Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19917 del 27/07/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 19917 Anno 2018
Presidente: AMENDOLA ADELAIDE
Relatore: SCRIMA ANTONIETTA

ORDINANZA
sul ricorso 15826-2017 proposto da:
FORTINI RENATA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLE
FORNACI 38, presso lo studio dell’avvocato FABIO ALBERICI,
rappresentata e difesa dall’avvocato FRANCESCO ROSSI;
– ricorrente contro
CAPPELLI MARCO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SALARIA
292, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO BALDI, rappresentato
e difeso dall’avvocato ALESSIO MONACCHINI;
– con troricorrente avverso la sentenza n. 351/2017 del TRIBUNALE di AREZZO,
depositata il 22/03/2017;

Data pubblicazione: 27/07/2018

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 5/07/2018 dal Consigliere Dott. ANTONIETTA
SCRIMA.
FATTI DI CAUSA
Renata Fortini convenne in giudizio, dinanzi al Giudice di pace di

della somma di euro 1.100,00, poi ridotta, nel corso del processo, ad
euro 850,00, percepita dal professionista quale parziale pagamento
delle spese legali poste a carico della predetta dal Tribunale di Arezzo
con sentenza n. 361/2011, riformata successivamente dalla Corte
territoriale, che aveva compensato le spese di entrambi i gradi del
giudizio di merito.
Rappresentò, in particolare, la Fortini di essere stata condannata
al pagamento delle spese legali relative ad una causa di opposizione
allo sfratto promossa da Ramona Salcianu; dedusse che per la
riscossione di tali importi l’avv. Cappelli aveva promosso procedura
esecutiva presso terzi in danno della ricorrente, pignorando tutte le
somme a questa dovute dall’INPS e da tale Titieni Toader e che, in
esecuzione del provvedimento di assegnazione, il predetto legale,
aveva notificato ai già indicati terzi l’ordine di pagamento in suo
favore delle somme di cui al pignoramento, dichiarando ai soggetti
obbligati che la Salcianu aveva disposto la distrazione delle somme in
suo favore e che, quindi, egli ne era il legittimo percettore. La Corte
di appello di Firenze aveva poi riformato il provvedimento azionato in
via esecutiva e aveva disposto la compensazione delle spese di
entrambi i gradi di giudizio. Pertanto, le somme percepite
direttamente dall’avv. Cappelli non erano dovute e, risultando dalla
dichiarazione fatta nella richiesta, da lui inviata, distrattario delle
somme dovute dalla Fortini, il Cappelli era l’unico legittimato alla
restituzione, dovendo ravvisarsi tra la Salcianu e il proprio legale una

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Arezzo, l’avv. Marco Cappelli per sentirlo condannare alla restituzione

cessione del credito, manifestata dalle parti mediante la dichiarazione
dello stesso Cappelli.
Il Giudice di pace di Arezzo, con sentenza depositata il 23 luglio
2014, in parziale accoglimento della domanda proposta dalla Fortini,
condannò il Cappelli alla restituzione dell’importo di euro 850,00,

Avverso la sentenza di primo grado il Cappelli propose
impugnazione della quale chiese il rigetto la Fortini.
Il Tribunale di Arezzo, con sentenza depositata il 22 marzo 2017,
accolse l’appello e, in riforma della sentenza impugnata, rigettò la
domanda avanzata, nei confronti del Cappelli, dalla Fortini e
condannò quest’ultima al pagamento, in favore dell’appellante, della
somma di euro 1.457,69 e al pagamento delle spese del doppio grado
di giudizio.
Avverso la sentenza del Tribunale la Fortini ha proposto ricorso
per cassazione basato su due motivi, cui ha resistito l’avv. Cappelli
con controricorso.
La proposta del relatore è stata ritualmente comunicata,
unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di
consiglio, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.

Il Collegio ha disposto la redazione dell’ordinanza con

motivazione semplificata.
2. Con il primo motivo, rubricato «Omessa, insufficiente e illogica
motivazione – Violazione di legge di cui all’art. 360 co. 3 cpc, in
riferimento agli articoli 113 co. 1 cpc, 1260, 1264 e 1188 codice
civile»,

la ricorrente censura la sentenza impugnata per aver il

Tribunale rigettato la sua domanda, dando risalto alla circostanza che
la legittimazione passiva non sussisteva in capo al controricorrente
ma in capo alla sua cliente, Ramona Salcianu fir che la richiesta del
legale verso i terzi non era di per sé idonea a trasferire il credito, ma
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oltre interessi, e al pagamento delle spese di lite.

solo ad indicare ai soggetti debitori, a norma dell’art. 1188 cod. civ.,
la persona incaricata a ricevere il pagamento (adiectus solutionis
causa) e che l’uso del termine “distrazione” era stato fatto in quella
richiesta in senso improprio, atteso che, per quell’istituto, non può
prescindersi dalla necessaria pronuncia giudiziale.

meno dell’art. 93 del codice di rito alla fattispecie all’esame, come già
fatto dal Giudice di pace, occorrebbe verificare se il Tribunale abbia
violato l’art. 113 cod. proc. civ. con riferimento alla regolamentazione
della fattispecie a norma dell’art. 1188 cod. civ. anziché degli artt.
1260 e 1264 cod. civ.. Al riguardo la ricorrente rappresenta di aver
offerto, nelle note conclusionali di primo grado, al Giudice di pace una
lettura giuridica alternativa della vicenda, affermando che tra la
Salcianu e il Cappelli fosse sorto un rapporto di cessione del credito,
in virtù del fatto che le spese legali liquidate non potevano costituire
che il compenso per la prestazione professionale svolta dall’odierno
controricorrente in favore della sua cliente. Il primo Giudice aveva
ritenuto doversi applicare alla fattispecie l’art. 1260 cod. civ.,
ravvisando nel comportamento della Falciano e del Cappelli un
rapporto di cessione del credito mentre il Tribunale ha ritenuto che il
comportamento tenuto dal Cappelli manifestasse solo la volontà della
Salcianu di percepire il denaro a mezzo del proprio legale.
Ad avviso della ricorrente, la figura dell’adiectus solutionis causa
presa in considerazione dal Tribunale, nella regolamentazione del
caso di specie, non sarebbe conferente, atteso che, per
giurisprudenza costante, l’indicazione del soggetto cui il pagamento è
destinato deve essere contrattualmente prevista e non
unilateralmente imposta. Il rapporto dare-avere, con l’espropriazione
presso terzi, sarebbe esteso ad altri soggetti, cui la richiamata
dichiarazione era destinata, ma non potrebbe prescindersi dal
considerare che all’epoca dei fatti debitore principale fosse la Fortini,

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Ad avviso della ricorrente, sgomberato il campo dall’applicabilità o

di qui l’esigenza di coinvolgere la stessa nell’accordo solutorio al fine
di poter dare compiuta esistenza alla fattispecie regolamentata
dall’art. 1188 cod. civ., il che non sarebbe avvenuto per la natura del
rapporto tra la Salcianu e il suo legale, che non poteva contemplare
alcun intervento della odierna ricorrente; proprio nella costanza del

consentito al Cappelli di diventare effettivo accipiens delle somme
dovute dalla Fortini e dai terzi alla parte vittoriosa e tale accordo si
desumerebbe dal materiale probatorio acquisito.
Da ciò discenderebbe, secondo la Fortini, che, per l’utilizzo dei
termini, per l’esistenza di un rapporto sottostante tra la Salcianu e il
Cappelli e per le modalità di manifestazione della volontà delle parti,
dovrebbe applicarsi l’art. 1260 cod. civ. e ritenere il controricorrente
cessionario dei crediti verso l’attuale ricorrente e, quindi, soggetto
tenuto alla restituzione delle somme da lui percepite in costanza di
esecuzione.
Pertanto il Tribunale, ritenendo inesistente la cessione e
configurando la dichiarazione in favore del Castelli quale semplice
indicazione a norma dell’art. 1188 cod. civ. avrebbe, ad avviso della
ricorrente, violato l’art. 113 cod. proc. civ. in riferimento all’art. 1260
cod. civ..
3. Con il secondo motivo, rubricato

«Omessa, insufficiente e

illogica motivazione – Violazione di legge di cui all’art. 360 co. 3 cpc,
in riferimento agli articoli 113 co. 1 cpc, 1362, 1362 1363 cod.
civ.».»,

la ricorrente evidenzia che nella sentenza impugnata il

Tribunale sostiene che nell’espressione utilizzata dalla Salcianu non si
ravvisa alcuna volontà di cessione del credito e che il termine
distrazione sia stato utilizzato in modo improprio, atteso che tale
strumento gi ico non Apò prescindere da un provvedimento
giudiziale,e—sostien che la motivazione sul punto sarebbe carente,
t
su un ragionamento apodittico, fermandosi
illogica e fondat
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rapporto tra cliente e avvocato sarebbe intervenuto l’accordo che ha

l’indagine sulla effettiva volontà delle parti al dato letterale senza
procedere ad analizzare il contesto e la comune ed effettiva volontà
delle parti. Pertanto, il Tribunale avrebbe errato, violando l’art. 113
cod. proc. civ. in riferimento alla non corretta applicazione degli artt.
1362 e 1363 cod. civ., laddove, pur considerandone l’esistenza,

Cappelli, che sarebbe stata trattata alla stregua di un lapsus calami o
di un incidente di percorso.
4. Entrambi i motivi – che essendo strettamente connessi, ben
possono essere esaminati congiuntamente – sono inammissibili, in
relazione ai lamentati vizi di insufficienza e illogicità della motivazione
(Cass., sez. un., n. 8053 del 07/04/2014), alla luce dell’art. 360,
primo comma, n. 5, cod. proc. civ., come da ultimo novellato e
applicabile nel caso di specie ratione temporis, così come interpretato
dalla giurisprudenza di legittimità, e infondati quanto alla pretesa
omessa motivazione, risultando la sentenza impugnata motivata;
sono, altresì, inammissibili o comunque infondati, nel resto.
Per quanto attiene alla restante parte del primo motivo, si
osserva, infatti, che non è stato precisamente dedotto in cosa
consista la lamentata violazione di legge e che la stessa ricorrente
rappresenta di fornire “una lettura alternativa” della vicenda.
Le censure proposte, pur se suggestive, tendono, in realtà, ad
una rivalutazione delle evidenze probatorie ai fini di una diversa
sussunzione della fattispecie all’esame; né la decisione impugnata si
pone in contrasto con i precedenti arresti di legittimità del
13/11/2009 n. 24128 e del 20/1/1983 n. 568, secondo cui la
preposizione, da parte del creditore, di altro soggetto incaricato di
riscuotere, in sua vece, il credito deve essere preventivamente ed
adeguatamente portata a conoscenza del debitore per poter spiegare
effetti nei confronti di questi, atteso che tale indicazione risulta, nella
specie, essere stata comunque portata a conoscenza del debitore.
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avrebbe omesso di indicare la rilevanza giuridica dell’affermazione del

Quanto, poi, alla lamentata violazione dei criteri ermeneutici, la
censura appare fuorviante, evidenziandosi che, in realtà, con le
doglianze si tende ad una diversa valutazione delle risultanze
documentali laddove risulta plausibile quella fornita dal Tribunale.
Infine, che il termine distrazione sia stato usato in senso atecnico

distrazione disposta non dal Giudice ma dalla sua cliente.
5. Il ricorso va, pertanto, rigettato.
6. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in
dispositivo.
7.

Va dato atto della sussistenza dei presupposti per il

versamento, da parte della ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater, d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1,
comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore
importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il
ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento,
in favore del controricorrente, delle spese del presente giudizio di
legittimità, che liquida in euro 550,00 per compensi, oltre alle spese
forfetarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in euro 200,00
ed agli accessori di legge; ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del
d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma
17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza
dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello
dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sest
Civile – 3 della Corte Suprema di Cassazione, il 5 luglio 2018.
Il Presidente

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risulta dal fatto stesso che il Cappelli abbia fatto riferimento alla

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27 LUG. 2018
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