Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19932 del 29/09/2011

Cassazione civile sez. I, 29/09/2011, (ud. 11/04/2011, dep. 29/09/2011), n.19932

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARNEVALE Corrado – Presidente –

Dott. SALME’ Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 8295-2006 proposto da:

T.J., T.N., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA EMILIO DE’ CAVALIERI 11, presso l’avvocato LANA MARIO, che

li rappresenta e difende unitamente agli avvocati LANA ANTON GIULIO,

MELILLO MARIO, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI, in persona del Ministro pro tempore,

AMBASCIATA D’ITALIA A TIRANA (ALBANIA), in persona dell’Ambasciatore

pro tempore, domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 304/2005 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 24/01/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/04/2011 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE SALME’;

udito, per i ricorrenti, l’Avvocato M. MELILLO che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito, per i controricorrenti, l’Avvocato MARINA RUSSO (Avvocatura)

che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAMBARDELLA Vincenzo che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 24 gennaio 2005 la corte d’appello di Roma ha rigettato la domanda di riconoscimento ai sensi della L. n. 218 del 1995, art. 67 della sentenza del tribunale del distretto di Tirana in data 24 aprile 1997 con la quale, in accoglimento della domanda proposta da N. e T.J., l’Ambasciata d’Italia in Albania è stata condannata al pagamento della somma di 3424 dollari mensili, a decorrere dal 17 dicembre 1994, quale canone di affitto dell’immobile adibito a residenza dell’ambasciatore, espropriato agli attori dalle autorità albanesi.

La corte territoriale ha ritenuto che la sentenza è stata pronunciata in violazione del diritto di difesa e al contraddittorio perchè la parte convenuta non ha ricevuto tempestiva notifica degli avvisi di convocazione per le udienze nelle quali si è articolata la causa o, comunque, non ha avuto conoscenza del contenuto della domanda spiegata dagli attori, nè ha avuto a disposizione un tempo congruo per apprestare le proprie difese. In particolare la corte territoriale ha rilevato che emergeva dagli atti che: a) quanto all’avviso dell’udienza del 30 gennaio 1997, datato 1/1997, non risultava il soggetto che lo avrebbe ricevuto e quale qualifica avesse; b) l’avviso per l’udienza del 14 febbraio 1997 risultava essere stato rifiutato il 3 febbraio precedente dagli agenti di guardia dell’Ambasciata, non abilitati alla ricezione degli atti; c) l’avviso per l’udienza del 26 febbraio 1997 era stato ricevuto il 20 febbraio. Non era rilevante la nota con la quale in data 7 marzo 1997 con la quale l’Ambasciata dava notizia al Ministero degli affari esteri della domanda proposta dagli attori sia perchè la genericità dei richiami contenuti in tale nota non dava sicura contezza dell’oggetto della domanda stessa sia perchè, comunque, rimaneva ferma la non congruità dei termini di comparizione. Inoltre, sulla domanda proposta nei confronti dell’Ambasciata il giudice albanese era privo di giurisdizione perchè avente ad oggetto rivendicazioni di natura privatistica relative a beni dei quali l’Ambasciata stessa ha il godimento in virtù di poteri statuali sovrani, esplicati in forza dell’accordo italo-albanese del 1 luglio 1991 che aveva concesso in proprietà perpetua gli edifici destinati alla residenza dell’Ambasciatore a Tirana, compresi il suolo sul quale sorgevano e le pertinenze.

N. e T.J. ricorrono per cassazione sulla base di due motivi, illustrati con memoria, ai quali resiste il Ministero degli affari esteri con controricorso, illustrato con memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo i ricorrenti, deducendo la violazione e falsa applicazione della L. n. 218 del 1995, art. 64, lett. b) e dell’art. 2700 c.c., premesso che nella specie deve farsi applicazione del diritto processuale albanese che prevede che l’atto introduttivo del giudizio non debba essere notificato a cura, dell’attore, ma su richiesta del giudice, censura la sentenza impugnata per aver omesso di dare rilievo alla circostanza che dalla nota verbale dell’Ambasciata al Ministero degli esteri in data 7 marzo 1997 e dall’invito a comparire risulta che l’invito stesso è stato ricevuto il 20 febbraio 1997. D’altra parte il lamentato vizio della notifica non è stato eccepito davanti al giudice albanese e, comunque, non sussisterebbe perchè è orientamento pacifico che per il perfezionamento della notifica è sufficiente la spedizione e non è richiesta la ricezione.

Quanto all’invito a comparire all’udienza del 30 gennaio il giudice, con atto che fa fede non essendo stato contestato, ha affermato che l’atto è stato consegnato e che erano state “prese le firme” del personale di servizio.

Infine, con la nota verbale del 7 marzo 1997, l’Ambasciata ha trasmesso al Ministero la copia degli “atti di querela e di citazione fatti pervenire alla stessa Ambasciata dal tribunale di Tirana” e l’invito a comparire alle udienze del 30 gennaio, 14 febbraio e 26 febbraio risulta ricevuta dall’Ambasciata il 20 febbraio, come emerge dal timbro della “corrispondenza in arrivo”.

Il motivo non è fondato.

La L. n. 218 del 1995, art. 64, lett. b) dispone che la sentenza straniera è riconosciuta in Italia se l’atto introduttivo del giudizio è stato portato a conoscenza del convenuto in conformità a quanto previsto dalla legge del luogo dove si è svolto il processo e non sono stati violati i diritti essenziali della difesa. Ora l’art. 141 del codice di rito albanese prevede che “La notifica alle istituzioni, alle aziende, ed alle altre persone giuridiche statali avviene attraverso la consegna della copia all’ufficio del titolare o all’addetto alla ricezione degli atti. La notifica alle persone giuridiche non statali avviene presso la loro sede, attraverso la consegna della copia al rappresentante o all’addetto alla ricezione degli atti e, in loro assenza, ad un’altra qualsiasi persona impiegata presso la sede della persona giuridica.”.

Ne deriva, in primo luogo, che anche per il diritto albanese la validità della notifica richiede che il soggetto che riceve l’atto abbia determinate qualità soggettive connesse a un rapporto giuridico con l’ente destinatario della notifica stessa. Nella specie, dovendo trovare applicazione la seconda parte della disposizione citata (riguardando la prima soggetti o enti dello stato albanese), era necessaria la prova che l’atto introduttivo del giudizio fosse stato consegnato al rappresentante dell’Ambasciata, a una persona addetta alla ricezione degli atti o, a seguito dell’inutile ricerca degli stessi, a un impiegato dell’Ambasciata stessa. Risulta invece dagli atti che: a) l’avviso per l’udienza del 30 gennaio 1997 è stato consegnato a soggetto non identificato, delle cui qualità soggettive, pertanto, non può aversi conoscenza;

b) l’avviso per l’udienza del 14 febbraio 1997 è stato consegnato ad agenti di guardia dell’Ambasciata che certamente non possono essere considerati personale amministrativo addetto alla ricezione degli atti e non risulta neppure che fossero impiegati presso l’Ambasciata stessa e, comunque, che fosse stato rispettato l’ordine successivo dei soggetti legittimati a ricevere l’atto previsto dalla norma albanese; c) l’avviso per l’udienza del 26 febbraio 1997 risulta ritualmente ricevuto ma solo in data 20 febbraio 1997. Per quest’ultimo avviso, dunque, viene in considerazione non il profilo della ritualità della notifica secondo il diritto albanese ma il rispetto dei diritti essenziali di difesa che, secondo l’apprezzamento della corte d’appello, del tutto corretto e logico, risultano invece violati per la incongruità del termine a comparire di soli cinque giorni liberi.

Nè i vizi rilevati dalla corte territoriali possono ritenersi sanati dalla circostanza che da una nota verbale del 7 marzo 1997 risulta che gli atti introduttivi del giudizio sarebbero stati ricevuti dall’Ambasciata, perchè solo la regolare costituzione in giudizio e il conseguente esercizio dei poteri di contraddire nel merito delle domande svolte dagli attori potrebbe avere avuto effetti sananti, mentre è pacifico che l’Ambasciata non si è costituita in giudizio.

2. Con il secondo motivo i ricorrenti deducono la violazione e falsa applicazione dell’art. 3 e dell’art. 64, lett. a) e vizio di motivazione censurando l’affermazione della corte territoriale sull’insussistenza del requisito della competenza giurisdizionale del giudice albanese, in quanto l’Ambasciata convenuta aveva sede in Albania e la dedotta immunità attiene al merito e non alla giurisdizione.

Il motivo non è fondato.

L’accertamento dei presupposti per l’applicazione della norma di diritto internazionale generalmente riconosciuta, sulla immunità giurisdizionale degli stati esteri attiene alla giurisdizione e non al merito. Il giudizio della corte territoriale, secondo cui la proprietà della sede dell’Ambasciata e quella della residenza dell’ambasciatore sono stati attribuiti alla stato italiano con l’accordo italo-albanese del 1 luglio 1991, è sufficiente a sorreggere l’affermazione dell’immunità rispetto alle domande degli attori che attengono a beni rispetto ai quali lo stato italiano, in quanto soggetto di diritto internazionale, esercita poteri sovrani, come tali sottratti alla giurisdizione del giudice albanese.

Il ricorso deve essere rigettato. Le spese seguono la soccombenza.

PQM

La corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese con Euro 4.000,00 oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della prima sezione civile il 11 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 29 settembre 2011

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA