Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19932 del 27/07/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 19932 Anno 2018
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: SPENA FRANCESCA

ORDINANZA
sul ricorso 19713-2017 proposto da:
BORRH,LI LUCIA, (Attivamente domiciliata in ROMA, V I
123, presso lo studio dell’avvocato (11ANLI’CA

M V/1,1Ni

\\’l No, rappresentata e

difesa dall’avvocato
– ricorrente contro
\N I;, SP \ 9710388()585, in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROA1A, VI.\ P( ) 25/B, presso lo
studio dell’avvocato R()1111Z . I.'( ) PI che la rappresenta e dirende;
– controricorrente avverso la sentenza n.

174/2017 della (4 )RTI’. D’APP14 1,0 di

CA[\ I P013: \SSO, depositata il 09/06/2017;

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Data pubblicazione: 27/07/2018

PROC nr, 19743/2017 RG

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata
del 10/05/2018 dal Consigliere’ Dot i. l’1Z.\NC1′,SG\ SP1′, N

RILEVATO
che con sentenza del 28 maggio- 9 giugno 2017 numero 174 la Corte
d’Appello di Campobasso, giudice del reclamo ex articolo 1 commi 58 e

per l’effetto rigettava il ricorso proposto da LUCIA BORRELLI
l’impugnazione del licenziamento disciplinare intimatole

per

dalla società

POSTE ITALIANE S.p.A. in data 10 marzo 2016, ai sensi dell’articolo 54 del
contratto collettivo nazionale di lavoro Poste Italiane, per ingiustificata
assenza dal servizio, non essendosi presentata nel termine di 60 giorni
lavorativi previsto dalla norma contrattuale nella sede di servizio
assegnatale, all’ esito della dichiarazione giudiziaria di illegittimità del
termine originario del contratto di lavoro, con provvedimento del
19.10.2015 (e con decorrenza dal 19 novembre 2015);
che la corte territoriale riteneva non apprezzabili le giustificazioni della
lavoratrice, la quale, trasferita dalla sede originaria di Isernia alla sede di
Torino, aveva rappresentato di assistere i due genitori, entrambi invalidi al
100% e la madre riconosciuta portatrice di handicap grave in data
26.10.2015. Osservava che il trasferimento, impugnato dalla lavoratrice in
via d’urgenza, era stato riconosciuto legittimo con ordinanza del giudice del
lavoro del 18 gennaio 2016 sicché la Borrelli quanto meno da tale data
avrebbe dovuto prendere servizio; non era invece dirimente il fatto che tale
ordinanza fosse stata successivamente riformata in sede di reclamo ( con
dichiarazione di illegittimità del trasferimento), in quanto i presupposti del
licenziamento dovevano essere valutati alla data della sua intimazione.
Neppure era fondato sostenere che la parte datoriale avrebbe dovuto
attendere, secondo buona fede, l’esito del reclamo invece prima di avviare
(in data 23 febbraio 2016) il procedimento disciplinare.
Correttamente, poi, il giudice di primo grado aveva dichiarato la
improcedibilità della contestuale domanda della Borrelli di dichiarazione
della illegittimità del trasferimento, che non poteva essere introdotta nel
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seguenti legge 92/2012, riformava la sentenza del Tribunale di Isernia e

PROC . nr. 19743/2017 RG

giudizio di impugnazione del licenziamento ex articolo 1 comma 48 e segg.
L. 92/2012, in quanto non fondata sui medesimi fatti costitutivi
Del resto, sotto il profilo della condotta della parti, occorreva piuttosto
rilevare che le istanze di riconoscimento dell’ handicap dei genitori della
BORRELLI erano state avanzate nei primi giorni di luglio 2015, proprio
all’esito della sentenza che aveva dichiarato la illegittimità del termine

di riconoscimento di gravità dell’handicap era, poi, successiva alla missiva
(del 5 ottobre 2015) con cui il legale della BORRELLI comunicava la
indisponibilità della lavoratrice alla convocazione fissata per il
trasferimento, ai sensi dell’accordo sindacale del 14.2.2014.
La condotta della lavoratrice non era dunque conforme agli obblighi di
diligenza, correttezza e buona fede e pregiudizievole per gli scopi aziendali
ed in tal modo era codificata dal contratto collettivo; in ogni caso essa
manifestava indifferenza per l’attuazione degli obblighi del rapporto di
lavoro.

che

ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza LUCIA

BORRELLI, articolato in cinque motivi, cui ha opposto difese la società
POSTE ITALIANE con controricorso;

che la proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al
decreto di fissazione della udienza, ai sensi dell’articolo 380 bis
cod.proc.civ.;

che la società controricorrente ha depositato memoria
CONSIDERATO
che la parte ricorrente ha dedotto:
– con il primo motivo: violazione e falsa applicazione degli articoli 2104
e 2105 del codice civile, dell’articolo 54, comma 4, lettera L ed 80 lettera E
del Contratto Collettivo Nazionale di lavoro 14 aprile 2011 del personale non
dirigente di Poste Italiane S.p.A. Ha dedotto di non aver violato gli obblighi
di diligenza e correttezza nei confronti del datore di lavoro, avendo
tempestivamente comunicato i motivi per i quali non ottemperava al
provvedimento di trasferimento, imposto in luogo distante 850 km dalla
residenza dei genitori cui prestava assistenza. La norma dell’articolo 54 del

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originario del contratto di lavoro; la domanda della madre della BORRELLI

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contratto collettivo prevedeva la sanzione disciplinare del licenziamento
senza preavviso per assenza “arbitraria” dal servizio superiore ai 60 giorni
lavorativi consecutivi, salvo i casi di forza maggiore mentre la sua assenza
non era arbitraria: la mancata attuazione del trasferimento era stata
tempestivamente giustificata, in data 17 novembre 2015, per la necessità di
assistere i due genitori invalidi al 100%, di cui uno con riconoscimento di

sede di procedimento disciplinare ella aveva chiesto al datore di lavoro di
attendere l’esito del procedimento cautelare di reclamo avente ad oggetto
la impugnazione del trasferimento, presentando anche domanda di
aspettativa non retribuita, respinta all’atto del licenziamento. La sanzione
adottata appariva— oltre che illegittima– del tutto sproporzionata nonché
intempestiva.
– con il secondo motivo, omessa, insufficiente e contraddittoria
motivazione in ordine al punto decisivo consistente nel provvedimento ex
articolo 700 cod.proc.civ. (poi riformato in sede di reclamo) che aveva
dichiarato legittimo il trasferimento. Con il motivo si assume che la
mancata esecuzione del trasferimento, all’esito della prima ordinanza che
rigettava il ricorso d’urgenza avverso il trasferimento non giustificava la
adozione del licenziamento in costanza del reclamo;
– con il terzo motivo, violazione e falsa applicazione dell’articolo 26
della Carta di Nizza, della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dei
disabili, dell’articolo 33, comma 5, legge 104/1992, dell’articolo 20 della
legge 53/2000, dell’articolo 38 comma 5 Contratto Collettivo Nazionale di
Lavoro del personale non dirigente di Poste Italiane. La ricorrente ha
esposto di essere l’unica persona che assisteva con continuità i due genitori
invalidi al 100% e portatori di handicap e che nessun altro familiare
beneficiava di diritti per i soggetti assistiti; ha altresì richiamato il
precedente arresto di questa Corte numero 9201/2012, secondo cui il
trasferimento del lavoratore che presta assistenza a familiare disabile,
anche non portatore di handicap grave è consentito soltanto ove il datore di
lavoro, tenuto conto della natura e del grado dì infermità del familiare, provi
la esistenza di esigenze aziendali urgenti ed effettive, insuscettibili di essere

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gravità dell’handicap ai sensi dell’articolo 3, comma 3 legge 104/1992. In

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altrimenti soddisfatte.
-con il quarto motivo, omessa insufficiente e contraddittoria
motivazione circa un punto decisivo della controversia, consistente nella
tutela prevista dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro Poste Italiane—
articolo 38 quarto comma lettera a)— che prevedeva il trasferimento della
lavoratrice di età superiore ai cinquanta anni solo in caso di esigenze di

– con il quinto motivo, omessa, insufficiente e contraddittoria
motivazione circa un punto decisivo della controversia, consistente nella
richiesta di annullamento della clausola dell’accordo sindacale del 14
febbraio 2014 disciplinante la mobilità del personale di POSTE ITALIANE
riassunto in servizio a seguito della dichiarazione di illegittimità del termine.
La parte ricorrente ha dedotto il carattere discriminatorio dell’accordo e
violazione dell’articolo 3 della Costituzione, in quanto penalizzante i
lavoratori già a termine;

che ritiene il Collegio si debba dichiarare il ricorso inammissibile;
che, invero:
– i primi due motivi, che possono essere trattati congiuntamente in quanto
connessi, investono la questione della legittimità del rifiuto ad adempiere
opposto dalla lavoratrice a fronte di un provvedimento di trasferimento
asseritamente illegittimo. La fattispecie è sussumibile, come già evidenziato
dalla giurisprudenza di questa Corte (Cassazione civile, sez. lav., 05
dicembre 2017, n. 29054; 29.2.2016 nr. 3959; 05 marzo 2015, n. 4474;
nr. 11430/2006) , nella ipotesi di cui all’articolo 1460 cod.civ., a tenore del
quale nel contratto a prestazioni corrispettive l’inadempimento di una delle
parti legittima il creditore a rifiutare la esecuzione della prestazione a
proprio carico allorquando tale rifiuto non risulti contrario a buona fede
(comma 2 dell’articolo 1460 citato). Pertanto l’unico criterio di valutazione
della legittimità della condotta dell’eccipiente deriva dalla applicazione alla
fattispecie concreta della clausola generale della buona fede oggettiva
sicché anche il trasferimento ad altra sede lavorativa disposto dal datore di
lavoro contra legem non giustifica in via automatica il rifiuto del lavoratore
all’osservanza del provvedimento e, quindi, alla sospensione della

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carattere eccezionale, adeguatamente motivate dalla azienda.

PROC . nr. 19743/2017 RG

prestazione lavorativa. Il provvedimento datoriale affetto da nullità deve
essere ricondotto all’ambito dell’inadempimento parziale per il quale
valgono i principi, ora affermati, di necessità di verifica, ai sensi dell’art.
1460 cod. civ., della non-contrarietà alla buona fede del rifiuto del
lavoratore di rendere la propria prestazione ( cfr. Cass. sez. lav. 11 maggio
2018 nr. 11408, che ha cassato la sentenza del giudice di merito per avere

della illegittimità del trasferimento ).
Tanto premesso,

in relazione alla fattispecie concreta, la sentenza

impugnata si è fatta carico di verificare la conformità della condotta della
dipendente a buona fede ed a tal fine ha utilizzato quale parametro non solo
il rigetto della istanza promossa dalla lavoratrice in via cautelare ma anche
il carattere pregiudizievole della sua condotta per gli scopi aziendali (pagina
8 della sentenza), la successione nel tempo tra il provvedimento giudiziario
di reintegra in servizio ( per l’esito favorevole del precedente contenzioso
sul contratto a termine ) e la presentazione delle domande amministrative
di riconoscimento dell’handicap nonché, da ultimo, la condotta della
lavoratrice di mancata presentazione alla convocazione fissata da Poste
Italiane per la comunicazione delle proprie esigenze organizzative.
L’apprezzamento delle circostanze concrete è un giudizio di fatto rimesso al
giudice del merito e sindacabile in questa sede di legittimità nei limiti di
deducibilità del vizio di motivazione.
Parte ricorrente si duole del giudizio espresso, di non-conformità a buona
fede del proprio inadempimento, senza allegare un fatto storico non
esaminato in sentenza ed avente rilievo decisivo e devolvendo, piuttosto, a
questa Corte un non-consentito nuovo apprezzamento delle contrapposte
condotte delle parti del rapporto di lavoro.
– il terzo, il quarto ed il quinto motivo sono parimenti inammissibili, in
quanto tendenti all’accertamento della illegittimità del trasferimento,
rispettivamente sotto il profilo: della tutela del disabile prevista dalle
convenzioni internazionali e dalle norme interne (terzo motivo) ; della tutela
prevista dal contratto collettivo aziendale per la lavoratrice
ultracinquantenne (quarto motivo) ; della nullità degli accordi di mobilità

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collegato la legittimità del rifiuto della lavoratrice ad adempiere al solo dato

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sottoscritti da POSTE ITALIANE in sede sindacale. La inammissibilità delle
censure consegue ad un duplice ordine di rilievi: da un canto, trattasi di
questioni non esaminate in sentenza, in ragione della dichiarata
improcedibilità della domanda di impugnazione del trasferimento; dall’altro
comunque, la eventuale nullità del trasferimento risulterebbe non decisiva a
fronte dell’accertamento, compiuto in sentenza, di non conformità a buona

che, pertanto, non essendo condivisibile la proposta del relatore, il
ricorso può essere definito in camera di consiglio con ordinanza ex articolo
375 cod.proc.civ. di inammissibilità;

che le spese di causa, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza;
che trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio
2013 sussistono le condizioni per dare atto- ai sensi dell’art.1 co 17 L.
228/2012 ( che ha aggiunto il comma 1 quater all’art. 13 DPR 115/2002) della sussistenza dell’obbligo di versamento da parte del ricorrente
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per
la impugnazione integralmente rigettata .

PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna parte ricorrente al
pagamento delle spese, che liquida in C 200 per spese ed C 1.200 per
compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 co. 1 quater del DPR 115 del 2002 dà atto della
sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per
il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma nella adunanza camerale del 10 maggio 2018

fede del rifiuto della lavoratrice ad adempiere.

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