Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19919 del 27/07/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 19919 Anno 2018
Presidente: AMENDOLA ADELAIDE
Relatore: SCRIMA ANTONIETTA

ORDINANZA
sul ricorso 16766-2017 proposto da:
MASTRIA ROCCO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FEDERICO
CESI 72, presso lo studio dell’avvocato LUCA FALIVENA,
rappresentato e difeso dall’avvocato GIOVANNI CECCHET;
– ricorrente contro
ADER – AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE già SESIT PUGLIA
SPA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e
difende ope legis;
– controricorrente avverso la sentenza n. 1348/2016 della CORTE D’APPELLO di BARI,
depositata il 22/12/2016;

Data pubblicazione: 27/07/2018

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 5/07/2018 dal Consigliere Dott. ANTONIETTA
SCRIMA.
FATTI DI CAUSA
Rocco Mastria nel 2005 convenne in giudizio la SESIT Puglia

Entrate – Riscossione) per sentirla condannare al risarcimento dei
danni da lui subiti in conseguenza della caduta avvenuta nella mattina
del 3 maggio 2004 mentre, varcando la soglia di ingresso agli uffici
della società convenuta, era inciampato nel gradino ivi posto.
La convenuta si costituì chiedendo il rigetto della domanda.
Il Tribunale di Bari, con sentenza depositata il 30 maggio 2011,
rigettò la domanda, stante la mancanza di prova del presupposto in
fatto su cui essa era stata prospettata, vale a dire l’obiettiva
insidiosità del gradino uestione, e condannò l’attore alle spese.
Il Mastria propose appello cui si oppose Equitalia Sud S.p.A.
La Corte di appello di Bari, con sentenza depositata il 22 dicembre
2016, rigettò il gravame e condannò l’appellante alle spese di quel
grado.
Avverso la sentenza della Corte di merito Rocco Mastria ha
proposto ricorso per cassazione, basato su due motivi, cui ha resistito
ADER – Agenzia delle Entrate – Riscossione con controricorso.
La proposta del relatore è stata ritualmente comunicata,
unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di
consiglio, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.

Il Collegio ha disposto la redazione dell’ordinanza con

motivazione semplificata.
2. Con il primo motivo, deducendo violazione e falsa applicazione
dell’art. 2051 cod. civ., il ricorrente censura la sentenza impugnata
nella parte in cui ha affermato che, a prescindere dalla questione,
Ric. 2017 n. 16766 sez. M3 – ud. 05-07-2018
-2-

S.p.A. (poi Equitalia Sud S.p.A. e attualmente ADER – Agenzia delle

pure posta dalla parte appellata con la relativa eccezione,

«se il

Mastria potesse qualificare in grado d’appello la causa petendi della
sua domanda ai sensi dell’art. 2051 c.c., dopo averla invece
impostata sul ben diverso paradigma di cui all’art. 2043» nel corso
dell’intero giudizio di primo grado, senza con ciò violare il divieto di

l’appellante non avesse dato la prova che il gradino in questione fosse
in qualche modo anomalo ma si era limitato ad affermare
apoditticamente che fosse in cattive condizioni, sicché era sfornita di
prova la doglianza avanzata dall’attore sul fatto sostanziale
presupposto, cioè che il suo “incespicarnento” fosse dipeso «da un
traballamento (o simile) del gradino, e non piuttosto da una sua
malaccortezza nel poggiarvi il piede» ed aveva, quindi, rigettato
l’impugnazione.
Sostiene il ricorrente che l’istruttoria espletata in primo grado ed
in particolare la prova testimoniale avessero dimostrato che l’evento
era stato causato «dalle cattive condizioni e dall’inadeguato stato di
manutenzione del gradino posto all’interno dei locali della resistente»
e che i rilievi fotografici prodotti erano sufficienti a dimostrare la
pericolosità nonché l’aspetto insidioso del gradino in parola, «stante
la misura ridotta del danno allo stesso nonché la sua uniformità
cromatica alla restante parte del gradino nonché del pavimento
attiguo».
Ad avviso del ricorrente, la domanda andrebbe qualificata come
proposta ai sensi del 2051 cod. civ., sicché la responsabilità del
custode del danno causato dalla cosa dovrebbe essere esclusa solo
dal fortuito ed invece la controparte non avrebbe posto in essere ogni
possibile accorgimento per evitare l’evento per cui è causa e non
avrebbe provato il caso fortuito, al fine di essere esentata da
responsabilità.

Ric. 2017 n. 16766 sez. M3 – ud. 05-07-2018
-3-

cui all’art. 345 cod. proc. civ., ha ritenuto risolutivo il fatto che

2.1. Il motivo è inammissibile per difetto di specificità, con
riferimento, in particolare, alla pretesa qualificazione della domanda,
non essendo stato riportato in ricorso in quali esatti termini
quest’ultima sia stata proposta (Cass., ord., 22/12/2017, n. 30920;
Cass. 24/04/2018, n. 10072), con conseguente assorbimento di ogni

In particolare si evidenzia che la premessa logica da cui parte il
ricorrente è la qualificazione della domanda proposta quale domanda
ex art. 2051 cod. civ. ma detta parte non ha fornito elementi da cui
desumere in che termini la domanda sia stata proposta onde
verificare se i fatti enunciati sin dall’atto introduttivo consentissero o
meno la sussunzione della fattispecie concreta nella fattispecie
astratta prevista dalla richiamata norma, questione che la Corte di
merito ha obliterato decidendo chiaramente la causa in base alla
ragione ritenuta più liquida.
3. Con il secondo motivo si deduce l’omesso esame circa un fatto
decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti e omessa
valutazione, da parte del giudice di secondo grado, delle risultanze
dell’istruttoria svolta nel giudizio di primo grado e, in particolare,
della prova testimoniale, limitandosi al riguardo il ricorrente a
sostenere che la Corte di merito non avrebbe esaminato la
deposizione testimoniale resa da Antonio Sarcina.
3.1. Il motivo è inammissibile, non costituendo propriamente la
lamentata valutazione della prova, da parte del Giudice del merito,
omesso esame del fatto storico di cui all’art. 360, n. 5, cod. proc. civ.
novellato, e non essendo stata neppure dedotta la decisività di tale
omissione (Cass., sez. un., 7/04/2014, n. 8053; Cass. 10/06/2016,
n. 11892; Cass., ord., 4/10/2017, n. 23238).
4. Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile.
5. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in
dispositivo.
Ric. 2017 n. 16766 sez. M3 – ud. 05-07-2018
-4-

altra questione prospettata con il mezzo in parola

6. Va dato atto della sussistenza dei presupposti per il
versamento, da parte del ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater, d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1,
comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore
importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il

P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente
al pagamento, in favore della società controricorrente, delle spese del
presente giudizio di legittimità, che liquida in euro 1.400,00 per
compensi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15%, agli
esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge; ai sensi
dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, nel
testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012,
n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento,
da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis
dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta
Civile – 3 della Corte Suprema di Cassazione, il 5 luglio 2018.
Il Presidente

ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.

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