Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19923 del 22/09/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 19923 Anno 2014
Presidente: ROSELLI FEDERICO
Relatore: BRONZINI GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso 19063-2013 proposto da:
SPANU

GIULIANA

ANITA

C.F.

SPNGNN56B53B792T,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA VIGLIENA 2,
presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO FALCONI
AMORELLI, che la rappresenta e difende giusta delega
in atti;
– ricorrente –

2014
contro

1759

CASA DI CURA LIOTTI S.P.A. C.F. 01678940543;
– intimata –

Nonché da:

Data pubblicazione: 22/09/2014

CASA DI CURA LIOTTI S.P.A. C.F. 01678940543, in
persona del

legale rappresentante pro tempore,

elettivamente

domiciliata

in

ROMA,

PIAZZA DEI

CAPRETTARI 70, presso lo studio dell’avvocato
GUARDASCIONE BRUNO, che lo rappresenta e difende

in atti;
– controricorrente e ricorrente incidentale contro

SPANU GIULIANA ANITA C.F. NN56B53B792T;
– intimata –

avverso la sentenza n. 2/2013 della CORTE D’APPELLO di
PERUGIA, depositata il 06/05/2013 r.g.n. 377/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 20/05/2014 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE
BRONZINI;
udito l’Avvocato FALCONI AMORELLI ALESSANDRO; .
udito l’Avvocato VALDINA OBERTO

I

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PAOLA MASTROBERARDINO, che ha concluso
peit, il rigetto del ricorso principale, rigetto del

ricorso incidentale.

unitamente all’avvocato VALDINA RODOLFO, giusta delega

Udienza 20.5.2014, causa n. 15

R.G. 19063/13

Spanu Giuliana Anita chiedeva al Tribunale di Perugia, in relazione all’attività professionale
prestata a favore della casa di Cura Liotti spa dal ’91 al (97 compensi ulteriori rispetto a quelli
corrisposti dalla Casa di cura; la Casa di cura chiedeva, invece, in via riconvenzionale la
restituzione di somme corrisposte in più alla lavoratrice. Il Tribunale di Perugia rigettava
quest’ultima domanda proposta in via riconvenzionale ed accoglieva la domanda principale;
secondo il Giudice di prime cure alcune delle somme percepite dalla lavoratrice si riferivano a
prestazioni diverse da quelle regolate dal contratto sottoscritto dalle parti e, quindi, espunte
tali somme dal conteggio al ricorso, ha accertato —sulla scorta della CTU- che alla Spanu aveva
ricevuto per le proprie prestazioni contrattuali euro 38.238, 97 in meno del dovuto ed ha
condannato la Casa di cura al pagamento di tale somma. La Corte di appello di Perugia con
sentenza del 6.5.2013 ha ricostruito, invece, l’impostazione della domanda ed ha osservato
che la stessa si fondava sull’inclusione delle ore di turni notturni al fine di valutare se le ore
svolte e regolate contrattualmente avessero superato il limite delle 144 ore mensili. Il
Tribunale aveva quindi effettivamente deciso in modo contraddittorio ed illogico perché aveva
accolto un rilievo unitario delle ore notturne e diurne e ma poi per quest’ultime aveva ritenuto
non potesse valere l’accordo contrattuale di base. Inoltre non sussisteva la prova che fosse
stato assunto un impegno da parte della Casa di cura a corrispondere importi differenti da
quelli definiti contrattualmente, impegno che il Tribunale aveva inferito da alcune schede
contabili che avrebbero comprovato l’awenuto pagamento di somme ulteriori rispetto a
quelle contrattualmente dovute per turni notturni e per degenti paganti. Le schede contabili
prodotte erano prive di sottoscrizione e la Casa di cura aveva contestato che i documenti
fossero stati da questa predisposti. Tali documenti erano privi di valore probatorio e neppure
indiziario e non poteva neppure inferirsi dalle contestate schede l’esistenza di intese verbali
relativf a compensi aggiuntivi rispetto a quelli contrattuali f visto che non era stato spiegato
perché la Spanu avesse percepito più del dovuto dal 1991 al 1994, ma meno di quanto
spettante per il 1996/97. Peraltro il contenuto dei contestati documenti contraddiceva la tesi
della Spanu che partiva dall’assunto che le ore notturne non fossero state corrisposte.
Conclusivamente per la Corte di appello il calcolo delle spettanze della Spanu andava riferito ai
soli compensi contrattualmente stabiliti, tenuto conto di quanto già comunque corrisposto:
alla stregua della CTU espletata non residuavano crediti della lavoratrice e quindi doveva
riformarsi la sentenza impugnata con il rigetto della domanda della lavoratrice. Circa la
domanda della Casa di cura diretta alla ripetibilità delle somme erogate in eccesso rispetto ai
minimi contrattuali la Corte di appello, alla luce dell’orientamento della giurisprudenza di
legittimità, riteneva che le stesse fossero irrèpetibili essendo possibile un trattamento di
miglior favore rispetto alle fonti contrattuali e cioè l’AEC che regola i rapporti di lavoro dei
medici nella case di cura private convenzionate. Il datore di lavoro peraltro non aveva

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

dimostrato l’esistenza di un errore essenziale e riconoscibile anche al lavoratore nei detti
pagamenti.
Per la cassazione di tale decisione propone ricorso con due motivi: resiste la Casa di cura con
controricorso che ha proposto ricorso incidentale con un motivo corredato da memoria
autorizzata ex art. 378 c.p.c.
Motivi della decisione

in primo grado come Pretore del lavoro aveva curato l’istruttoria.
Il motivo appare infondato in primo luogo perché il componente del Collegio di appello che
avrebbe partecipato al giudizio di primo grado per stessa ammissione della parte ricorrente
non ha deciso della controversia e quindi non sussiste una incompatibilità ( fass. n.
25229/2009). In secondo luogo la parte che oggi si duole non ha formulato alcuna istanza di
ricusazione ex art. 52 c.p.c. e neppure ha richiesto al Giudice in questione di astenersi. Parte
ricorrente deduce di avere conosciuto della situazione di pretesa incompatibilità solo con la
motivazione della sentenza di appello, ma di tale assunto non è stata offerta alcuna
dimostrazione o spiegazione di sorta.
Con il secondo motivo si allega la insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un fatto
decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. I documenti prodotti dalla
Spanu, sebbene privi di sottoscrizione, erano redatti su carta intestata della Casa di cura, non
erano stati tempestivamente contestati; costituivano un indizio circa l’esistenza di un patto tra
le parti sul pagamento delle ore notturne.
Il motivo appare infondato in quanto la Corte di appello ha già ricordato come le schede
contabili non erano state sottoscritte e la loro provenienza dalla Casa di cura era stata
contestata recisamente da parte di questa. Tali documenti, quindi, erano privi di valore
probatorio e neppure indiziario e non poteva neppure inferirsi dalle contestate schede
l’esistenza di intese verbali relativi a compensi aggiuntivi rispetto a quelli contrattuali visto che
non era stato spiegato perché la Spanu avesse percepito più del dovuto dal 1991 al 1994, ma
meno di quanto spettante per il 1996/97. Peraltro il contenuto dei contestati documenti
contraddiceva la tesi della Spanu che partiva dall’assunto che le ore notturne non fossero state
corrisposte. La motivazione pertanto appare congrua e logicamente coerente mentre le
censure appaiono di merito, dirette ad una “rivalutazione del fatto” come tale inammissibile in
questa sede e non prendono neppure in considerazione tutti gli argomenti utilizzati nella
motivazione della Corte di appello che ha peraltro insistito sul salto argomentativo nel volere
dimostrare l’esistenza di un patto relativo alla retribuzione ” a parte” delle ore notturne in
base a schede contabili non firmate e disconosciute.
Con il motivo del ricorso incidentale si allega la violazione degli artt. 2033 e 2077 c.c. in
relazione alla natura autonoma del rapporto intercorso tra le parti e all’azione di ripetizione
dell’indebito esercitata dalla Casa di cura Liotti nei confronti di Giuliana Spanu. La ir4petibilità

2

Con il primo motivo si allega la violazione di legge, art. 51 comma primo, n. 4 c.p.c. Violazione
degli artt. 25 e 111 della Costituzione. Del Collegio di appello aveva fatto parte il Giudice che

del trattamento di miglior favore corrisposto ai lavoratori rispetto al trattamento contrattuale
vale per i lavoratori dipendenti, non per gli autonomi.
Il motivo appare infondato alla luce della giurisprudenza di questa Corte che ha affermato che
il principio generale dell’irripetibilità delle somme indebitamente percepite in buona fede dai
lavoratori dipendenti è applicabile anche al medico convenzionato con la AUSL ( cass. n.
13235/2009): si tratta infatti di rapporti di lavoro caratterizzati dalla continuità della
prestazione e da un rapporto di para-subordinazione che sono — come nel caso in esameriferita a fattispecie generali e per la quale può valere il principio tipico del lavoro subordinato
di un trattamento di miglior favore rispetto alla regolazione in via contrattuale, eventualmente
in considerazione di specifiche particolarità del caso. Pertanto appare corretta la soluzione
raggiunta dai Giudici di appello che hanno verificato che il rapporto era regolato dall’AEC e
che, quindi, come per i casi esaminati dalla più recente giurisprudenza della Corte di legittimità
un compenso maggiore di quello previsto contrattualmente doveva ascriversi ad un
trattamento di miglior favore, a meno della dimostrazione di un errore non imputabile al
datore di lavoro riconoscibile anche allo stesso lavoratore ( cass. n. 818/2007), dimostrazione
che la Corte di appello ha ritenuto insussistente. Si devono quindi rigettare i ricorsi. Stante la
reciproca soccombenza sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del
giudizio di legittimità. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002 la Corte
dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente in via
principale e del ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato
pari a quello dovuto per il ricorso principale e per ricorso incidentale, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13.

P.Q.M.

La Corte:
riunisce i ricorsi e li rigetta. Compensa tra e parti le spese del giudizio di
legittimità. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002 la
Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del
ricorrente in via principale e del ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a
titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale e per
ricorso incidentale, a norma del comma 1- bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 20M2014
Il Consigliere estensore

Il Presidente

disciplinati da fonti collettive in cui, quindi, la pattuizione non è strettamente individuale ma

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