Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19937 del 13/07/2021

Cassazione civile sez. I, 13/07/2021, (ud. 03/06/2021, dep. 13/07/2021), n.19937

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 20639/2020 r.g. proposto da:

O.E., (cod. fisc. (OMISSIS)), rappresentato e difeso, giusta

procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avvocato Andrea

Camprini, presso il cui studio è elettivamente domiciliato in

Ravenna, Via della Lirica n. 43.

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (cod. fisc. (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore il Ministro.

– resistente –

avverso il decreto del Tribunale di Bologna, depositato in data

28.6.2020;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

3/6/2021 dal Consigliere Dott. Roberto Amatore.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. Con il decreto impugnato il Tribunale di Bologna ha respinto la domanda di protezione internazionale ed umanitaria avanzata da O.E., cittadino nigeriano, dopo il diniego di tutela da parte della locale commissione territoriale, confermando, pertanto, il provvedimento reso in sede amministrativa.

Il tribunale ha ricordato, in primo luogo, la vicenda personale del richiedente asilo, secondo quanto riferito da quest’ultimo; egli ha infatti narrato: i) di essere nato a (OMISSIS); ii) di essere stato costretto a fuggire dal suo paese perché minacciato da una setta cultista (Aromate), in seguito alla denuncia di furto sporta da lui ricorrente nei confronti di uno degli adepti della setta.

Il tribunale ha ritenuto che: a) non erano fondate le domande volte al riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, del D.Lgs. n. 251 del 2007, sub art. 14, lett. a e b, in ragione della complessiva valutazione di non credibilità del racconto, che risultava, per molti aspetti, non plausibile, lacunoso e generico ed anche perché il ricorrente non aveva neanche avanzato richiesta di riconoscimento dello status di rifugiato; b) non era fondata neanche la domanda di protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c, in ragione dell’assenza di un rischio-paese riferito alla Nigeria, stato di provenienza del richiedente, collegato ad un conflitto armato generalizzato; c) non poteva accordarsi tutela neanche sotto il profilo della richiesta protezione umanitaria, posto che la valutazione di non credibilità escludeva tale possibilità e perché il ricorrente non aveva dimostrato un saldo radicamento nel contesto sociale italiano né una condizione di soggettiva vulnerabilità.

2. Il decreto, pubblicato il 28.6.2020, è stato impugnato da O.E. con ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.

L’amministrazione intimata non ha svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, in relazione al giudizio di non credibilità del racconto.

2. Con il secondo mezzo si deduce violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, comma 2 e art. 14, lett. b, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva il ricorrente, che in relazione al diniego dell’invocata protezione sussidiaria sub art. 14, lett. b e lett. c, sopra citato, occorreva che il tribunale attivasse i suoi poteri istruttori officiosi, con ciò incorrendo nella lamentata violazione di legge.

3. Il ricorrente propone inoltre un terzo motivo di censura con il quale denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, vizio di violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, in relazione al diniego della richiesta protezione umanitaria.

4. Prima di esaminare i motivi di doglianza proposti dalla parte ricorrente, la Corte rileva la nullità della procura alle liti apposta al ricorso, con conseguente declaratoria di inammissibilità di quest’ultimo.

Occorre invero ricordare che le Sezioni Unite civili, pronunciando su questione di massima di particolare importanza oggetto di contrasto in tema di protezione internazionale (cfr. sent. n. 15177 del 1.6.2021), hanno affermato che il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 13, nella parte in cui prevede che “La procura alle liti per la proposizione del ricorso per cassazione deve essere conferita, a pena di inammissibilità del ricorso, in data successiva alla comunicazione del decreto impugnato; a tal fine il difensore certifica la data di rilascio in suo favore della procura medesima” richiede, quale elemento di specialità rispetto alle ordinarie ipotesi di rilascio della procura speciale regolate dagli artt. 83 e 365 c.p.c., il requisito della posteriorità della data rispetto alla comunicazione del provvedimento impugnato, prevedendo una speciale ipotesi di “inammissibilità del ricorso”, nel caso di mancata certificazione della data di rilascio della procura in suo favore da parte del difensore. Nella procura predetta, pertanto, deve essere contenuta in modo esplicito l’indicazione della data successiva alla comunicazione del provvedimento impugnato ed il difensore può certificare, anche solo con una unica sottoscrizione, sia la data della procura successiva alla comunicazione che l’autenticità della firma del conferente. Tale interpretazione della portata precettiva della norma citata – hanno chiarito le SS.UU. cit. supra – risulta compatibile con il quadro del diritto dell’Unione Europea e con i principi di diritto costituzionale nonché della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo.

Facendo applicazione dei principi di diritto qui ricordati (e riaffermati), il ricorso per cassazione proposto dal ricorrente è dunque inammissibile.

Nel caso di specie, infatti, la procura speciale rilasciata al difensore in calce al ricorso per cassazione su foglio congiunto – pur dettagliata nel contenuto con indicazione del decreto di rigetto adottato dalla sezione specializzata in materia di immigrazione del Tribunale di Bologna e della sua data e pur recando, accanto alla firma del conferente la data di rilascio della procura successiva a quella del decreto impugnato – non contiene alcuna espressione dalla quale risulti che il difensore abbia inteso certificare che la data di conferimento della procura sia stata successiva alla comunicazione provvedimento impugnato, recando unicamente l’autenticazione della firma. Non occorre provvedere sulle spese, non essendosi costituita la parte intimata.

Il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, in caso di declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione conseguente alla mancata presenza, all’interno della procura speciale, della data o della certificazione del difensore della sua posteriorità rispetto alla comunicazione del provvedimento impugnato, va posto a carico della parte ricorrente e non difensore, risultando la procura affetta da nullità e non da inesistenza (cfr. sempre ss.uu., n. 15177/2021, cit. supra).

PQM

dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 3 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 13 luglio 2021

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