Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19930 del 21/09/2010

Cassazione civile sez. lav., 21/09/2010, (ud. 11/05/2010, dep. 21/09/2010), n.19930

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIDIRI Guido – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere –

Dott. STILE Paolo – rel. Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

Dott. MELIADO’ Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sui ricorso 34773-2006 proposto da:

N.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE MAZZINI

113, presso lo studio dell’avvocato GRASSO ROSALBA, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato MORRONE SALVATORE,

giusta mandato in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore avv.to S.

G.P., in proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. –

Società di Cartolarizzazione dei Crediti INPS, elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati CALIULO

LUIGI, SGROI ANTONINO, CORRERA FABRIZIO, giusta mandato in calce al

controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1389/2006 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 25/09/20 r.g.n. 177/06;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/05/2010 dal Consigliere Dott. PAOLO STILE;

udito l’Avvocato D’AGOSTINO ORONZO per delega ROSALBA GRASSO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI Costantino che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza 29.11/12.12,2005, il Tribunale di Torino respingeva l’opposizione proposta da N.G. avverso il precetto per Euro 125.513,63, notificatogli dall’INPS il 2.3.2005 in forza di titolo esecutivo costituito da decreto ingiuntivo 16 settembre 1987.

Con ricorso depositato l’8.2.2006 il N. proponeva opposizione assumendo che il titolo esecutivo, sulla cui base l’Istituto aveva proceduto, era stato ottenuto nei confronti di soggetto diverso rispetto a quello a cui era stato notificato il precetto opposto e che il vantato credito era estinto per intervenuta prescrizione Resisteva l’INPS. Con sentenza del 19-20 settembre 2006, l’adita Corte di Appello di Torino rigettava l’impugnazione.

A sostegno della decisione osservava che, nella specie, l’erronea qualificazione della società (Impresa Edile C.N.D. s.n.c. anzichè società di fatto tra N.G. e D.G.) non faceva sorgere dubbi sul destinatario del decreto ingiuntivo, e che il termine decennale di prescrizione era stato interrotto dalla notificazione del precetto avvenuta il 30 settembre 1989 e, successivamente, dalla diffida ricevuta il 26 ottobre 1998 e dal precetto ricevuto il 10 febbraio 1999. Per la cassazione di tale pronuncia ricorre N.G. con tre motivi. Resiste l’INPS con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con primo motivo di ricorso N.G., denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 81 e 474 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, sostiene che il titolo esecutivo, sulla cui base l’INPS ha proceduto, è stato ottenuto nei confronti di un soggetto inesistente e comunque diverso rispetto a quello cui è stato notificato il precetto opposto (CND snc e ditta CND).

L’INPS non avrebbe, quindi, titolo per procedere nei suoi confronti, non avendo mai ha rivestito il ruolo di socio della CND snc;

pertanto, l’errata individuazione del debitore inciderebbe negativamente ed inevitabilmente sulla regolarità dei successivi atti di precetto sulla loro efficacia interruttiva della prescrizione. Il motivo non può trovare accoglimento.

Invero, le doglianze rappresentate dal ricorrente sono estranee al thema decidendum così come risulta cristallizzato nel ricorso in opposizione a precetto innanzi al Tribunale di Torino in cui è dedotta unicamente la pretesa prescrizione del credito dell’Istituto.

La sentenza impugnata, nel rigettare le argomentazioni del N., avanzate per la prima volta nel giudizio di appello, rileva sul punto la novità dell’eccezione: “(…) nè infatti una difesa del genere è stata avanzata nell’atto di opposizione a precetto”.

Nè al riguardo può aver rilievo la giustificazione addotta dal G. per scusare il ritardo nell’introduzione nel giudizio di una nuova causa petendi secondo cui solo a seguito del deposito della memoria in data 18.11.2005 l’INPS avrebbe precisato che il soggetto tenuto al pagamento era la CND di N.G. e D. G. e non la CND snc, ove si consideri che il ricorrente, al cospetto di atti che lo riguardavano (decreto ingiuntivo e precetti nel tempo notificatigli), ben avrebbe potuto e dovuto contestare nell’immediato la circostanza, comunque irrilevante, come correttamente argomentato dal Giudice di merito, stante la certezza del destinatario della pretesa azionata dall’Istituto.

Con il secondo motivo, parte ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 335 del 1995, art. 9 dell’art. 2953 cod. civ., degli artt. 145 e 139 c.p.c., dell’art. 644 c.p.c. e degli artt. 474 e 479 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Il ricorrente ritiene applicabile alla fattispecie la prescrizione quinquennale di cui alla L. n. 355 del 1995, art. 9 e non il termine decennale ex art. 2953 cod. civ., non rinvenendo il presupposto della pronuncia di condanna definitiva previsto dalla cennata disposizione, essendo stato, il decreto ingiuntivo, notificato non alla società, ma al socio personalmente. Anche questo motivo è infondato.

Dall’esame della documentazione allegata agli atti del giudizio la Corte distrettuale ha accertato definitivamente la legittimità e la regolarità della notifica del decreto ingiuntivo col pedissequo precetto avvenuta nel 1987. Il Giudice di appello ha, infatti, osservato sul punto che “La relata dell’atto di notifica in esame è la seguente: … ho oggi notificato il suesposto ricorso e decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo, con il relativo alto di precetto di pagamento a Impresa Edile C.N.D. snc in persona dei soci N.G. e D.G., ambedue presso la sede della società in (OMISSIS) … . E’ manifesto pertanto che destinataria della notificazione, avvenuta presso la sede della società, è stata la società, in persona dei soci e non i soci personalmente”.

La notificazione, pertanto, sulla base della corretta interpretazione fornita dal Giudice a quo, deve ritenersi valida e, non essendo stata proposta tempestiva opposizione, il decreto ingiuntivo è passato in giudicato.

Ne consegue che il termine di prescrizione è quello decennale ex art. 2953 c.c. e che nessun rilievo ha l’eventuale riduzione del termine L. n. 335 del 1995, ex art. 9. La definitività del decreto ingiuntivo non opposto, come accertata dalla Corte distrettuale, giustifica, pertanto, da un lato l’applicazione dell’art. 2953 cod. civ. operata nella sentenza impugnata e rende prive di fondamento tutte le pretese violazioni di legge denunciate dal ricorrente nel motivo di ricorso in esame, che si ricollegano all’errata notifica del titolo esecutivo e dunque alla sua conseguente ritenuta inefficacia.

Con l’ultimo motivo il ricorrente, denunciando omessa ed insufficiente motivazione in ordine ad un fatto controverso e decisivo per il giudizio, lamenta che la Corte non abbia motivato in ordine all’attitudine dei successivi atti interruttivi della prescrizione depositati dall’Istituto.

In particolare si sostiene che la diffida in data 26 ottobre 1998 non farebbe riferimento al decreto ingiuntivo, ma ad un credito per contributi per il periodo 05/81 – 06/83, mentre il precetto notificato in data 4/6 febbraio 1999 sarebbe viziato, a causa della dedotta errata individuazione a monte del debitore in sede di decreto ingiuntivo.

Il motivo non è condivisibile, traducendosi in una richiesta di riesame del merito della controversia che non è proponibile al giudice di legittimità; inoltre, l’assunto, secondo cui il credito riportato nella diffida in data 26 ottobre 1998 non sarebbe lo stesso di quello di cui al decreto ingiuntivo, non rispetta il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione.

Le censure in ordine al precetto del 27 gennaio 1999 attengono all’errata individuazione del debitore in sede di decreto ingiuntivo di cui si è precedentemente affermata la infondatezza.

Il ricorso va, pertanto, rigettato.

Le spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese di questo giudizio, liquidate in Euro 10,00 oltre Euro 4.000,00 per onorari ed oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 11 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 21 settembre 2010

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