduzione dell’aliunde perceptum da quanto dovuto dal datore a titolo di risarcimento (motivo terzo).

5. I primi due motivi, da trattare in unico contesto per l’evidente collegamento tra di essi esistente, sono fondati nei limiti che seguono.

5.1.- Quanto al contratto a termine indicato sub 1, lett. b), la giurisprudenza di questa Corte (Cass. 2.3.07 n. 4933), decidendo su una fattispecie inerente l’ipotesi di assunzione a tempo determinato prevista dall’art. 8, comma 2, del c.c.n.l. 26.11.94 dei lavoratori postali “per necessita’ di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie nel periodo giugno/settembre” ha cassato la sentenza di merito che aveva affermato la sussistenza dell’obbligo di indicare nel contratto a termine il nome del lavoratore sostituito avendo ritenuto la sussistenza di una violazione di norme di diritto e di un vizio di interpretazione della normativa collettiva.

Infatti, l’ipotesi di contratto a termine introdotta dalla contrattazione collettiva e’ del tutto autonoma rispetto alla previsione legale del termine apposto per sostituire dipendenti assenti per ferie prevista dalla L. n. 230 del 1962, in considerazione del principio (Cass. S.u., 2.3.06 n. 4588) che la L. 28 febbraio 1987, n. 56, art. 23 che demanda alla contrattazione collettiva la possibilita’ di individuare – oltre le fattispecie tassativamente previste dalla L. 18 aprile 1962, n. 230, art. 1 – nuove ipotesi di apposizione di un termine alla durata del rapporto di lavoro, configura una vera e propria delega in bianco a favore dei sindacati. Questi ultimi, pertanto, senza essere vincolati alla individuazione di figure di contratto a termine comunque omologhe a quelle previste per legge, possono legittimare il ricorso al contratto di lavoro a termine per causali di carattere “oggettivo” ed anche – alla stregua di esigenze riscontrabili a livello nazionale o locale – per ragioni di tipo meramente “soggettivo”, consentendo (vuoi in funzione di promozione dell’occupazione o anche di tutela delle fasce deboli di lavoratori) l’assunzione di speciali categorie di lavoratori, costituendo anche in questo caso l’esame congiunto delle parti sociali sulle necessita’ del mercato del lavoro idonea garanzia per i suddetti lavoratori e per una efficace salvaguardia dei loro diritti.

L’art. 8, comma 2, del c.c.n.l. 26.11.94, per il quale “l’Ente potra’ valersi delle prestazioni di personale con contratto a termine …

anche nei seguenti casi: necessita’ di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie nel periodo giugno – settembre …”, usando una formula diversa da quella della L. n. 230 del 1962 testimonia che le parti stipulanti considerano questa ipotesi di assunzione a termine, in ragione dell’uso dell’espressione in concomitanza, sempre sussistente nel periodo stabilito (giugno – settembre). Altre decisioni (cfr. Cass. 6.12.05 n. 26678) hanno, inoltre, confermato le decisioni di merito che, decidendo sulla stessa fattispecie, avevano ritenuto l’ipotesi di contratto a termine introdotta dalla contrattazione collettiva autonoma rispetto alla previsione legale del termine apposto per sostituire dipendenti assenti per ferie e avevano interpretato l’autorizzazione conferita dal contratto collettivo nel senso che l’unico presupposto per la sua operativita’ fosse costituita dalla assunzione nel periodo in cui, di norma, i dipendenti fruiscono delle ferie.

5.2.-. Quanto ai contratti indicati al n. 1 sub a) e c), che risultano stipulati ex art. 8 del ccnl 26.11.94, come integrato dall’accordo 26.9.97, per “esigenze eccezionali conseguenti alla fase di ristrutturazione ecc”, a detti motivi puo’ rispondersi come segue.

In considerazione della delega in bianco conferita alla contrattazione collettiva dalla L. n. 57 del 1986, art. 23 sopra menzionata, per l’individuazione di figure di contratto a termine comunque omologhe a quelle previste per legge, le parti sindacali hanno individuato, quale nuova ipotesi di contratto a termine, quella di cui all’accordo integrativo del 25.9.97.

La giurisprudenza ritiene corretta l’interpretazione dei giudici di merito che, con riferimento al distinto accordo attuativi) sottoscritto in pari data ed al successivo accordo attuativo sottoscritto in data 16.1.98, ha ritenuto che con tali accordi le parti abbiano convenuto di riconoscere la sussistenza fino al 31.1.98 (e poi in base al secondo accordo attuativo, fino al 30.4.98), della situazione di fatto integrante le esigente eccezionali menzionate dal detto accordo integrativo. Consegue che per far fronte alle esigenze derivanti da tale situazione l’impresa poteva procedere (nei suddetti limiti temporali) ad assunzione di personale straordinario con contratto tempo e che l’esistenza di dette esigenze costituisse presupposto essenziale della pattuizione negoziale; da cio’ deriva che deve escludersi la legittimita’ dei contratti a termine stipulati dopo il 30 aprile 1998 in quanto privi di presupposto normativo.

In altre parole, dato che le parti collettive avevano raggiunto originariamente un’intesa priva di termine ed avevano successivamente stipulato accordi attuativi che avevano posto un limite temporale alla possibilita’ di procedere con assunzioni a termine, fissato inizialmente al 31.1.98 e successivamente al 30.4.98, l’indicazione di tale causale nel contratto a termine legittima l’assunzione solo ove il contratto scada in data non successiva al 30.4.98 (v., ex plurimis, Cass. 23.8.06 n. 18378).

La giurisprudenza ha, altresi’, ritenuto corretta, nella ricostruzione della volonta’ delle parti come operata dai giudici di merito, l’irrilevanza attribuita all’accordo 18.1.01 in quanto stipulato dopo oltre due anni dalla scadenza dell’ultima proroga, e cioe’ quando il diritto del soggetto si era gia’ perfezionato.

Ammesso che le parti avessero espresso l’intento di interpretare autenticamente gli accordi precedenti, con effetti comunque di sanatoria delle assunzioni a termine effettuate senza la copertura dell’accordo 25.9.97 (scaduto in forza degli accordi attuativi), la suddetta conclusione e’ comunque conforme alla regula iuris dell’indisponibilita’ dei diritti dei lavoratori gia’ perfezionatisi, dovendosi escludere che le parti stipulanti avessero il potere, anche mediante lo strumento dell’interpretazione autentica (previsto solo per lo speciale settore del lavoro pubblico, secondo la disciplina nel D.Lgs. n. 165 del 2001), di autorizzare retroattivamente la stipulazione di contratti a termine non piu’ legittimi per effetto della durata in precedenza stabilita (vedi, per tutte, Cass. 12.3.04 n. 5141).

Conseguentemente, i contratti scadenti (o comunque stipulati) al di fuori di tale limite sono illegittimi in quanto non rientranti nel complesso legislativo – collettivo costituito dalla L. 28 febbraio 1987, n. 56, art. 23 e dalla successiva legislazione collettiva che consente la deroga alla L. n. 230 del 1962.

6. Tirando le conclusioni, mentre il contratto stipulato per l’espletamento del servizio in concomitanza del godimento delle ferie (indicato al n. 1 sub b) deve essere considerato legittimo perche’ non soggetto ai condizionamenti indicati dal giudice di merito, per i contratti stipulati per “esigenze eccezionali ecc.” (indicati al n. 1 sub a e c), e’ legittimo il termine apposto al contratto stipulato nel primo caso (periodo 13.10.97 – 31.1.98), ma non quello apposto al secondo contratto (periodo 27.10.98 – 30.1.99).

7. E’ infondato, invece, il terzo motivo.

Quanto ai profili economici conseguenti deve rilevarsi che la Corte d’appello, nel confermare sul punto la sentenza di primo grado, ha affermato che il lavoratore ha diritto alla retribuzione solo per i periodi per i quali ha provato di essersi tenuto a disposizione della societa’ ed ha condannato quest’ultima a corrispondere la retribuzione alla dipendente dal 10.1.01, data della costituzione in mora del datore.

Tale pronunzia e’ conforme alla giurisprudenza di questa Corte (cfr.

Cass. S.u. 8.10.02 n. 14381 nonche’, da ultimo, Cass. 13.4.07 n. 8903) che, con riferimento all’ipotesi della trasformazione in unico rapporto di lavoro a tempo indeterminato di piu’ contratti a termine succedutisi tra le stesse parti, per effetto dell’illegittimita’ dell’apposizione dei termini, o comunque dell’elusione delle disposizioni imperative della L. n. 230 del 1962 ha affermato che il dipendente che cessa l’esecuzione delle prestazioni alla scadenza del termine previsto puo’ ottenere il risarcimento del danno subito a causa dell’impossibilita’ della prestazione derivante dall’ingiustificato rifiuto del datore di lavoro di riceverla — in linea generale in misura corrispondente a quella della retribuzione — qualora provveda a costituire in mora lo stesso datore di lavoro ai sensi dell’art. 1217 c.c..

In ogni caso la fissazione della data di costituzione in mora e’ frutto di un accertamento di fatto compiuto dal giudice di merito, in questa sede non contestabile.

Quanto alla rilevanza dei redditi percepiti nello svolgimento di altre attivita’ lavorative successivamente alla cessazione del rapporto, sarebbe stato onere del datore di lavoro allegare dati di fatto e circostanze a fondamento dell’eccezione in punto di percezione di tali redditi.

7. In conclusione il primo ed il secondo motivo di ricorso sono fondati per la parte in cui sostengono la legittimita’ dei contratti 13.10.97 – 31.1.98 e 8.6 – 30.9.98 (indicati sub 1, lett a e b); sono invece infondati per quanto riguarda il terzo contratto.

Cassata la sentenza impugnata nei limiti dell’accoglimento, non essendo necessario alcun ulteriore accertamento di fatto, puo’ provvedersi nel merito rigettando la domanda quanto ai primi due contratti e dichiarando che il rapporto di lavoro subordinato della D. decorre dalla data del 27.10.98, da cui ha avuto corso l’unico contratto affetto da nullita’, ferme le gia’ adottate pronunzie consequenziali.

8. In ragione della parziale soccombenza della originaria ricorrente, le spese del primo grado e quelle del giudizio di legittimita’ debbono essere compensate nella misura di un mezzo, mentre per il rimanente, nella misura liquidata in dispositivo, sono a carico di Poste Italiane s.p.a..

Deve essere, invece, lasciata ferma la pronunzia adottata dalla Corte d’appello di compensazione delle spese del secondo grado, non risultando essa impugnata sul punto.

Per la quantificazione deve essere lasciata ferma la liquidazione effettuata dai giudici di primo grado, mentre per il presente giudizio di legittimita’ deve statuirsi come da dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE cosi’ provvede:

– accoglie parzialmente il ricorso;

– cassa la sentenza impugnata nei limiti dell’accoglimento e, provvedendo nel merito, rigetta la domanda con riferimento ai contratti 13.10.97 – 31.1.98 e 8.6 – 30.9.98, dichiarando che il rapporto di lavoro subordinato decorre dal 27.10.98;

– compensa le spese del giudizio di primo grado nella misura della meta’, ferma restando la liquidazione gia’ effettuata dal Tribunale;

– compensa le spese del giudizio di legittimita’ nella misura della meta’ e pone il rimanente a carico di Poste Italiane s.p.a. nella misura di Euro 22,00 per esborsi e di Euro 1.000,00 per onorari, oltre spese generali, Iva e Cpa.

Cosi’ deciso in Roma, il 8 luglio 2010.

Depositato in Cancelleria il 21 settembre 2010

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