Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1992 del 29/01/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 1992 Anno 2014
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: STALLA GIACOMO MARIA

SENTENZA

sul ricorso 17537-2010 proposto da:
PANZINI

ONOFRIO

PNZNFR48L29F280P,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA L MANTEGAZZA 24, presso lo
studio dell’avvocato GARDIN MARCO, rappresentato e
difeso dall’avvocato FRANZESE GAETANO giusta delega
in atti;
4

ricorrente

2013
contro

2377

FESTA

MARCO

FSTMRC59E29H501L,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA PLATONE 21, presso lo STUDIO
LEGALE STEFANELLI E PARTENERS, rappresentato e difeso

1

Data pubblicazione: 29/01/2014

dall’avvocato MOSCATELLO ORAZIO giusta delega in
atti;
– controricorrente •

nonchè contro

CURATELA FALLIMENTO DI FESTA MARCO ;

avverso la sentenza n. 244/2009 della CORTE D’APPELLO
di BARI, depositata il 11/05/2009 R.G.N. 1763/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 10/12/2013 dal Consigliere Dott. GIACOMO
MARIA STALLA;
udito l’Avvocato GAETANO FRANZESE;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. CARMELO CELENTANO che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso p.q.r.

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– intimata –

Ric.n.17537/10 rg.

Svolgimento del processo.

Con ricorso depositato il 15 ottobre 2001, Festa Marco conduttore di locali abitativi in proprietà di Panzini Onofrio
fino al 27 agosto 97, data di rilascio coattivo dei medesimi per

quest’ultimo venisse condannato ex art.3, 4^ co., L.21 febbraio
’89 n.61 di conv.del DL 30 dicembre ’88 n.551, al pagamento di
somma pari a 48 mensilità di canone (oltre al rimborso delle spese
di trasloco); ciò perchè l’immobile da lui rilasciato non era
stato adibito, nei 90 giorni di legge nè successivamente, ad
abitazione del locatore, contrariamente all’intendimento da questi
dichiarato a sostegno dell’istanza di riconsegna.
Nella opposizione del Panzini, interveniva la sentenza n. 2084
del 26 settembre 2005 con la quale il tribunale di Bari respingeva
la domanda del Festa e compensava le spese di lite; osservava il
tribunale che l’articolo 3, 4^ co.cit. era stato abrogato
dall’articolo 14, terzo comma, legge 9 dicembre ’98 n.431; e che
l’efficacia ultrattiva della norma abrogata (così come prevista
dal quinto comma dell’articolo 14 in oggetto) non poteva nella

asserita necessità abitativa del Panzini medesimo – chiedeva che

specie operare, atteso che né il contratto di locazione in oggetto
né il giudizio erano in corso alla data di entrata in vigore della
norma abrogatrice.
Interposto gravame dal Festa, interveniva la sentenza n.

2444

dell’il maggio 2009 con la quale la corte di appello di Bari, in
accoglimento dell’appello, condannava il Panzini, ex art.3, 4^ co.
L.61/89, al pagamento della somma di euro 12.717,23 oltre
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Ric.n.17537/10 rg.

accessori e spese del doppio grado. Rilevava la corte territoriale
che: – la norma abrogatrice non aveva effetto retroattivo; – essa
doveva ritenersi applicabile, oltre che ai contratti ancora in
corso anche, ed a fortiori,

a quelli già esauritisi prima della

sua entrata in vigore; – il Festa era nella specie titolare di un

prescrizione (anche ad evitare vuoti normativi comportanti un
difetto di tutela di rapporti giuridici identici a quelli per i
quali la legge abrogativa aveva disposto l’applicazione della
normativa previgente).
Avverso tale sentenza il Panzini propone ricorso per cassazione
– notificato anche al curatore del fallimento del Festa,
dichiarato il 14 luglio 2008 – sulla base di due motivi; resiste
con controricorso il Festa che ha depositato anche memoria ex
art.378 cod.proc.civ. .
Motivi della decisione.

Il secondo motivo di ricorso – il cui accoglimento determina
l’assorbimento del primo, incentrato sulla mancata interruzione
del processo a seguito del fallimento del Festa – è fondato.
Con esso il Panzini deduce violazione e falsa applicazione di
norme di diritto ex articolo 360, 1^co., n.3) cpc con riferimento
all’art.14 co.5 1.431/98 cit., dal momento che – come già
correttamente affermato dal tribunale ed inopinatamente disatteso
dalla corte di appello – la norma invocata dal Festa (art.3 4^ co.
L.61/89 di conv.del dl 551/88 cit.) a sostegno della propria
pretesa era stata abrogata con l’entrata in vigore (30 dicembre
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diritto già acquisito che trovava limite soltanto nel termine di

Ric.n.17537/10 rg.

98) dell’articolo 14, 3^co. L. 431/98. In tale momento non poteva
ritenersi applicabile la disposizione di ultrattività di cui al
quinto comma dell’art.14 cit., dal momento che: – il contratto di
locazione era già cessato (riconsegna coattiva dei locali 27
agosto 97); – il giudizio non era ancora stato proposto (in quanto

Il Festa ha agito in giudizio per far valere il disposto di cui
all’art..3 4^ co. 1.61/89 di conv. del dl 551/88 cit., il quale
stabiliva quanto segue:

“Il locatore che, nel termine di 90

giorni dall’avvenuta consegna, non abbia adibito, senza
giustificato motivo, l’immobile ad abitazione propria, del
coniuge, dei genitori o dei figli, e tenuto al rimborso delle
spese di trasloco e degli altri oneri sopportati dal conduttore
e al risarcimento del danno, in misura non inferiore a 48
mensilita’ del canone, determinato ai sensi degli articoli da 12 a
24 della legge 27 luglio 1978, n. 392 (…)”.
Poiché questa disposizione è stata espressamente abrogata
dall’art.14.3 1.431/98, entrata in vigore il 30 dicembre 98, deve
affermarsi – in sintonia con quanto ritenuto dal tribunale – che
il Festa abbia dedotto in giudizio la tutela di un diritto
soggettivo che l’ordinamento non reputava più tale.
E’ vero che la norma abrogativa conteneva una clausola di
ultrattività, in forza della quale (art.14 cit., co 5^):

“Ai

contratti per la loro intera durata ed ai giudizi in corso alla
data di entrata in vigore della presente legge continuano ad
applicarsi ad ogni effetto le disposizioni normative in materia di
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introdotto soltanto il 15 ottobre 2001).

Ric.n.17537/10 rg.

locazioni vigenti prima di tale data”, ma la perdurante vigenza
della norma abrogata veniva in tal maniera ancorata al riscontro
di due presupposti alternativi, insiti nel fatto che – al momento
dell’abrogazione – il contratto di locazione fosse ancora in
corso, ovvero che fosse già pendente il relativo giudizio.

– come è pacifico – al momento dell’abrogazione il contratto di
locazione con il Festa era da tempo cessato; mentre il giudizio
volto all’ottenimento della somma in questione sarebbe stato
proposto quasi tre anni dopo.
Ciò appare sufficiente ad escludere che la norma abrogata possa
estensivamente sortire effetto anche con riferimento ai contratti
già completamente esauritisi al momento della sua abrogazione, dal
momento che tale evenienza urta – in primo luogo – con la lettera
della norma, la quale fa salva la perdurante applicabilità della
disposizione abrogata solo se il rapporto locativo sia ancora in
essere, non anche se esso sia esaurito. La chiara opzione
legislativa, insuscettibile di essere applicata oltre i casi da
essa previsti, deriva da una scelta discrezionale ed insindacabile
di politica legislativa – anche in ragione della natura
sostanzialmente sanzionatoria rivestita dalla norma abrogata nei
confronti di una delle parti del rapporto – in forza della quale
il venir meno dell’effetto abrogativo trova giustificazione solo
con riguardo a rapporti locativi ancora in essere; ovvero anche a
rapporti già cessati, ma a condizione, in quest’ultimo caso, che
sia pendente il giudizio.
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Nessuno di tali presupposti è dato qui riscontrare, atteso che

Ric.n.17537/10 rg.

Con riguardo alla prima ipotesi di esenzione (rapporti locativi
fino alla loro intera durata), la scelta legislativa è stata
evidentemente quella di preservare gli effetti della norma
abrogata in funzione di deterrenza, nei contratti abitativi in
corso, dell’utilizzo strumentale da parte del locatore

seconda ipotesi di esenzione (giudizi in corso), la scelta è
derivata dall’esigenza di non incidere sul rapporto

sub iudice con

interventi normativi sopravvenuti.
In tale contesto – che non è propriamente di retroattività
della norma abrogativa, avente di per sé effetto immediato, quanto
di ultrattività della norma abrogata limitatamente a particolari
fattispecie – non pare esatto quanto affermato dalla corte di
appello, secondo cui il riferimento del quinto comma dell’articolo
14 1. 431/98 ai contratti in corso e ‘per la loro intera durata’
andrebbe inteso nel senso che ‘a maggior ragione’ la norma
abrogata dovrebbe applicarsi ai rapporti già cessati prima della
sua entrata in vigore; dal momento che in tal maniera si
verrebbero ad accomunare fattispecie diverse e suscettibili di
fondare diverse scelte normative.
Né potrebbe sostenersi l’argomento per cui se davvero la norma
abrogativa avesse voluto travolgere anche i rapporti esauriti,
certo avrebbe fatto espressa menzione della relativa decadenza;
dal momento che nella specie non di decadenza si tratta, ma del
venir meno di un presupposto sostanziale del diritto che in tant

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dell’istanza di rilascio per uso proprio. Con riguardo alla

Ric.n.17537/10 rg.

il legislatore ha ritenuto tutelabile, in quanto riconducibile ad
un rapporto ancora negozialmente o processualmente aperto.
Nessun argomento a favore della tesi del Festa potrebbe poi
trarsi dalla sentenza di questa corte 14 maggio 2003 n.7376 da lui
citata, trattandosi di pronuncia relativa ad una fattispecie

intervenuta in pendenza di giudizio.
Ne segue l’accoglimento del ricorso e

sussistendo i

presupposti per la pronuncia nel merito attesa la
incontrovertibilità dei fatti e la non necessità di ulteriori
indagini ex art.384 cod.proc.civ. – la reiezione della domanda
proposta dal Festa.
Questi dovrà essere condannato al pagamento delle spese del
presente giudizio di legittimità liquidate, ai sensi del DM
Giustizia 20 luglio 2012 n.140, come in dispositivo.
La novità e controvertibilità della questione depongono invece
per la compensazione tra le parti delle spese dei gradi di merito.

Pqra

accoglie il ricorso;
decidendo nel merito, rigetta la domanda del Festa;
compensa tra le parti le spese dei gradi di merito;
condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del
presente giudizio di cassazione che liquida in euro
1.500,00 , di cui euro 200,00 per esborsi; oltre accessori
di legge.
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diversa dalla presente, nella quale la norma abrogativa era

Ric.n.17537/10 rg.

Così deciso nella camera di consiglio della terza sezione civile

in data 10 dicembre 2013.

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