Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19928 del 21/09/2010

Cassazione civile sez. lav., 21/09/2010, (ud. 11/05/2010, dep. 21/09/2010), n.19928

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIDIRI Guido – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere –

Dott. STILE Paolo – rel. Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

Dott. MELIADO’ Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 34207/2006 proposto da:

CAMPOLONGO HOSPITAL S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA AURELIA 190-A, presso

lo studio dell’avvocato FELICI MASSIMO, rappresentata e difesa

dall’avvocato FRUSCIONE GAETANO, giusta mandato a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legare rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati CORRERA

FABRIZIO, CALIULO LUIGI, SGROI ANTONINO, giusta mandato in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 105/2006 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 17/01/2006 R.G.N. 144/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/05/2010 dal Consigliere Dott. PAOLO STILE;

udito l’Avvocato FRUSCIONE GAETANO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI Costantino, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso depositato il 23 giugno 1999, la Campolongo Hospital S.p.A. proponeva opposizione nei confronti dell’INPS avverso il decreto ingiuntivo n. 1443/99, con il quale il suddetto Istituto le aveva chiesto il pagamento della somma di L. 6.332.900.533 per omesso versamento di contributi relativamente al periodo 1 aprile 1989-31 marzo 1996, somme aggiuntive ed una tantum.

Con sentenza del 16 ottobre 2003, il Giudice adito rigettava l’opposizione e rigettava altresì la domanda riconvenzionale, proposta dalla Campolongo Hospital S.p.A. per ottenere la restituzione di somme ritenute non dovute.

Avverso tale decisione proponeva appello quest’ultima, censurandola con articolate argomentazione.

Si costituiva l’INPS, contestando il gravame, di cui chiedeva il rigetto.

Con sentenza del 30 novembre 2005-17 gennaio 2006, l’adita Corte di Appello di Salerno rigettava l’impugnazione.

A sostegno della decisione osservava, per un verso, che l’impugnato decreto ingiuntivo – contrariamente a quanto dedotto dalla società – era valido essendo ad esso allegata dettagliata attestazione del Dirigente della sede dell’INPS di (OMISSIS), costituente prova idonea ai sensi dell’art. 635 c.p.c.; (per altro verso, nel merito, che il relativo verbale portava crediti inevasi e somme aggiuntive in relazione al periodo aprile 1989-marzo 1996 sulla base della normativa del settore industria, avendo, erroneamente, la società provveduto a versare i rendiconti mensili con le aliquote proprie del settore terziario.

Per la Cassazione di tale pronuncia ricorre la Compolongo Hospital S.p.A. con due motivi, ulteriormente illustrati da memoria ex art. 378 c.p.c..

Resiste l’INPS con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso, la società Campolongo Hospital denuncia violazione e/o falsa applicazione della L. n. 88 del 1989, art. 49 e vizio di motivazione (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5).

In particolare, la ricorrente mette in evidenza che, con il provvedimento del 9.10.89 – pervenutole il 22.11.89 – l’Istituto aveva comunicato, in applicazione della L. n. 88 del 1989, art. 49, il nuovo inquadramento dell’azienda nel settore terziario, a decorrere dal periodo di paga in corso alla data del 23.3.1989, con obbligo di restituzione di quanto eventualmente conguagliato indebitamente a titolo di sgravi contributivi e fiscalizzazione entro trenta giorni dalla data della ricezione di detto provvedimento.

Osserva, poi, che tale provvedimento era stato emanato dall’Istituto nel rispetto della L. n. 88 del 1989, art. 49, comma 1, lett. d) e poichè era stata prestata acquiescenza allo stesso, non essendo stato proposto il ricorso previsto dalla L. n. 88 del 1989, art. 50, da ciò scaturiva che l’inquadramento nel settore terziario della società era divenuto fin da quell’epoca definitivo, il motivo è infondato.

La L. 9 marzo 1989, n. 88, art. 49 reca disposizioni in tema di classificazione dei datori di lavoro ai fini previdenziali ed assistenziali, individuando i criteri di appartenenza per i settori espressamente enunciati sulla base della natura dell’attività esercitata. La norma innova la materia intervenendo sul precedente assetto in cui l’inquadramento era determinato con atto meramente ricognitivo della natura dell’attività di impresa ai sensi dell’art. 2195 c.c..

L’art. 49, comma 3, introduce una disciplina transitoria per le imprese già esistenti ed operanti alla data di entrata in vigore della L. n. 88 del 1989 disponendo espressamente che “Restano comunque validi gli inquadramenti già in atto nei settori dell’industria, del commercio e dell’agricoltura o derivanti da leggi speciali (…)”.

La L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 3, comma 8 ha previsto che i provvedimenti di variazione della classificazione dei datori di lavoro adottati d’ufficio dall’INPS producono effetti dal periodo di paga in corso alla data di notifica del provvedimento stesso, disponendo altresì che detta disposizione va applicata “(…) anche ai rapporti per i quali, alla data di entrata in vigore della presente legge, pendano controversie non definite con sentenza passata in giudicato”.

La L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 2, comma 215 – così dispone:

“Con decorrenza dal 1 gennaio 1997 cessa di avere efficacia la disciplina prevista dalla L. 9 marzo 1989, n. 88, art. 49, comma 3, secondo periodo. A far tempo da tale data la classificazione dei datori di lavoro deve essere effettuata esclusivamente sulla base dei criteri di inquadramento stabiliti dal predetto art. 49”.

Ciò premesso, si osserva che nella fattispecie, che attiene a impresa costituita ed operante prima dell’entrata in vigore della L. n. 88 del 1989 – circostanza pacifica -, il pagamento dei contributi dall’ottobre 1982 al marzo 1989 e avvenuto nel rispetto della normativa relativa al settore industria in forza del condono richiesto con domanda in data 31 marzo 1994.

Dall’aprile 1989 il pagamento dei contributi è avvenuto tenendo conto delle aliquote previste per il settore terziario.

La società giustifica tale comportamento facendo riferimento al preteso provvedimento di inquadramento nel ramo terziario in data 9 ottobre 1989 ricevuto in data 22 novembre 1989.

Ma, a prescindere dalla considerazione che, anche in questa prospettiva, la ricorrente non avrebbe dovuto mutare il regime di contribuzione in relazione ad un periodo (aprile – ottobre 1989) per il quale l’Istituto non aveva comunicato alcuna variazione di inquadramento, va considerato che la società, in quanto costituita ed operante prima dell’entrata in vigore della L. n. 88 del 1989, era soggetta alla disciplina transitoria introdotta dall’art. 49, comma 3 che dispone l’ultrattività degli inquadramenti già in atto al momento dell’entrata in vigore della L. n. 88 del 1989 (cfr. Cass. 7 agosto 2003 n. 11919). Com’è noto il periodo transitorio è cessato il 31 dicembre 1996. secondo quanto statuito dalla L. n. 662 del 1996, art. 2, comma 215 in forza del quale il legislatore, tenuto conto della sentenza n. 378/1994 della Corte Costituzionale, ha fissato un termine per il passaggio graduale alla nuova normativa introdotta dal richiamato L. n. 88 del 1989, art. 49.

Nè alla fattispecie è applicabile la L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 8.

La disposizione, come innanzi già evidenziato, dopo aver sancito che i provvedimenti di variazione della classificazione dei datori di lavoro adottati d’ufficio dall’INPS hanno effetto dal periodo di paga in corso al momento della notifica del provvedimento di variazione, prevede che tale norma possa essere applicata anche ai rapporti per i quali, alla data di entrata in vigore della legge stessa (la L. n. 335 del 1995) pendano controversie non definite con sentenza passata in giudicato.

Nella specie, la vicenda giudiziaria relativa alla classificazione sotto il profilo previdenziale della società ricorrente, dopo la pronuncia di questa Corte n. 9395/1991, si è conclusa con la sentenza del giudice di rinvio (Tribunale di Avellino n. 185 depositata in data 17 febbraio 1994), anteriormente alla entrata in vigore della L. n. 335 del 1995, che ne ha sancito l’inquadramento nel settore industriale.

Correttamente la Corte salernitana ha ritenuto la irrilevanza dei provvedimenti INPS del 27 luglio 1993 e 1 settembre 1993, emessi “con riserva”, in attesa dell’esito della vertenza giudiziale, osservando, quanto invece al provvedimento finale del 29 aprile 1997, che l’inquadramento dell’azienda nel terziario con decorrenza (successiva) 1.01.97 si poneva in linea con il mutato quadro normativo e alla rivisitazione della intera materia (L. n. 662 del 1996).

In questo contesto, contrariamente a quanto dedotto dalla società, deve escludersi un mutamento di inquadramento, da parte degli ispettori dell’INPS, essendosi limitati a dare applicazione all’accertamento giudiziale definitivo.

Con il secondo motivo la ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione della L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 8, lamenta che il Giudice di appello non abbia tenuto conto che, in forza della richiamata normativa, i provvedimenti di variazione di classificazione dei datori di lavoro, adottati di ufficio dall’INPS, decorrono dal periodo di paga in corso al momento della notifica della variazione stessa ed osserva che detta disciplina era in vigore al momento dell’accertamento ispettivo.

Va, in contrario, osservato che la circostanza che detta disposizione fosse in vigore al momento dell’accertamento ispettivo risulta priva di rilevanza, tenuto conto che nella fattispecie – va ribadito – trovava ingresso la disciplina transitoria, considerato – come sopra rilevato – che non sussistevano i presupposti per l’applicazione retroattiva della norma denunciata, riferibile all’ipotesi di pendenza di giudizio in ordine all’inquadramento, mentre nel caso in esame è pacifico che fosse già intervenuta sul punto decisione definitiva.

Per quanto precede, il ricorso va rigettato.

Le spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese di questo giudizio, liquidate in Euro 15,00 oltre Euro 10.000,00 per onorari ed oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 11 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 21 settembre 2010

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