Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19928 del 22/09/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 19928 Anno 2014
Presidente: ROSELLI FEDERICO
Relatore: AMENDOLA FABRIZIO

SENTENZA
sul ricorso 16927-2013 proposto da:
SICILCASSA

S.P.A.

IN

LIQUIDAZIONE

COATTA

AMMINISTRATIVA C.F. 03989900828, in persona dei
Commissari Liquidatori pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA PO 25-B, presso lo studio
dell’avvocato PESSI ROBERTO, che la rappresenta e
2014

difende giusta delega in atti;
– ricorrente –

1965

contro
!e

FERLITO CATERINA MARIA TERESA C.F. FRLCRN47S65A028W,
FERLITO

GIUSEPPA

MARIA

FRLGPP53S45C351N,

nella

Data pubblicazione: 22/09/2014

qualita’ di erede di Leonardi Teresa, elettivamente
domiciliati in ROMA, VIA GIUSEPPE PRINA 24, presso lo
studio dell’avvocato MERCOGLIANO CRISTINA,
rappresentati e difesi dall’avvocato SONIA SPALLITTA,
giusta delega in atti;

avverso la sentenza n. 958/2013 della CORTE D’APPELLO
di PALERMO, depositata il 05/06/2013 R.G.N. 1875/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 04/06/2014 dal Consigliere Dott. FABRIZIO
AMENDOLA;
udito l’Avvocato BOER PAOLO per delega PESSI ROBERTO;
udito l’Avvocato ACHILLE GATTUCCIO per delega
SPALLITTA SONIA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. CARMELO CELENTANO che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

– controricorrenti

Corte Suprema di Cassazione
Sezione lavoro

Pubblica udienza del 4 giugno 2014
n. 34 del ruolo – R.G. n. 16927/2013
Presidente Roselli – Relatore Amendola

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.— La Corte di Appello di Palermo, con sentenza del 5 giugno 2013, in parziale
riforma della sentenza del locale Tribunale, ha ammesso al passivo della liquidazione coatta
Giuseppa Maria Ferlito, quali eredi di Teresa Leopardi, titolare della pensione di reversibilità
del coniuge Stefano Ferlito, dipendente della banca deceduto il 3 giugno 1995, per la somma
di euro 4.006,50, oltre interessi e rivalutazione monetaria, a titolo di mancata perequazione
del trattamento del Fondo Integrativo Pensioni (FIP) che avrebbe dovuto essere erogato ai
sensi dell’art. 5 del Regolamento di detto Fondo per il periodo ottobre 1995 – settembre
1997.
2.— Il ricorso della Sicilcassa ha domandati) la cassazione della sentenza per tre
motivi, illustrati da memoria. Hanno resistito con controricorso le intimate.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.— I motivi di ricorso possono essere come di seguito sintetizzati:

con il primo motivo di ricorso si denuncia errata applicazione del principio di salvezza
del diritto quesito alla materia della perequazione automatica in violazione dell’art. 1,
comma 55, legge n. 243 del 2004;
con il secondo mezzo di impugnazione si sostiene violazione delle norme di
ermeneutica contrattuale di cui agli arti. 1362 e ss. c.c., ed in particolare di cui all’art. 1363
c.c., con riguardo alla persistente operatività della clausola oro, come disciplinata dall’art. 5,
lett. b) del regolamento FIP nonché insufficiente ed erronea motivazione ai sensi dell’art.
360, n. 5, c.p.c.;
con l’ultima critica si denuncia falsa applicazione dell’art. 429, 3 0 comma, c.p.c. al
credito relativo alla contribuzione versata al Fondo.
2.- I motivi di ricorso – da esaminare congiuntamente data la loro connessione – sono
da accogliere, per le ragioni di seguito esposte.
3.- Per una migliore comprensione delle questioni da esaminare va, in primo luogo,
precisato che il diritto fatto valere in giudizio dall’originaria parte attrice si fonda sulla
particolare disciplina che, in passato, era stata dettata per regolare i trattamenti di pensione
elargiti ai dipendenti di istituti di credito di diritto pubblico poi privatizzati, riguardo ai quali
vigevano regimi diversi da quello proprio dell’assicurazione

generale obbligatoria per

l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti dei lavoratori dipendenti (d’ora in poi: AGO), che per

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amministrativa della Sicilcassa Spa, il credito vantato da Caterina Maria Teresa Ferlito e

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Sezione lavoro

questa ragione venivano denominati esclusivi o esonerativi e che si caratterizzavano per la
presenza di clausole di perequazione automatica volte ad adeguare le pensioni
all’andamento dei salari dei colleghi in servizio presso gli istituti di provenienza.
In particolare, all’epoca, per i dipendenti del Banco di Napoli e del Banco di Sicilia
erano previste forme di previdenza esclusive, risalenti alla disposizione di cui all’art. 11,
pensionistico veniva erogato agli interessati direttamente dagli enti datori di lavoro, mentre
agli altri istituti bancari di diritto pubblico – tra i quali rientrava la Cassa di Risparmio
Vittorio Emanuele per le province siciliane (SICILCASSA) – si applicavano regimi esonerativi,
contemplati dalla legge 20 febbraio 1958 n. 55, in base ai quali il trattamento veniva elargito
da Casse o Fondi di previdenza appositamente creati dai datori di lavoro e sottoposti alla
vigilanza del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale, il cui statuto era approvato con
decreto del Presidente della Repubblica e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale.
Sia i pensionati appartenenti ai regimi esclusivi sia quelli appartenenti ai regimi
esonerativi usufruivano del suddetto meccanismo – che veniva identificato, nel linguaggio
politico-sindacale del settore, con le espressioni “aggancio al pari grado in servizio” oppure
“clausola-oro” – in base al quale era stabilita l’estensione ai pensionati dei miglioramenti
contrattuali dei lavoratori in servizio.
4.- Tale sistema non venne modificato dalla legge 30 aprile 1969 n. 153, la quale
introdusse per la prima volta nel nostro ordinamento la cosiddetta perequazione
automatica, disponendo che le pensioni venissero aumentate, con effetto dal 10 gennaio di
ciascun anno, in misura percentuale pari all’incremento dell’indice del costo della vita
calcolato dall’ISTAT ai fini della scala mobile della retribuzione ai lavoratori dell’industria
(art. 19). Infatti, la suddetta normativa riguardava soltanto l’AGO e pertanto non
comprendeva le gestioni speciali, sostitutive o esonerative, alle quali continuava ad
applicarsi, anche in tema di perequazione, la disciplina propria di ciascuna di esse.
Anche la modifica, in senso peggiorativo, del suddetto sistema di perequazione della
pensioni, introdotta dall’art. 10 della legge 3 giugno 1975 n. 160 originariamente non si
applicava alle gestioni speciali, che pertanto restavano ancora soggette ai rispettivi
ordinamenti.
5.- La situazione è rimasta invariata fino al momento dell’entrata in vigore del d.l. 23
dicembre 1977 n. 942, convertito in 1. 27 gennaio 1978 n. 41, il quale, con l’art. 1, primo
comma, eliminate le condizioni di particolare favore, ha esteso la disciplina della
perequazione, dettata per il trattamento di pensione erogato nell’assicurazione generale

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allegato T, all’art. 39 della legge 8 agosto 1895 n. 486, in forza della quale il trattamento

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obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti, a tutte le numerose gestioni che, al
pari della suddetta forma esonerativa, prevedevano un diverso regime (come quelle
denominate sostitutive o integrative, anche se istituite in gestioni speciali presso l’INPS).
Questo risultato, di pressoché integrale generalizzazione del regime perequativo dei
trattamenti di pensione, è stato perseguito allo scopo di eliminare le rilevanti disparità che a
dicembre 1985 n. 349, con la quale è stata dichiarata non fondata la questione di legittimità
costituzionale delle suddette norme uniformatrici), non potendosi nemmeno ipotizzare
l’esistenza di diritti quesiti all’integrità (dell’ammontare) della pensione. Ed invero, come più
volte ha argomentato la Corte costituzionale, deve essere riconosciuta la legittimità di
interventi legislativi riduttivi dei trattamenti pensionistici purché sussista l’elemento della
ragionevolezza – che ricorre, fra l’altro, quando vi sia carenza di risorse finanziarie e dei
mezzi necessari per far fronte ai relativi impegni di spesa – con la conseguenza che, non
sussistendo alcun diritto alla intangibilità del trattamento pensionistico, nell’ammontare
elargito al momento in cui ha avuto inizio l’iscrizione ad un determinato regime, deve essere
esclusa l’esistenza di diritti quesiti in capo ai soggetti posti in stato di quiescenza, dato che,
viceversa, il mantenimento dell’originario meccanismo di perequazione del trattamento si
porrebbe in contrasto, attesa l’ingiustificata diversità di trattamento che deriverebbe tra i
pensionati, con il principio di eguaglianza posto dall’art. 3 della Costituzione (cfr. Corte cost.
27 luglio 1995 n. 409, Corte cost. 26 luglio 1995 n. 390, Corte cost. 10 giugno 1994 n. 240).
Sulla base di questi rilievi da parte della Sezione Lavoro della Corte è stato più volte
affermato il principio secondo cui dal momento dell’entrata in vigore del suddetto decreto
legge n. 942 del 1977, convertito nella 1. n. 41 del 1978, il regime vigente nell’assicurazione
generale obbligatoria è stato applicato anche al trattamento pensionistico erogato dalle
gestioni sostitutive o integrative nonché dalle Casse di previdenza istituite presso gli enti di
credito aventi (a quel tempo) natura pubblica (c.d. forme esonerative), con la conseguente
eliminazione del più favorevole meccanismo di adeguamento, senza che in contrario potesse
rilevare, da un lato, l’anteriorità di tale più favorevole trattamento assicurato dalle gestioni
(in senso lato denominate) speciali e, dall’altro, l’essere il trattamento stesso improntato al
criterio del collegamento con la dinamica salariale per il personale in servizio (cfr., fra le
tante sentenze, per quanto concerne i fondi speciali di previdenza istituiti presso l’INPS,
Cass. 18 luglio 1987 n. 6349 e Cass. 27 ottobre 1988 n. 5827 nonché, riguardo alle forme
esonerative, Cass. 29 novembre 1988 n. 6450, Cass. 8 giugno 1991 n. 6523, Cass. 22
agosto 1991 n. 9017 e Cass. 10 luglio 1998 n. 6767, in motivazione).
L’orientamento è stato avallato da Cass. SS.UU. 7 agosto 2001, n. 10888 (cui si è
uniformata, sul punto, la successiva giurisprudenza, vedi per tutte: Cass. SS.UU. 20

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quel tempo esistevano fra le varie categorie di pensionati (in questo senso v. Corte cost. 17

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settembre 2001, n. 11904, n. 11905 e n. 11906) ove è stato anche sottolineato che con la
suddetta normativa del 1977 è stato definitivamente abolito – e non, quindi, sospeso, come
sostenuto dai pensionati – il meccanismo perequativo previsto dalle forme esonerative (e
sostituito con quello generale, meno favorevole), che non è più stato successivamente
ripristinato da un altro provvedimento normativo avente pari grado nella gerarchia delle
Nella stessa sentenza le Sezioni unite hanno anche escluso che su tale assetto avesse
spiegato efficacia la normativa successivamente emanata e contenuta nella legge 30 luglio
1990 n. 218 e nel d.lgs. 20 novembre 1990 n. 357, con la quale sono stati privatizzati gli
istituti di credito di diritto pubblico ed è stato in pari tempo consentito ai pensionati di tali
istituti di mantenere il trattamento di miglior favore, precisando che tale riconoscimento ha
riguardato quei regimi ancora in vigore – che da tale ultima normativa sono stati trasformati
in integrativi – ma non quelli che erano stati ormai soppressi.
Pertanto, con l’art. 1 del d.l. n. 942 del 1977, conv. nella 1. n. 41 del 1978, è venuta
meno per i regimi esonerativi la base giuridica su cui trovavano fondamento le clausole
statutarie che contemplavano il sistema perequativo dell’
quale quello in controversia.
6.- Val la pena evidenziare che il testè citato provvedimento legislativo non ha
interessato i due – eccezionali – regimi esclusivi del Banco di Napoli e del Banco di Sicilia,
poiché si riteneva che i relativi trattamenti pensionistici costituissero, più che una vera e
propria pensione, una sorta di retribuzione, sia pure differita (vedi, per tutte: Cass. 7 aprile
1992, n. 4219).
Viceversa, la vicenda dei pensionati del Banco di Napoli e del Banco di Sicilia – anche
con riguardo al regime perequativo in oggetto – spesso si è sovrapposta e confusa con quella
– differente – dei dipendenti di istituti in regime esonerativo e, a volte, tali due distinte
situazioni sono state accomunate nell’interpretazione dei molteplici interventi legislativi
susseguitisi nel tempo nonché delle pronunce delle Corti superiori.
In particolare nella presente controversia non può essere utilmente invocata la
sentenza 10 febbraio 2012 della Corte europea dei diritti dell’uomo, sul caso Arras e altri
c/Italia, la quale, in contrario avviso con Corte cosi. n. 362 del 2008, ha ritenuto che la
legge retroattiva sopravvenuta di cui all’art. 1, comma 55, della 1. n. 234 del 2004 abbia
violato l’art. 6 della CEDU, stabilendo che i pensionati del Banco di Napoli non avrebbero
potuto più avvalersi del sistema di perequazione aziendale (che faceva riferimento al sistema
della c.d. clausola-oro) a partire dal 1992, sicché essi avrebbero dovuto perdere il diritto alla
anzidetta perequazione aziendale anche nel periodo tra il 1994 e il dicembre 1997.

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fonti del diritto e, per ciò solo, idoneo a ripristinare la suddetta condizione di favore.

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E’ invece pacifico che, a partire dal 1° gennaio 1998, sono stati soppressi tutti i sistemi
di perequazione aziendale con l’art. 59, comma 4, della legge 27 dicembre 1997, n. 449.
Questa norma ha esplicitato in modo univoco la volontà legislativa di abolire
definitivamente le clausole di aggancio al pari grado in servizio e la giurisprudenza di questa
Corte ha precisato che essa trova applicazione generalizzata nei confronti di tutti i
ex esclusivi o ex esonerativi, ove ancora operativi, essendo il frutto di una ragionevole scelta
di armonizzazione dei diversi sistemi (vedi, per tutte: Cass. 11 maggio 2002, n. 6804; Cass.
20 agosto 2003, n. 12254; Cass. 22 novembre 2006, n. 24777).
7.- Alla stregua delle esposte argomentazioni il ricorso va accolto e la sentenza
impugnata deve essere, pertanto, cassata; non essendo necessari ulteriori accertamenti di
fatto, la causa può essere decisa nel merito, con il rigetto della domanda proposta con il
ricorso introduttivo del giudizio. Quanto alle spese processuali, si reputa che sussistano
giusti motivi per una integrale compensazione delle spese dell’intero processo, in
considerazione della peculiarità fattuale della controversia e della complessità delle
questioni trattate.
8.- Ai sensi dell’art. 384, primo comma, cod. proc. civ. si ritiene opportuno enunciare
il seguente principio di diritto: “Per i pensionati degli istituti bancari di diritto pubblico poi
privatizzati che godevano dei regimi esonerativi contemplati dalla legge 20 febbraio 1958 n.
55, per effetto dell’i del d.l. 23 dicembre 1977, n. 942 (convertito dalla legge 27 febbraio
1978, n. 41) è stato definitivamente abolito il regime perequativo delle pensioni c.d. dello
“aggancio al pari grado in servizio” (conosciuto anche come “clausola-oro”), che non é stato
più ripristinato. Pertanto, su tale assetto normativo – considerato costituzionalmente
legittimo dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 349 del 1985 – non ha spiegato
alcuna efficacia la normativa con la quale sono stati privatizzati gli istituti di credito di
diritto pubblico, contenuta nella legge 30 luglio 1990 n. 218 e nel d.lgs. 20 novembre 1990
n. 357. Infatti, la disposizione ivi prevista con la quale è stato consentito ai pensionati di tali
istituti di mantenere il trattamento di miglior favore ha riguardato quei regimi particolari
che, all’epoca, erano ancora in vigore – e che da tale ultima normativa sono stati trasformati
in integrativi – ma non quelli che erano stati ormai soppressi”.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito,
rigetta la domanda. Compensa le spese dell’intero processo.
Presidente

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dott. Federico Roselli

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dott. Fab “zio Amendola

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lavoratori, sia attivi che pensionati, ed anche ai Fondi integrativi privati, e non solo a quelli

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