Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19911 del 13/07/2021

Cassazione civile sez. I, 13/07/2021, (ud. 21/05/2021, dep. 13/07/2021), n.19911

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. ROCCHI Giacomo – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 17050/2020 proposto da:

K.F., elettivamente domiciliato in Roma, Via Comano n. 95,

presso lo studio dell’Avvocato Andrea Faraon, che lo rappresenta e

difende, giusta procura speciale allegata al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura

generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ope legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 4470/2019 della Corte d’appello di Venezia,

depositata il 18/10/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

21/5/2021 dal Cons. Dott. Alberto Pazzi.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. Il Tribunale di Venezia, con ordinanza ex art. 702-bis c.p.c., del 21 novembre 2017, rigettava il ricorso proposto da K.F., cittadino del Gambia, avverso il provvedimento emesso dalla locale Commissione territoriale di diniego di riconoscimento della protezione internazionale.

2. La Corte d’appello di Venezia, a seguito dell’impugnazione del richiedente asilo, riteneva – fra l’altro e per quanto qui di interesse che non fosse possibile riconoscere la protezione sussidiaria, dovendosi escludere che la situazione politica del Gambia fosse connotata da una situazione di conflitto armato o di guerriglia generalizzata tale da integrare la fattispecie di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c).

Rispetto alle altre forme di protezione la Corte distrettuale riteneva che l’appello non fosse stato redatto in coerenza con i presupposti richiesti dall’art. 342 c.p.c..

3. Per la cassazione di questa sentenza, pubblicata in data 18 ottobre 2019, ha proposto ricorso K.F. prospettando due motivi di doglianza.

Il Ministero dell’Interno si è costituito al di fuori dei termini di cui all’art. 370 c.p.c., al fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa.

Diritto

CONSIDERATO

che:

4. Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, perché la Corte distrettuale ha consultato fonti internazionali non aggiornate, richiamando genericamente siti e reports del 2017 o al massimo del 2018.

Peraltro la decisione impugnata, nel riconoscere l’esistenza di criticità, seppur minori rispetto ad altri paesi dell’area, non aveva fatto altro che confermare la permanenza di una situazione socio-politica ancora irrisolta, in cui la garanzia effettiva del riconoscimento dei diritti umani era ancora un lontano traguardo.

5. Il motivo è inammissibile.

5.1 Ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, in particolare, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), è dovere del giudice verificare, avvalendosi dei propri poteri officiosi di indagine e informazione di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 e tramite la consultazione di “fonti informative privilegiate” (vale a dire di informazioni tratte da fonte internazionale aggiornata, qualificata ed autorevole; Cass. 3357/2021), se la situazione di esposizione a pericolo per l’incolumità fisica indicata dal ricorrente, astrattamente riconducibile a una situazione tipizzata di rischio, sia effettivamente sussistente nel paese nel quale dovrebbe essere disposto il rimpatrio, sulla base di un accertamento che deve essere aggiornato al momento della decisione (Cass. 17075/2018).

La Corte d’appello ha escluso la sussistenza in Gambia di una situazione di pericolo diffuso e violenza generalizzata sulla base di informazioni internazionali aventi simili caratteristiche (avendo preso in esame non solo il sito (OMISSIS), ma in primo luogo una nutrita serie di qualificate fonti internazionali di informazione) ed espressamente citate risalenti agli anni 2017 e 2018.

L’odierno ricorrente assume che queste informazioni non fossero aggiornate, senza però indicare fonti più recenti e di opposto segno. Una simile critica risulta inammissibile in questa sede.

Difatti il ricorrente che voglia censurare l’inadeguatezza delle modalità con cui si è dato corso al dovere di cooperazione istruttoria, nel caso in cui il giudice di merito abbia reso note le fonti consultate mediante l’indicazione del loro contenuto, della data di risalenza e dell’ente promanante, è tenuto ad allegare nel ricorso le fonti alternative ritenute idonee a prospettare un diverso esito del giudizio (Cass. 7105/2021).

5.2 Ne’ sarebbe stato possibile valorizzare criticità diverse da una situazione di conflitto armato o di violenza generalizzata.

La giurisprudenza di questa Corte è ferma nel ritenere che “ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, a norma del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), la nozione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato, interno o internazionale, in conformità con la giurisprudenza della Corte di giustizia UE (sentenza 30 gennaio 2014, in causa C-285/12), deve essere interpretata nel senso che il conflitto armato interno rileva solo se, eccezionalmente, possa ritenersi che gli scontri tra le forze governative di uno Stato e uno o più gruppi armati, o tra due o più gruppi armati, siano all’origine di una minaccia grave e individuale alla vita o alla persona del richiedente la protezione sussidiaria; il grado di violenza indiscriminata deve aver pertanto raggiunto un livello talmente elevato da far ritenere che un civile, se rinviato nel Paese o nella regione in questione correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio, un rischio effettivo di subire detta minaccia” (Cass. 18306/2019).

Non assumono, invece, alcuna rilevanza situazioni (quale la violazione generalizzata dei diritti umani addotta nel motivo in esame), che, per la loro intrinseca diversità dalla condizione tipizzata dalla norma, non sono ad essa riconducibili, dato che il rischio di danno grave cui si riferisce il D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), è esclusivamente quello che deriva dalla violenza indiscriminata nella situazione di conflitto armato in corso nello Stato di provenienza (Cass. 14350/2020).

6. Il secondo motivo di ricorso lamenta la violazione dell’art. 5, comma 6, T.U.I., in quanto la lunga permanenza in Italia del richiedente asilo e il suo proficuo percorso di integrazione dovevano giustificare il riconoscimento della protezione umanitaria.

La Corte d’appello, invece, era giunta a diverse conclusioni, sulla base di una motivazione incomprensibile e contraddittoria che, pur sostenendo la necessaria valutazione della situazione generale del paese di origine, aveva negato rilievo alle condizioni di instabilità politica del paese.

I giudici distrettuali si erano poi limitati a condividere la valutazione di scarsa credibilità del racconto del migrante, senza alcun approfondimento, e avevano trascurato di compiere una valutazione comparativa tra la situazione lasciata dal medesimo in Gambia e la sua attuale condizione in Italia.

7. La Corte d’appello ha rilevato (pag. 6, punto 9) che l’impugnazione aveva focalizzato le proprie doglianze sul mancato riconoscimento della protezione sussidiaria, mentre rispetto alle altre forme di protezione non era stato censurato alcuno dei passaggi motivazionali dell’ordinanza appellata; l’impugnazione risultava così, rispetto alle altre ipotesi di protezione, priva del benché minimo requisito di specificità.

La Corte di merito in seguito ha poi ritenuto che mancassero i presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria, “ferma restando, come detto, l’inammissibilità della relativa domanda” (pag. 8, punto 13).

Ora, ove il giudice, dopo avere dichiarato inammissibile una domanda, un capo di essa o un motivo d’impugnazione, in tal modo spogliandosi della potestas iudicandi, abbia ugualmente proceduto al loro esame nel merito, le relative argomentazioni devono ritenersi ininfluenti ai fini della decisione e, quindi, prive di effetti giuridici, con la conseguenza che la parte soccombente non ha l’onere né l’interesse ad impugnarle, essendo invece tenuta a censurare soltanto la dichiarazione d’inammissibilità, la quale costituisce la vera ragione della decisione (Cass. 11675/2020).

L’odierno ricorrente, al contrario, non ha mosso alcuna critica alla dichiarazione di inammissibilità dell’appello in punto di protezione umanitaria, limitandosi a censurare le ragioni di merito aggiuntive e come detto – ininfluenti ai fini della decisione.

Ne discende l’inammissibilità del mezzo.

8. In forza dei motivi sopra illustrati il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

La costituzione dell’amministrazione intimata al di fuori dei termini previsti dall’art. 370 c.p.c., ed al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione, non celebrata, esime il collegio dal provvedere alla regolazione delle spese di lite.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 21 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 13 luglio 2021

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