Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19934 del 29/09/2011

Cassazione civile sez. I, 29/09/2011, (ud. 28/04/2011, dep. 29/09/2011), n.19934

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente –

Dott. SCHIRO’ Stefano – rel. Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

D.G.F., elettivamente domiciliato in Roma, via

Nicastro 3, presso l’avv. Carlo Voccia, rappresentato e difeso

dall’avv. Crisci Lucio per procura in atti;

– ricorrente –

contro

ANAS s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore,

domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura

generale dello Stato, che la rappresenta e difende per legge;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte di appello di Napoli n. 2318/04 del 7

luglio 2004.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 28

aprile 2011 dal relatore, cons. Stefano Schirò;

udito, per il ricorrente, l’avv. Lucio Crisci, che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del sostituto procuratore generale, dott.

RUSSO Rosario Giovanni che ha concluso chiedendo dichiararsi

inammissibile o, in subordine, rigettarsi il ricorso per manifesta

infondatezza.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

D.G.F. ricorre per cassazione nei confronti di ANAS s.p.a., con due motivi e memoria, avverso la sentenza n. 2318/2004 in data 7 luglio 2004 con la quale la Corte di appello di Napoli ha rigettato l’appello dal medesimo proposto contro la sentenza di primo grado, che aveva respinto la sua opposizione alla stima e la conseguente domanda di determinazione dell’indennità di espropriazione di un fondo agricolo di sua proprietà. A fondamento della decisione la Corte di merito ha ritenuto infondato il gravame proposto avverso la sentenza di primo grado che aveva respinto l’opposizione alla stima, rilevando che il consulente tecnico di ufficio aveva correttamente determinato l’indennità di espropriazione sulla base delle colture effettivamente praticate e dei valori agricoli medi attribuiti dall’Ufficio tecnico erariale di Benevento per la Regione agraria n. (OMISSIS), valevoli alla data di emissione del decreto, e che legittimamente il Tribunale aveva fatto propria tale misura dell’indennità, non esistendo elementi atti a far dubitare dell’esattezza della stessa o comunque idonei a indurre al compimento di ulteriori accertamenti, tenuto anche conto dell’automaticità della determinazione dell’indennità. La Corte di merito ha inoltre confermato la dichiarazione d’inammissibilità di pagamento dell’indennità di occupazione, già rilevata dal primo giudice, in quanto tardivamente proposta per la prima volta in sede di precisazione delle conclusioni ed ha ritenuto invece tempestiva la domanda di risarcimento per il degrado della residua parte di fondo non espropriato, ma l’ha respinta per non avere l’appellante dedotto nè provato l’esistenza del danno. Resiste con controricorso l’ANAS s.p.a..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente va disattesa l’eccezione di inammissibilità del controricorso sollevata dal ricorrente nella memoria depositata ex art. 378 c.p.c., per essere stato il controricorso stesso notificato oltre il termine di legge decorrente dalla notifica del ricorso per cassazione. Infatti la notifica del ricorso per cassazione del D. G., effettuata presso l’Avvocatura distrettuale anzichè presso l’Avvocatura generale dello Stato, è nulla, anche se la nullità è sanata ex tunc dalla costituzione in giudizio dell’Amministrazione rappresentata dall’Avvocatura generale, ma in tal caso il controricorso è ammissibile anche se proposto oltre il termine previsto dall’art. 370 c.p.c. (Cass. 1997/1501; 1999/5584;

2005/20000). Con il primo motivo il ricorrente, denunciando vizio di motivazione, si duole che la Corte di merito abbia completamente obliterato le istanze istruttorie volte alla rinnovazione o all’integrazione della consulenza tecnica d’ufficio ai fini della rideterminazione dell’indennità di espropriazione, sebbene il consulente tecnico di ufficio avesse stabilito tale indennità facendo applicazione del criterio dell’edificabilità di fatto, da ritenersi invece non più utilizzabile in seguito al mutamento dell’orientamento giurisprudenziale, che avrebbe dovuto indurre il giudice dell’opposizione alla stima a procedere alla liquidazione dell’indennità avendo riguardo alla natura agricola dell’area espropriata.

Con il secondo motivo il ricorrente si duole che la Corte di appello non abbia riconosciuto il danno per il degrado della residua parte del fondo agricolo rimasto nella sua disponibilità.

Esaminati congiuntamente i due motivi, in quanto attinenti a questioni strettamente connesse, il ricorso merita accoglimento.

Il ricorrente, con i due motivi di censura, ha criticato i criteri seguiti dai giudici di merito per determinare l’indennità di espropriazione del fondo agricolo di sua proprietà e la misura della stessa indennità, come stabilita all’esito del doppio grado del giudizio di merito.

Con recente sentenza n. 181 del 2011, la Corte costituzionale ha dichiarato la illegittimità costituzionale – per contrasto con l’art. 117 Cost., comma 1, in relazione all’art. 1 del primo protocollo addizionale della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, nell’interpretazione datane dalla Corte di Strasburgo, e con l’art. 42 Cost., comma 3 – del D.L. n. 333 del 1992, art. 5 bis, comma 4, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 359 de 1992, in combinato disposto con la L. n. 865 del 1971, art. 15, comma 1, secondo periodo, e art. 16, commi 5 e 6, come sostituiti dalla L. n. 10 del 1977, art. 14 in quanto la censurata normativa prevede che l’indennità di espropriazione per le aree agricole e per le aree non suscettibili di classificazione edificatoria sia commisurata ad un valore – quello agricolo medio della coltura in atto o di quella più redditizia nella regione agraria di appartenenza dell’area da espropriare, annualmente calcolato da apposite commissioni provinciali – che prescinde dall’area oggetto del procedimento espropriativo ed ignora ogni dato valutativo inerente ai requisiti specifici del bene. In particolare, alla stregua della citata sentenza della Corte costituzionale, deve ritenersi che:

– restano in tal modo trascurate le caratteristiche di posizione del suolo, il valore intrinseco del terreno (che non si limita alle colture in esso praticate, ma consegue anche alla presenza di elementi come l’acqua, l’energia elettrica, l’esposizione), la maggiore o minore perizia nella conduzione del fondo e quant’altro può incidere sul valore venale di esso;

– il criterio ha dunque un carattere inevitabilmente astratto che elude il ragionevole legame con il valore di mercato del bene ablato, prescritto dalla Corte di Strasburgo e coerente con il serio ristoro richiesto dalla giurisprudenza costituzionale;

– fermo restando che il legislatore non ha il dovere di commisurare integralmente l’indennità di espropriazione al valore di mercato e che non sempre è garantita dalla CEDU una riparazione integrale, l’esigenza di effettuare una valutazione di congruità dell’indennizzo espropriativo, determinato applicando eventuali meccanismi di correzione sul valore di mercato, impone che quest’ultimo sia assunto quale termine di riferimento dal legislatore, in guisa da garantire il giusto equilibrio tra l’interesse generale e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali degli individui.

La sentenza impugnata, che ha fondato la determinazione dell’indennità di espropriazione su norme dichiarate costituzionalmente illegittime, deve essere pertanto annullata e la causa va rinviata ad altro giudice, che si individua nella Corte di appello di Napoli in diversa composizione, che riesaminerà il gravame alla luce dei principi enunciati nella citata sentenza della Corte costituzionale n. 181 del 2011 e regolerà anche le spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Napoli in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camere di consiglio, il 28 aprile e il 8 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 29 settembre 2011

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