Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19926 del 27/07/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 19926 Anno 2018
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: SPENA FRANCESCA

ORDINANZA
sul ricorso 6796-2017 proposto da:

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presso lo studio dell’avvocato I ,1.11(11 ‘1ERN111N1′., rappresentato e difeso
dall’avvocato (1101«110 VONT. \
– ricorrente contro
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domiciliato

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presso

ST.1T(), che lo rappresenta u

difende opu
– contraricarrente –

Data pubblicazione: 27/07/2018

PROC. nr . 6796/2017 RG

avverso la sentenza n.

193/2017 della CORTI’, D’Al 3 13 1 ,, li3O di RON1A,

depositala il 18/01/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata

del 10/05/2018 dal Consigliere Dott. HZ.V.\1(21SCA S1 3 1,1\1.\.

che la Corte d’Appello di Roma, giudice del reclamo ex articolo 1 commi
58 e segg. L. 92/2012, con sentenza del 17- 18 gennaio 2017 numero 193,
confermava la sentenza del Tribunale della stessa sede, che aveva respinto
la impugnazione proposta da

HABIB FAWZI

avverso il licenziamento

disciplinare intimatogli dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione
Internazionale (in prosieguo: il MINISTERO) in data 5 giugno 2014 per
avere, nella qualità funzionario (Cancelliere consolare) della ambasciata
italiana a Pristina (Kosowo), incaricato dal 16 al 29 agosto 2013 di sostituire
il responsabile dell’ufficio visti, rilasciato numerosi visti per motivi turistici
omettendo consapevolmente alcune fondamentali verifiche della procedura ;
che la Corte territoriale osservava che seppure la contestazione ed il
licenziamento facevano riferimento ad un numero di 195 visti irregolari
mentre il Ministero aveva prodotto soltanto 17 visti a firma dell’ HABIB, il
numero delle procedure era comunque sufficiente a configurare una
violazione grave dei doveri dell’ufficio ed idoneo a giustificare il
licenziamento in tronco. La professionalità del reclamante, che vantava
molti anni di servizio in precedenti ambasciate italiane, lo rendeva edotto
della necessità di rispettare le procedure, per evidenti ragioni di sicurezza e
di tutela dei diritti dei cittadini italiani e stranieri; non rilevava il fatto che i
visti fossero stati concessi su lettera di garanzia di un influente uomo
politico locale, UKE RUGOVA, figlio dell’ex-presidente del Kosovo, non
essendo sostituibili i documenti richiesti con una lettera di presentazione di
terzi. Non rilevava neppure il fatto, allegato dal reclamante, delle indicazioni
sulla trattazione delle pratiche fornite dal Consigliere ambasciatore Giffoni
nè che fosse una consuetudine dell’ambasciata quella di sostituire parte
della documentazione necessaria con le lettere in questione. Il lavoratore
che eseguiva consapevolmente direttive

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del superior

gut- dr-O:Lo

RILEVATO

PROC. nr . 6796/2017 RG

consuetudini

lavorative

manifestamente

illegittime

era

comunque

personalmente responsabile della violazione compiuta. Da ultimo, la stessa
contrattazione collettiva e la normativa giustificavano il licenziamento in
tronco; infatti l’articolo 13 del codice disciplinare di cui Contratto Collettivo
Nazionale di Lavoro 12 giugno 2003, (modificato dall’articolo 27, commi 1 e
2, del contratto collettivo nazionale di lavoro 14 settembre 2007)

senza preavviso per la commissione di fatti o atti dolosi di gravità tale da
non consentire la prosecuzione neppure provvisoria del rapporto di lavoro. Il
d.p.r. 5 gennaio 1967 numero 18- Ordinamento dell’amministrazione degli
affari esteri- stabiliva, all’articolo 142, che il personale della
amministrazione degli affari esteri era tenuto ad ispirare la sua condotta,
sia privata che in ufficio e in pubblico, ai più rigorosi principi di disciplina,
correttezza e decoro imposti dai maggiori doveri derivanti dalle funzioni
rappresentative proprie o dell’ ufficio di cui faceva parte e dal rispetto delle
leggi e degli usi locali;
che avverso la sentenza ha proposto ricorso HABIB FAWZI, articolato in
quattro motivi, cui ha opposto difese con controricorso il MINISTERO;

che

la proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente

al decreto di fissazione dell’udienza ai sensi dell’articolo 380 bis del codice
di procedura civile;

che il ricorrente ha depositato memoria
CONSIDERATO
che la parte ricorrente ha dedotto:
– con il primo motivo— ai sensi dell’articolo 360 numero 3 codice di
procedura civile– violazione o falsa applicazione degli articoli 2119 e 2104
codice civile, dell’ articolo 142 del d.p.r. 18/1967, dell’articolo 13 contratto
collettivo nazionale di lavoro 12/6/2003, come modificato dall’articolo 27,
commi 1 e 2, contratto collettivo nazionale di lavoro 14/9/2007;
– con il secondo motivo– ai sensi dell’articolo 360 numero 3 codice di
procedura civile—violazione e falsa applicazione degli articoli 2119 e 2104
codice civile, dell’ articolo 13 contratto collettivo nazionale di lavoro

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prevedeva, al comma 6 lettera d), la sanzione disciplinare del licenziamento

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12/6/2003, come modificato dall’articolo 27, commi 1 e 2, contratto
collettivo nazionale di lavoro 14/9/2007;
– con il terzo motivo— ai sensi dell’articolo 360 nr.3 cod.proc. civ. violazione e falsa applicazione dell’articolo 55 decreto legislativo numero
165/2001, dell’articolo 2106 codice civile, dell’articolo 13 contratto collettivo
nazionale di lavoro, dell’articolo 23 contratto collettivo nazionale di lavoro

di lavoro 2002/2005;
-con il quarto motivo— ai sensi dell’articolo 360 numero 5
cod.proc.civ.— omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto
di discussione tra le parti.
Con i motivi, sostanzialmente sovrapponibili, il ricorrente ha impugnato
la sentenza per avere ritenuto sussumibili i fatti commessi nell’ipotesi di cui
all’articolo 2119 codice civile ed all’articolo 13 contratto collettivo
nazionale di lavoro 12/6/2003.
Ha dedotto che la Corte territoriale avevo omesso di considerare ai fini
della valutazione della gravità degli addebiti:
– che rispetto al numero di 195 pratiche irregolari oggetto di
contestazione disciplinare era stata provata in causa la irregolarità di sole
17 pratiche;
– che la normativa in materia di rilascio dei visti attribuiva alla funzione
diplomatica un margine di valutazione discrezionale;
– che egli aveva posto in essere gli atti contestati nel breve periodo
decorrente dal 16 al 29 agosto 2013, in cui era stato chiamato a sostituire il
responsabile dell’ufficio;
– che non aveva agito per propria arbitraria iniziativa ma eseguendo le
istruzioni dell’ambasciatore, superiore gerarchico, che aveva introdotto nella
sede diplomatica la prassi di ritenere soddisfatti alcuni requisiti soggettivi
attraverso la produzione

di lettere di presentazione e garanzia delle

autorità locali ( nella fattispecie, il figlio dell’ex- presidente del Kosovo,
deputato e leader di un importante partito nazionale);

tali circostanze

risultavano anche nella relazione ispettiva del 3 febbraio 2014, in cui si dava

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1994/1997, come modificato dall’ articolo 11 contratto collettivo nazionale

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atto che la prassi era invalsa

almeno dal dicembre 2011 ed aveva

riguardato anche altri sedi diplomatiche;
– che egli aveva omesso di acquisire la documentazione attestante
l’esistenza: di adeguati mezzi di sostentamento, del titolo di viaggio di
andata e ritorno, della disponibilità di un alloggio in Italia ma per ogni
pratica aveva comunque verificato la validità del passaporto del richiedente,

richiedente nel SIS (Sistema di Informazione Shengen), ostativa al rilascio
del visto.
Ha lamentato l’omesso esame della propria situazione psicologica
laddove l’articolo 13 comma 6 lettera d) del contratto collettivo nazionale di
lavoro si riferiva alla commissione di fatti o atti dolosi, essendo
alternativamente prevista dalla stessa norma, al comma 4 lettera i) la
sanzione conservativa della sospensione dal servizio e dalla retribuzione.
Inoltre l’ articolo 13 prevedeva come criteri generali del giudizio di
gradualità della sanzione la verifica della intenzionalità della condotta, del
grado di disservizio o pericolo, delle circostanze aggravanti ed attenuanti,
della responsabilità derivante dalla posizione rivestita, dell’eventuale
concorso di lavoratori-terzi, del comportamento complessivo del lavoratore
e dei precedenti disciplinari, del comportamento tenuto nei confronti degli
utenti, accertamenti omessi dalla Corte di merito.
L’articolo 23 lettera h) del contratto collettivo 1994/1997, come
modificato dall’articolo 11 del contratto collettivo 2002/2005, stabiliva
l’obbligo del dipendente di eseguire nell’adempimento delle proprie funzioni
le direttive impartite dai superiori, aggiungendo che questi ove ritenesse l’
ordine palesemente illegittimo doveva fare rimostranza a chi l’aveva
impartito, chiedendone le ragioni. Pertanto solo in caso di istruzione
palesemente illegittima il dipendente poteva rifiutarsi di eseguirla,
circostanza non ricorrente nella fattispecie in esame, nella quale la prassi di
accettare le domande di visto accompagnate da lettere di presentazione a
garanzia della famiglia del presidente Rugova appariva legittima o
quantomeno non-palesemente illegittima, in considerazione del breve

la presenza della assicurazione sanitaria, l’eventuale segnalazione del

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periodo di permanenza in sostituzione del responsabile del centro visti di
Pristina .
che ritiene il Collegio si debba respingere il ricorso;
che, quanto alla censura di vizio di motivazione articolata con il quarto
motivo, appare assorbente il rilievo della applicabilità alla fattispecie di
causa dell’articolo 348

ter, commi 4 e 5, cod.proc.civ. per il carattere

merito, con conseguente preclusione alla deduzione in questa sede del vizio
di cui all’articolo 360 nr.5 cod.proc.civ.;

che in ordine alle censure di violazione di legge articolate nei prime tre
motivi, si osserva che il giudizio di sussunzione dei fatti accertati in
sentenza nella fattispecie di cui all’articolo 2119 cod.civ., anche alla luce
della specifica fattispecie di licenziamento disciplinare contemplata nel
codice disciplinare ( art. 13 CCNL 2003, modificato dall’articolo 27 CCNL
2007), è avvenuto sulla base di criteri di giudizio corretti.
La Corte territoriale ha infatti desunto la gravità della condotta— (tale
da non consentire la prosecuzione neppure provvisoria del rapporto di
lavoro, come previsto tanto della norma codicistica che dalla norma
collettiva) dalla oggettività dei fatti— in relazione alle ragioni, di sicurezza
e di tutela di diritti, sottese alle procedure violate ( si veda la pagina 4 della
sentenza, ultimo capoverso) — e dalle responsabilità derivanti dalla carica
ex art. 142 DPR 5 gennaio 1967 nr. 18 . Ha, altresì, ritenuto, sotto il profilo
soggettivo, il carattere doloso della condotta (specificamente richiesto dalla
previsione collettiva rispetto alla diversa ipotesi sanzionata con la
sospensione dal servizio ) sulla base della pregressa esperienza di lavoro del
FAWZI (pagina 4 della sentenza, ultimo capoverso, già richiamato e pagina
6 primo capoverso), escludendo, da ultimo, qualsiasi rilievo scriminante sul
piano soggettivo ( ed altresì oggettivo) di ordini e prassi illegittimi.
Il giudizio concreto di proporzionalità della sanzione, stante la
correttezza dei parametri, risulta invece incensurabile in questa sede per la
già argomentata non deducibilità del vizio di motivazione.

– che, conclusivamente, il giudizio può essere definito in conformità alla
proposta del relatore ai sensi dell’articolo 375 cod.proc.civ.

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conforme della pronunzia resa sulle questioni di fatto nei due gradi di

PROC. nr . 6796/2017 RG

che le spese di giudizio, liquidate in dispositivo,

seguono la

soccombenza;
– che, trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio
2013, sussistono le condizioni per dare atto- ai sensi dell’art.1 co 17 L.
228/2012 ( che ha aggiunto il comma 1 quater all’art. 13 DPR
115/2002) – della sussistenza dell’obbligo di versamento da parte del

quello dovuto per la impugnazione integralmente rigettata .
PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in C
200 per spese ed C 3.500 per compensi professionali, oltre spese
generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 co. 1 quater del DPR 115 del 2002 dà atto della
sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto
per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma nella adunanza camerale del 10 maggio 2018

ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a

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