Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19925 del 21/09/2010

Cassazione civile sez. lav., 21/09/2010, (ud. 28/04/2010, dep. 21/09/2010), n.19925

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIDIRI Guido – Presidente –

Dott. PICONE Pasquale – Consigliere –

Dott. STILE Paolo – Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 1974/2007 proposto da:

R.R., già elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE LIEGI

16, presso lo studio dell’avvocato VENTURIELLO MICHELE, rappresentata

e difesa dall’avvocato GARGIONE GIANCARLO, giusta delega a margine

del ricorso e da ultimo domiciliata d’ufficio presso LA CANCELLERIA

DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA N. 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati DE ROSE

EMANUELE, TRIOLO VINCENZO, FABIANI GIUSEPPE, giusta delega in calce

al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 62/2 006 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 10/01/2006 R.G.N. 912/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

28/04/2010 dal Consigliere Dott. PAOLO STILE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FEDELI Massimo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso depositato il 29.3.1999 R.R. – premesso di aver lavorato come bracciante agricola alle dipendenze dell’azienda De Prisco Vincenzo di (OMISSIS), loc. (OMISSIS), nel 19917 per n. 51 giornate (e, precisamente, dal 3.3.1997 al 14.6.1997), e di avere invano richiesto all’I.N.P.S. il pagamento dell’indennità di maternità per astensione obbligatoria in relazione al parto del (OMISSIS) – chiedeva al Giudice del lavoro del Tribunale di Salerno che, dichiarata la sussistenza del dedotto rapporto di lavoro subordinato agricolo, condannasse il convenuto l.N.P.S. al pagamento, in suo favore, della somma di L. 8.633.016 per la detta indennità, oltre interessi.

Con altro ricorso, depositato il 7.4.1999, la R. chiedeva la condanna dell’Istituto anche al pagamento dell’indennità di maternità per astensione facoltativa, da liquidarsi come per legge, con accessori.

Costituitosi, l’INPS eccepiva in via preliminare: a) l’intervenuta decadenza ex D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47 sia per l’esercizio del diritto alla prestazione previdenziale, sia per la proposizione dell’azione giudiziaria; b) l’inammissibilità ed improcedibilità dei ricorso, non risultando provati nè la presentazione della domanda amministrativa, nè l’esaurimento del relativo procedimento;

c) l’intervenuta prescrizione annuale ai sensi della L. n. 138 del 1943, art. 6. Nel merito, poi, deduceva l’infondatezza delle avverse domande, delle quali chiedeva il rigetto, stante la mancanza di un valido rapporto di lavoro subordinato agricolo, nonchè del possesso dei requisiti minimi assicurativi e contributivi, fatti costitutivi del diritto reclamato.

L’I.N.P.S. contestava, altresì, l’esattezza dei conteggi elaborati la possibilità di rivendicare congiuntamente rivalutazione monetaria ed interessi. Disposta la riunione dei giudizi ed ammessa ed espletata prova testimoniale, il Giudice adito rigettava le domande.

Avverso tale decisione la R. proponeva appello, contestato dalla controparte. Con sentenza del 26 ottobre 2005 – 10 gennaio 2006, l’adita Corte di Appello di Salerno rigettava l’impugnazione.

A sostegno della decisione, dopo avere respinto le eccezioni preliminari sollevate dall’INPS, osservava che il materiale probatorio acquisito non consentiva di ritenere dimostrato l’effettività del rapporto lavorativo con assoggettamento della R. al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del presunto datore di lavoro, sicchè le avanzate pretese non potevano trovare accoglimento.

Per la Cassazione di tale pronuncia, ricorre R.R. con un unico motivo.

Resiste l’INPS con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con un unico complesso mezzo di impugnazione la ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 112 e 436 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5.

In particolare, l’istante sostiene che il Giudice di secondo grado sarebbe incorso nel vizio di ultrapetizione poichè la sig.ra R. aveva impugnato la sentenza di primo grado per dolersi soltanto della statuizione che la vedeva soccombente, ovvero dell’accoglimento dell’eccezione di prescrizione del diritto alle indennità di maternità richieste dalla lavoratrice, mentre il Giudice di secondo grado – pur in assenza di qualsivoglia pronuncia avanzata dalle parti in tal senso – era pervenuto al rigetto dell’impugnazione per aver ritenuto non provato un valido rapporto di lavoro agricolo.

Le argomentazioni addotte a sostegno di tali censure non hanno pregio. In primo luogo va rilevato che il giudice di primo grado ha correttamente omesso qualsiasi accertamento dei fatti costitutivi del diritto alle prestazioni di maternità, avendo risolto la controversia in accoglimento della pregiudiziale questione di merito concernente la conservazione del diritto fatto valere in giudizio.

Ne consegue che con il ricorso in appello la R. non poteva che riproporre, come in effetti ha riproposto, alla cognizione del giudice superiore, l’intera causa già decisa in primo grado (c.d.

effetto devolutivo dell’appello), ivi compresa la parte relativa all’accertamento del rapporto di lavoro agricolo nell’anno 1997, quale presupposto necessario per ottenere il riconoscimento del diritto alle invocate indennità di maternità. Ed in proposito, la Corte territoriale, con accertamento non oggetto di adeguata censura, ha ritenuto indimostrata l’effettività del rapporto lavorativo con assoggettamento della R. al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del presunto datore di lavoro e, comunque, per un tempo utile a far maturare il diritto alle richieste indennità di maternità.

Il ricorso va, pertanto, rigettato.

Nulla deve disporsi per le spese del presente giudizio ai sensi dell’art. 152 disp. att. c.p.c., nel testo anteriore a quello di cui al D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 42, comma 11, nella specie inapplicabile ratione temporis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 28 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 21 settembre 2010

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