Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19924 del 21/09/2010

Cassazione civile sez. lav., 21/09/2010, (ud. 27/04/2010, dep. 21/09/2010), n.19924

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIDIRI Guido – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere –

Dott. STILE Paolo – rel. Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

Dott. MELIADO’ Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 22765/2006 proposto da:

S.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA VAL DI

LANZO 79, presso lo studio dell’avvocato IACONO QUARANTINO GIUSEPPE,

rappresentato e difeso dall’avvocato PIRRONE LIBORIO BALSAMO, giusta

mandato in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

I.N.A.I.L – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI

INFORTUNI SUL LAVORO, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144,

presso lo studio degli avvocati LA PECCERELLA LUIGI e PUGLISI LUCIA,

giusta procura speciale atto notar CARLO FEDERICO TUCCARI di Roma del

07/08/06, rep. 71480;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 504/2006 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 18/04/2006 R.G.N. 36/02;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

27/04/2010 dal Consigliere Dott. PAOLO STILE;

udito l’Avvocato IACONO GIUSEPPE QUARANTINO per delega PIRRONE

BALSAMO LIBORIO;

udito l’Avvocato RASPANTI RITA per delega PUGLISI LUCIA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI Costantino, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso depositato il 9.6.2002, l’INAIL proponeva appello avverso la sentenza del G.L. del Tribunale di Termini Imerese del 15.11.2001 con cui era stato condannato a corrispondere, in favore di S. L., una rendita in misura del 15% per la ipoacusia contratta durante l’attività lavorativa espletata alle dipendenze della Itaikali s.p.a., contestando i risultati della c.t.u. ambientale nonchè di quella medica, ribadendo l’insussistenza dell’esposizione a rischio ed, in ogni caso, dolendosi della riconosciuta decorrenza della prestazione. Costituitosi, resisteva il S. chiedendo il rigetto dell’appello con integrale conferma della decisione impugnata.

Espletate due nuove consulenze tecniche, con sentenza del 23 marzo – l’8 aprile 2006, l’adita Corte di Appello di Palermo, sulla base delle stesse, in riforma della decisione di primo grado, rigettava la domanda proposta con il ricorso introduttivo.

Per la Cassazione di tale pronuncia, ricorre il S. con un unico motivo, ulteriormente illustrato da memoria, ex art. 378 c.p.c..

Resiste l’INAIL con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il proposto ricorso, S.L. denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 329 c.p.c., comma 2, nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa fatti controversi e decisivi per il giudizio (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5).

In particolare, il ricorrente lamenta che i Giudici di Appello avrebbero errato nel rigettare la domanda di riconoscimento del diritto alla rendita per mancato raggiungimento del minimo indennizzabile.

Sostiene che sulla quantificazione dei postumi permanenti, accertati in primo grado nella misura del 15%, si sarebbe formato il giudicato interno, posto che l’INAIL avrebbe proposto appello avverso la parte della sentenza che riconosceva l’origine professionale della patologia e non sulla entità della invalidità permanente.

Il ricorrente si duole, inoltre, che il Giudice del gravame abbia omesso di pronunciare sulla suddetta eccezione di giudicato.

Lamenta, ancora, che i Giudici di Appello avrebbero accordato preferenza ad un primo esame E.R.A. (che aveva accertato una incapacità parziale permanente dello 0,23%), invece che ad un secondo esame (che aveva accertato il 15% di postumi permanenti) senza motivare le ragioni di tale scelta e senza disporre la rinnovazione di un terzo esame, nonostante richiesto dal S..

Il ricorrente censura, infine, l’impugnata sentenza per aver disatteso, senza motivare sul punto, le risultanze di un terzo esame E.R.A., eseguito spontaneamente da esso S. presso l’Ospedale di (OMISSIS).

Il ricorso, pur valutato nelle sue diverse articolazioni, è infondato.

Non è, infatti, fondatamente sostenibile che, nella fattispecie, si sia formato il giudicato interno sulla entità dei postumi di natura professionale, dal momento che è pacifico che l’Istituto, con il ricorso in appello, ha contestato l’esistenza stessa della patologia professionale, con ciò censurando ab imis la statuizione impugnata.

Costituirebbe, d’altro canto, una evidente incongruenza la formazione del giudicato sulla misura dell’inabilità permanente scissa dal riconoscimento dell’origine professionale.

La sentenza della Corte Territoriale, alla quale, peraltro, è devoluta istituzionalmente l’interpretazione del contenuto dell’atto di appello (Cass. Lav. 7831/06; 8 138/05; 119/05) appare, perciò, corretta ed esente dal denunziato vizio.

Quanto al merito della controversia va rimarcato che il giudice di appello ha nominato due consulenti e sulla base delle relative relazioni, adeguatamente valutate, è pervenuto alla contestata conclusione.

Secondo il consolidato orientamento di questa Corte nel giudizio in materia di accertamento dell’inabilità da infortunio sul lavoro, qualora il giudice del merito si sia basato sulle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, affinchè sia denunciabile in Cassazione il vizio di omessa o insufficiente motivazione della sentenza è necessario che eventuali errori e lacune della consulenza, che si riverberano sulla sentenza, si sostanzino in carenze o deficienze diagnostiche, o in affermazioni illogiche o scientificamente errate, non già in semplici difformità – come nella specie – tra la valutazione del consulente circa l’entità e l’incidenza del dato patologico e il valore diverso allo stesso attribuito alla parte (Cass. 225/2000; 3519/2001; 9869/2004).

Per quanto precede, il ricorso va rigettato.

Nulla deve disporsi per le spese del presente giudizio ai sensi dell’art. 152 disp. att. c.p.c, nel testo anteriore a quello di cui al D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 42, comma 11, nella specie inapplicabile ratione temporis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 28 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 21 settembre 2010

 

 

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