Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19916 del 13/07/2021

Cassazione civile sez. I, 13/07/2021, (ud. 03/06/2021, dep. 13/07/2021), n.19916

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16410/2020 proposto da:

K.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PAOLO EMILIO n.

26, presso lo studio dell’avvocato PAOLO MARIA LOPRESTI,

rappresentato e difeso dall’avvocato IMMACOLATA TROPIANO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI n. 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– resistente –

e contro

PROCURATORE GENERALE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2872/2019 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 14/10/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

03/06/2021 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Bologna rigettava il gravame proposto da K.S. avverso l’ordinanza del 26.4.2018, con la quale il Tribunale di Bologna aveva rigettato il ricorso interposto dall’odierno ricorrente contro il provvedimento della competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale che aveva respinto l’istanza di protezione, internazionale ed umanitaria, dal medesimo avanzata.

Propone ricorso per la cassazione di detta decisione K.S., affidandosi a due motivi.

Il Ministero dell’Interno, intimato, ha depositato atto di costituzione ai fini della partecipazione all’udienza.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 14 ed del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perché la Corte di Appello avrebbe erroneamente ritenuto la sua storia personale non credibile, né idonea ai fini del riconoscimento della protezione internazionale.

La censura è inammissibile.

Il ricorrente aveva riferito di essere fuggito dal proprio Paese in seguito alle minacce ricevute da un suo creditore, che gli aveva prestato denaro ad usura. La Corte di Appello, come già il Tribunale, ha ritenuto la storia non credibile, sulla base di alcune divergenze nel racconto proposto, rispettivamente, innanzi la Commissione ed innanzi l’Autorità giudiziaria e di altre incongruenze concernenti i riferimenti temporali degli accadimenti riferiti e dalla circostanza che il richiedente aveva completamente omesso di riferire, innanzi alla Commissione, il fatto che il proprio creditore avesse ucciso lo zio, come invece in seguito aveva dichiarato innanzi il Tribunale.

Nessuno dei profili suindicati viene attinto specificamente dal motivo in esame, con il quale in sostanza il ricorrente invoca una pura e semplice revisione del giudizio di fatto operato dal giudice di merito, da ritenere estranea alla natura e alle finalità del giudizio di legittimità (Cass. Sez. U., Sentenza n. 24148 del 25/10/2013, Rv. 627790).

Inoltre il giudice di merito ritiene che la storia non fosse idonea ai fini del riconoscimento della protezione internazionale, poiché “… le motivazioni dell’espatrio erano riconducibili sostanzialmente a ragioni di carattere economico” (cfr. pag. 4 della sentenza impugnata). Il ricorrente non attinge in modo adeguato neppure tale seconda statuizione, limitandosi ad affermare, in termini generici, che il rischio per la sua incolumità personale potrebbe derivare anche da una vendetta privata del proprio creditore. Anche in questo caso, la deduzione non si confronta con la ratio della decisione impugnata, che ha escluso la ricorrenza dei presupposti per la concessione della tutela invocata in ragione della ragione economica della migrazione. Questo tema non viene in alcun modo attinto dalla censura, che dunque non si confronta in modo coerente con la decisione di merito.

Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, artt. 5 e 19, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 e del D.P.R. n. 394 del 2004, art. 28, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perché la Corte distrettuale avrebbe erroneamente denegato anche il riconoscimento della protezione umanitaria.

La censura è inammissibile.

La Corte di Appello ha affermato che ai fini del rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari non è sufficiente la mera allegazione di una integrazione lavorativa (cfr. pag. 6 della sentenza). Questa statuizione non viene adeguatamente attinta dalla censura in esame, con la quale il ricorrente si limita ad affermare che il catalogo aperto della protezione umanitaria comprenderebbe anche situazioni di povertà estrema, e di rischio di subire vessazioni dai propri creditori, alle quali egli si troverebbe esposto in caso di rientro in Patria. Anche in questo caso, la doglianza non si confronta con il contenuto della sentenza impugnata.

Il ricorso va, in definitiva, dichiarato inammissibile.

Nulla per le spese, in difetto di notificazione di controricorso da parte del Ministero, intimato nel presente giudizio di legittimità.

Stante il tenore della pronuncia, va dato atto – ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.

PQM

la Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 3 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 13 luglio 2021

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