Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19933 del 23/09/2020

Cassazione civile sez. trib., 23/09/2020, (ud. 14/01/2020, dep. 23/09/2020), n.19933

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. PERRINO A.M. – Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo M. – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –

Dott. DINAPOLI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 10181/2013 R.G. proposto da:

Agenzia delle entrate in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

Pastificio Ambra di Puglia s.p.a. in liquidazione;

– intimata –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Puglia n. 16/11/2012, depositata il 24 febbraio 2012.

Udita la relazione svolta dal Consigliere Marco Dinapoli nella camera

di consiglio del 14 gennaio 2020.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Pastificio Ambra di Puglia s.p.a. in liquidazione ricorreva in primo grado avverso una cartella esattoriale emessa a seguito di liquidazione automatizzata D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis per carenti versamenti II.DD. ed Iva anno di imposta 2005.

La Commissione tributaria provinciale di Bari accoglieva parzialmente il ricorso, limitatamente al recupero dell’Iva per l’importo di Euro 281.796,00, con sentenza n. 11/12/2010, avverso cui l’Agenzia delle entrate proponeva appello.

La Commissione tributaria regionale della Puglia, con la sentenza indicata in epigrafe, confermava la sentenza di primo grado, ritenendo che il recupero dell’Iva effettuato mediante controllo automatizzato della dichiarazione non trovasse “il necessario supporto attraverso il riscontro cartolare”.

Ricorre per cassazione l’Agenzia delle entrate con un solo motivo articolato e chiede annullarsi la sentenza impugnata, con ogni consequenziale statuizione anche in ordine alle spese.

La contribuente non si costituisce in giudizio.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate denunzia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54,D.Lgs. n. 241 del 1997, art. bis 17 e art. 2697 c.c., nonchè omessa motivazione (in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5).

1.1- La ricorrente premette che la parte ha esposto nella dichiarazione Iva 2005 un credito di Euro 709.014, ha dichiarato di avere effettuato compensazioni per Euro 528.304, ed ha infine compensato con i modd. F24 crediti per Euro 822.826,00 eccedenti quelli reali, come emerso dal controllo automatizzato e come documentato in causa con prospetti prodotti in primo grado e qui riproposti.

1.2- La sentenza impugnata avrebbe violato il D.Lgs. n. 241 del 1997, art. 17 che consente di utilizzare nei modelli F24 importi a credito per compensare quelli a debito, nel presupposto però che gli importi a credito vengano esposti in dichiarazione per lo stesso ammontare. Avrebbe violato anche il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis perchè ha ritenuto che l’Agenzia delle entrate, nel liquidare la dichiarazione 2005 avrebbe dovuto considerare il risultato contabile della dichiarazione Iva dell’anno precedente, mentre invece il credito 2004 era stato indicato da controparte al rigo VL22 della dichiarazione fatta per quell’anno, per cui non era in contestazione, a differenza delle compensazioni effettuate dal contribuente per l’anno 2005. Avrebbe violato infine l’art. 2697 c.c. perchè non avrebbe applicato correttamente i principi sull’onere della prova, gravando sul contribuente l’onere di provare la spettanza delle compensazioni operate, in misura superiore a quelle da lui stesso dichiarate.

1.3- La sentenza impugnata inoltre manifesterebbe una vistosa omissione motivazionale per avere affermato che la liquidazione dell’imposta fosse priva del “necessario supporto attraverso il riscontro cartolare”, che invece era stato fornito in causa mediante il deposito dei prospetti contabili sopra menzionati, di cui però la sentenza non dà alcun conto.

2.- Il ricorso è fondato. Il D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54 bis prevede che la liquidazione dell’imposta dovuta dal dichiarante possa essere effettuata dall’Amministrazione finanziaria con procedura automatizzata, mediante riscontro incrociato fra i versamenti effettuati dal contribuente a titolo di acconto e di conguaglio e i dati contabili dallo stesso esposti nella dichiarazione; si tratta di una mera operazione contabile.

2.1- Nel caso in esame, secondo la prospettazione dell’Amministrazione finanziaria, il controllo automatico evidenzierebbe che il credito Iva utilizzato in compensazione è maggiore di quello dichiarato dallo stesso contribuente, onde l’emissione di cartella esattoriale per il recupero dell’eccedenza.

2.2- Sulla correttezza del calcolo la sentenza impugnata però non si pronunzia, ed omette anche di esaminare i prospetti contabili prodotti a sua giustificazione dall’Agenzia delle entrate, ed applica perciò erroneamente la normativa di cui parte ricorrente lamenta la violazione.

2.3- In particolare, la decisione di merito incorre in errore nell’applicazione delle norme sulla ripartizione fra le parti dell’onere della prova. Infatti, la liquidazione dell’imposta è stata effettuata sulla base dei dati contabili esposti dallo stesso contribuente, risultandone un’eccedenza delle somme compensate rispetto a quelle versate. L’onere probatorio a carico dell’Agenzia delle entrate, pertanto, è stato soddisfatto mediante la produzione in causa dei prospetti da cui emergeva l’eccedenza, che la Commissione tributaria regionale ha omesso di valutare nonostante la loro capacità dimostrativa ai fini della decisione. Gravava invece sul contribuente l’onere di giustificare l’eccedenza, trattandosi di una circostanza invocata a sostegno dell’eccezione di non debenza della somma eccedente. Ma sull’adempimento a detto onere la sentenza impugnata è del tutto silente.

3.- Si rende pertanto necessario il rinnovo del giudizio di merito, con una rivalutazione dei fatti di causa in conformità ai principi sopra esposti, che non può essere effettuata in sede di legittimità.

4.- In conclusione, per effetto delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere accolto e la sentenza impugnata cassata con rinvio al giudice a quo, cui si rimette anche la liquidazione delle spese ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 3.

PQM

la Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Puglia, in diversa composizione, per un nuovo giudizio, anche sulle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 14 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 settembre 2020

 

 

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