Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1992 del 24/01/2022

Cassazione civile sez. VI, 24/01/2022, (ud. 17/06/2021, dep. 24/01/2022), n.1992

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21510-2020 proposto da:

D.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE REGINA

MARGHERITA 239, presso lo studio dell’avvocato VALENTINA VALERI,

rappresentato e difeso dall’avvocato GIACOMO CAINARCA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– resistente –

avverso il decreto n. cronol. 4375/2020 del TRIBUNALE di MILANO,

depositato l’08/06/2020;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 17/06/2021 dal Consigliere Relatore Dott. CLOTILDE

PARISE.

 

Fatto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con decreto n. 4375/2020 pubblicato l’8-6-2020, il Tribunale di Milano ha respinto il ricorso proposto da D.M., cittadino della Guinea, avente ad oggetto in via gradata il riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria, all’esito del rigetto della relativa domanda da parte della competente Commissione territoriale. Il Tribunale ha ritenuto non credibile, in ordine all’esistenza del presupposto di persecuzione ovvero di gravi timori in caso di rimpatrio, il racconto del richiedente, il quale riferiva di essere fuggito dal suo Paese a causa degli scontri etnici verificatisi a (OMISSIS) tra gli appartenenti alle etnie (OMISSIS) e (OMISSIS) a luglio 2013 e di temere per la propria incolumità, in caso di rientro nel Paese, attesa la perdurante conflittualità tra le etnie. Per quanto ancora di interesse, il Tribunale non ha ritenuto sussistenti i presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria, non ravvisando alcun profilo di vulnerabilità, avuto anche riguardo alla situazione generale e geo-politica della Guinea, descritta nella sentenza impugnata con indicazione delle fonti di conoscenza, considerato che le attività di tirocinio lavorativo e di volontariato svolte dovevano essere ricondotte al contesto fattuale e giuridico del sistema nell’ambito del quale si erano svolte e che non fossero ravvisabili disparità di rilevanza ai fini dell’indagine sulla vulnerabilità tra la condizione di vita condotta in Italia rispetto a quella del Paese di provenienza, secondo i criteri enunciati da questa Corte con la pronuncia n. 4455/2018.

2. Avverso il suddetto provvedimento, il ricorrente propone ricorso per cassazione, affidato a un motivo, nei confronti del Ministero dell’Interno, che si è costituito tardivamente, al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.

3. Il motivo di ricorso è così rubricato: “Violazione dell’art. 10 Cost., comma 3, e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5”. Con unico, articolato motivo il ricorrente, richiamando la normativa di riferimento e la giurisprudenza della Corte EDU e di questa Corte, lamenta assenza di comparazione tra la sua situazione attuale e quella in cui verrebbe a trovarsi in caso di rimpatrio, avendo la Corte territoriale omesso di considerare la condizione socio-culturale di provenienza e l’età del richiedente, il quale si trovava in una condizione di insicurezza nel suo Paese, in ragione delle minacce subite a causa della posizione del padre e della famiglia in generale, ed è invece inserito in un progetto di accoglienza in Italia. Deduce che la misura di protezione richiesta si applica ad una platea di soggetti più vasta rispetto a quella indicata dai Giudici di merito, ribadisce l’assenza di comparazione nel senso indicato nella pronuncia di questa Corte n. 4455/2018, poiché la condizione di vulnerabilità consegue anche da condizioni di vita inadeguate e non sufficienti per un’esistenza dignitosa e dall’incolmabile sproporzione tra i due contesti di vita, richiama il disposto dell’art. 10 Cost., e la circolare del Ministero dell’Interni 30 luglio 2015, nella quale sono indicativi i fattori ostativi al rimpatrio in dignità e sicurezza. Lamenta l’omesso esame di documenti di particolare rilevanza, quali quelli attinenti alla sua attività lavorativa attuale, essendosi la Corte di merito limitata all’analisi dell’attività svolta in regime di accoglienza.

4. Il ricorso è inammissibile per difetto di valida procura.

4.1. Con la recentissima sentenza 01/06/2021 n. 15177, le Sezioni Unite di questa Corte hanno chiarito che il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 13, richiede, quale elemento di specialità rispetto alle ordinarie ipotesi di rilascio della procura speciale regolate dagli artt. 83 e 365 c.p.c., il requisito della posteriorità della data rispetto alla comunicazione del provvedimento impugnato, prevedendo una speciale ipotesi di “inammissibilità del ricorso”, nel caso di mancata certificazione della data di rilascio della procura in suo favore da parte del difensore.

Nella procura predetta, pertanto, deve essere contenuta in modo esplicito l’indicazione della data successiva alla comunicazione del provvedimento impugnato ed il difensore può certificare, anche solo con una unica sottoscrizione, sia la data della procura successiva alla comunicazione che l’autenticità della firma del conferente, purché tale autentica risulti chiaramente riferibile sia alla data che alla firma.

Tale interpretazione della portata precettiva della norma citata, hanno altresì chiarito le Sezioni Unite, risulta compatibile con il quadro del diritto dell’Unione Europea e con i principi di diritto costituzionale nonché della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo.

4.2. Nella specie, la procura contiene solo la dicitura “per autentica” in calce alla firma del conferente ed il riferimento al decreto impugnato. La procura non contiene alcuna espressione dalla quale risulti che il difensore abbia inteso certificare che la data di conferimento della procura sia stata successiva alla comunicazione del provvedimento impugnato, recando unicamente l’autenticazione della firma con la formula “per autentica”.

Ne consegue l’invalidità della procura, in applicazione dei principi suesposti, ed è pertanto precluso l’esame del merito.

5. Nulla per le spese del giudizio di cassazione, stante il mancato svolgimento di attività difensiva da parte del Ministero.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto (Cass. S.U. n. 5314/2020).

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 17 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 24 gennaio 2022

 

 

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