Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19921 del 20/09/2010

Cassazione civile sez. trib., 20/09/2010, (ud. 08/07/2010, dep. 20/09/2010), n.19921

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – rel. Presidente –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

M.P., elettivamente domiciliato in Roma Viale Marconi n.

152, presso lo studio dell’avv. SCIUTO Manlio, che lo rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che le rappresenta e difende;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

provinciale di Foggia, sez. 4^, n. 21, depositata il 0.2.2008.

Letta la relazione scritta redatta dal Consigliere relatore Dott.

Aurelio Cappabianca;

constatata la regolarità delle comunicazioni di cui all’art. 380 bis

c.p.c., comma 3.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Premesso:

che la decisione indicata in epigrafe ha dichiarato l’inammissibilità di ricorso in ottemperanza del giudicato Commissione tributaria provinciale di Foggia n. 170/11/03, in quanto ricorso già disatteso dalla decisione 43/11/06, a sua volta, divenuta definitiva;

rilevato:

che, avverso tale decisione, il contribuente propone ricorso per cassazione in due motivi;

– che l’Agenzia resiste con controricorso;

osservato:

che, con il primo motivo di ricorso, il contribuente deduce omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su punto decisivo e lamenta “error in procedendo” consistente nell’esser la decisione “fondata sul presupposto, contrario al vero, che il contenuto del presente è lo stesso di quello del precedente ricorso deciso con predetta sentenza n. 43/11/06”;

considerato:

– che il mezzo è inammissibile;

– che – in disparte l’incoerente deduzione di vizio motivazionale (peraltro, ad un tempo, per omessa o contraddittoria motivazione) al fine di denunziare un asserito error in procedendo – deve, invero, rilevarsi, a tacer d’altro, che il contribuente, con inevitabili negative ricadute sul piano dell’autosufficienza del motivo, non ha fornito alcuna indicazione idonea ad evidenziare l’assunta diversità della domanda di ottemperanza oggetto della decisione qui impugnata rispetto a quella definitivamente decisa con la sentenza n. 43/11/06;

osservato:

che, con il secondo motivo di ricorso, il contribuente deduce violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 70, comma 7, e formula il seguente quesito: “se, risulta ammissibile e proponibile il ricorso per l’ottemperanza ogni qualvolta l’effetto della decisione del Giudice di merito riguardo l’atto amministrativo annullato come nel caso sottoposto a Codesta Suprema Corte, non abbia soddisfatto pienamente l’interesse del contribuente nel diritto di vedere eseguiti tutti i precetti derivanti dal giudicato”;

considerato:

– che il motivo di ricorso non ottempera alle prescrizioni imposte, a pena d’inammissibilità, dall’art. 366 bis c.p.c., posto che, ai sensi della disposizione indicata, il quesito – dovendo assolvere la funzione di integrare il punto di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e l’enunciazione del principio giuridico generale – non può essere meramente generico e teorico ma deve essere calato nella fattispecie concreta, per mettere la Corte in grado poter comprendere dalla sua sola lettura, l’errore asseritamente compiuto dal giudice a quo e la regola applicabile (v. Cass. s.u. 3519/08);

– che, non diversamente dal primo mezzo, il motivo non risponde, peraltro, al requisito dell’autosufficienza, non fornendo, tra l’altro, alcuna concreta indicazione in merito all’asserita mancata integrale soddisfazione degli interessi del contribuente nell’attuazione del giudicato;

ritenuto:

che, pertanto, il ricorso del contribuente va dichiarato inammissibile nelle forme di cui agli artt. 375 e 380 bis c.p.c.;

che, per la soccombenza, il contribuente va condannato al pagamento delle spese di causa, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

la corte: dichiara inammissibile il ricorso; condanna il contribuente al pagamento delle spese di causa, liquidate in complessivi Euro 1.100,00 (di cui Euro 100,00 per esborsi) oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 8 luglio 2010.

Depositato in Cancelleria il 20 settembre 2010

 

 

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