Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1992 del 28/01/2010

Cassazione civile sez. I, 28/01/2010, (ud. 19/10/2009, dep. 28/01/2010), n.1992

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. SCHIRO’ Stefano – rel. Consigliere –

Dott. FITTIPALDI Onofrio – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

D.L., elettivamente domiciliata in Roma, Piazza Cavour

presso la Cancelleria della Corte di cassazione, rappresentata e

difesa dall’avv. MARRA Alfonso Luigi giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, domiciliato in Roma, via dei Portoghesi 12, presso

l’Avvocatura generale dello Stato, che lo rappresenta e difende per

legge;

– controricorrente –

avverso il decreto della Corte d’appello di Napoli, cron. n. 3328/07

del 10 luglio 2007, nel procedimento iscritto al n. 224/07 V.G.;

alla presenza del Pubblico ministero, in persona del sostituto

procuratore generale, Dott. PATRONE Ignazio;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

19 ottobre 2009 dal relatore, cons. Dott. Schiro’ Stefano.

LA CORTE:

Fatto

FATTO E DIRITTO

A) rilevato che e’ stata depositata in cancelleria, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., la seguente relazione, comunicata al Pubblico Ministero e notificata agli avvocati delle parti:

“IL CONSIGLIERE RELATORE, letti gli atti depositati;

RITENUTO CHE:

1. d.L. ha proposto ricorso per Cassazione avverso il decreto in data 10 luglio 2007, con il quale la Corte di appello di Napoli ha condannato il Ministero dell’Economia e delle Finanze al pagamento in suo favore della somma di Euro 13.000,00, a titolo di indennizzo per il superamento in primo grado del termine di ragionevole durata di un processo, instaurato davanti al Tar Campania per attribuzione di scatti di anzianita’ con ricorso del 27 maggio 1989 e non ancora definito;

1.1. il Ministero intimato ha resistito con controricorso;

OSSERVA:

2. la Corte di appello di Napoli ha accolto la domanda nella misura di Euro 13000,00, a titolo di indennizzo del solo danno non patrimoniale, avendo accertato una durata del processo superiore di tredici anni a quella ragionevole, determinata in tre anni, e liquidato l’indennizzo nella misura di Euro 1.000,00,00 ad anno;

3. parte ricorrente censura il decreto impugnato, proponendo dodici motivi di ricorso, con i quali lamenta:

3.1. la mancata applicazione della normativa comunitaria alla stregua dell’interpretazione fornita dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo, con la formulazione del seguente quesito di diritto: la L. n. 89 del 2001 e specificamente l’art. 2 costituisce applicazione dell’art. 65 par. 1 della CEDU e in ipotesi di contrasto tra la legge Pinto e la Convenzione europea dei diritti dell’uomo ovvero di lacuna della legge nazionale si deve disapplicare la legge nazionale ed applicare la CEDU? (primo motivo);

3.2. il calcolo dell’equo indennizzo solo con riferimento al periodo eccedente la ragionevole durata della causa, e non all’intera durata del giudizio e l’inosservanza, con vizio di motivazione, dei parametri europei ai fini della quantificazione del danno non patrimoniale (secondo e terzo motivo);

3.3. il mancato riconoscimento, in violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato e senza motivazione, del bonus di Euro 2.000,00 in ragione della natura della controversia attinente a questione inerente a rapporto lavoro (quarto, quinto e sesto motivo);

3.4. l’insufficiente liquidazione delle spese processuali, con vizio di motivazione, con erronea applicazione delle tariffe professionali vigenti riguardanti i procedimenti di volontaria giurisdizione, anziche’ i giudizi ordinali dinanzi alla Corte d’appello, senza tener conto degli onorari liquidati dalla CEDU e disattendendo la nota spese depositata, (motivi da sette a dodici);

4. il primo motivo appare inammissibile, in quanto il quesito formulato e’ del tutto generico e senza nessuna attinenza al decisum del decreto impugnato;

4.1. il secondo ed il terzo motivo appaiono manifestamente infondati, in quanto, da un lato, e’ vincolante per il giudice nazionale, il disposto della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, comma 3, lett. a), ai sensi del quale e’ influente solo il danno riferibile al periodo eccedente il termine ragionevole di durata del processo (Cass. 2005/21597; 2008/14), e, sotto altro profilo, in quanto, in tema di equa riparazione ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, nella liquidazione del danno non patrimoniale, il giudice nazionale, pur non potendo ignorare i criteri applicati in casi simili dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, ha comunque facolta’ di apportare, motivatamente e non irragionevolmente, le deroghe giustificate dalle circostanze concrete della singola vicenda, le quali, peraltro, non possono fondare la decisione di liquidare somme che non siano in relazione ragionevole con quella – tra i 1000,00 e i 1500,00 Euro – accordata dalla predetta Corte negli affari consimili (Cass. 2006/24356; 2007/2254); nella specie, la Corte di appello si e’ attenuta a tali principi, facendo riferimento ai parametri CEDU sia pure nella misura minima;

4.2. il quarto, quinto e sesto motivo appaiono manifestamente infondati, in quanto non puo’ ravvisarsi un obbligo di diretta applicazione dell’orientamento della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, secondo cui va riconosciuta una somma forfetaria nel caso di violazione del termine nei giudizi aventi particolare importanza, fra cui anche la materia del lavoro; da tale principio, infatti, non puo’ derivare automaticamente che tutte le controversie di tal genere debbano considerarsi di particolare importanza, spettando al giudice del merito valutare se, in concreto, la causa previdenziale abbia avuto una particolare incidenza sulla componente non patrimoniale del danno, con una valutazione discrezionale che non implica un obbligo di motivazione specifica, essendo sufficiente, nel caso di diniego di tale attribuzione, una motivazione implicita (Cass. 2006/9411; 2008/6898);

4.3. appare invece manifestamente fondata la censura di cui al punto 3.4., in ordine all’erronea applicazione della tariffa relativa alla volontaria giurisdizione, anziche’ di quella attinente al contenzioso (Cass. 2008/25352), mentre possono ritenersi manifestamente infondate le ulteriori censure in quanto parte ricorrente non ha specificamente e analiticamente indicato, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso per Cassazione, le voci e gli importi richiesti e a lei spettanti (Cass. 2005/21325; 2006/9082), ne’ ha dimostrato specificamente l’attribuzione di importi inferiori ai minimi inderogabili (Cass. 2007/5318), ma si e’ limitata alla generica denuncia dell’inosservanza delle tariffe professionali vigenti, nonche’ delle voci e degli importi indicati nella nota spese, fermo restando che in tema di spese processuali possono essere denunciate in sede di legittimita’ solo violazioni del criterio della soccombenza o liquidazioni che non rispettino le tariffe professionali (Cass. 1999/4347; 2000/4818; 2001/1485) e che nei giudizi di equa riparazione la liquidazione delle spese processuali della fase davanti alla Corte di appello deve essere effettuata in base alle tariffe professionali previste dall’ordinamento italiano, senza tener conto degli onorari liquidati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (Cass. 2008/23397);

5. alla stregua delle considerazioni che precedono e qualora il collegio condivida i rilevi formulati ai punti 4., 4.1., 4,2. e 4.3.

si ritiene che il ricorso possa essere trattato in Camera di consiglio ai sensi degli artt. 375 e 380 bis c.p.c.”;

B) osservato che le parti non hanno depositato memoria e che, a seguito della discussione sul ricorso tenuta nella camera di consiglio, il collegio ha condiviso le considerazioni esposte nella relazione;

ritenuto che, alla stregua delle argomentazioni svolte in detta relazione, vanno accolti per manifesta fondatezza, nei termini precisati nella relazione stessa, i motivi da sette a dodici, respinte le altre doglianze formulate in detti motivi, mentre devono essere rigettate le censure di cui ai restanti motivi, e che il decreto impugnato deve essere annullato in relazione alla censura accolta;

ritenuto che, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa puo’ essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 1, con condanna del Ministero dell’Economia e delle Finanze al pagamento in favore della d. delle spese del giudizio di merito, liquidate come in dispositivo in base alle tariffe professionali previste dall’ordinamento italiano con riferimento al giudizio di natura contenziosa (Cass. 2008/23397;

2008/25352), con distrazione in favore del procuratore della ricorrente, avv. Alfonso Luigi Marra, dichiaratosi antistatario;

ritenuto altresi’ che le spese del giudizio di cassazione – da liquidarsi come in dispositivo con compensazione nella misura di due terzi, atteso l’accoglimento parziale del ricorso solo per quanto riguarda le spese del giudizio di merito e unicamente sotto il profilo dell’erronea applicazione della tariffa relativa alla volontaria giurisdizione, anziche’ di quella attinente al contenzioso – vanno poste a carico del Ministero soccombente, con distrazione delle stesse in favore del difensore della ricorrente, avv. Alfonso Luigi Marra, dichiaratosi antistatario.

P.Q.M.

LA CORTE Accoglie i motivi da sette a dodici nei termini di cui in motivazione, respinte le altre doglianze formulate in detti motivi, e rigetta le censure di cui ai restanti motivi. Cassa il decreto impugnato in ordine alla censura accolta e, decidendo nel merito, condanna il Ministero dell’Economia e delle Finanze al pagamento in favore di d.L. delle spese del giudizio di merito, che si liquidano in Euro 1.078,00 di cui Euro 378,00 per diritti ed Euro 100,00 per spese, oltre a spese generali e accessori di legge, con distrazione in favore del procuratore della ricorrente, avv. Alfonso Luigi Marra, dichiaratosi antistatario.

Condanna il Ministero dell’Economia e delle Finanze al pagamento in favore di d.L. delle spese del giudizio di cassazione, compensate per due terzi, che si liquidano per l’intero in Euro 900,00, di cui Euro 800,00 per onorari, con distrazione in favore del difensore della ricorrente, avv. Alfonso Luigi Marra, dichiaratosi antistatario.

Cosi’ deciso in Roma, il 19 ottobre 2009.

Depositato in Cancelleria il 28 gennaio 2010

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