Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19907 del 29/09/2011

Cassazione civile sez. lav., 29/09/2011, (ud. 17/05/2011, dep. 29/09/2011), n.19907

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. STILE Paolo – rel. Consigliere –

Dott. COLETTI DE CESARE Gabriella – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 23182/2008 proposto da:

S.L., nella qualità di erede di S.V.,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CRESCENZIO 20, presso lo

studio dell’avvocato TRALICCI Gina, che la rappresenta e difende,

giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati VALENTE Nicola,

PULLI CLEMENTINA, RICCIO ALESSANDRO, giusta mandato in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1186/2007 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 21/09/2007 r.g.n. 3692/04;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

17/05/2011 dal Consigliere Dott. PAOLO STILE;

udito l’Avvocato PULLI CLEMENTINA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per l’inammissibilità e in

subordine rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 10/17 aprile 2003 il Tribunale di Roma rigettava la domanda proposta da S.V. nei confronti dell’INPS, volta ad ottenere il pagamento degli accessori connessi alla ritardata corresponsione della pensione VOS n. (OMISSIS), di cui il ricorrente era titolare, ritenendo carente la prova dell’asserito credito.

Avverso tale sentenza proponeva appello il S., lamentando la erroneità della decisione.

L’INPS si costituiva resistendo al gravame.

Con sentenza del 12 febbraio-21 settembre 2007, l’adita Corte d’appello di Roma, rilevato che, non risultando provata la data della presentazione della domanda all’INPS, non era possibile, in applicazione della L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 17, stabilire la data di messa in mora, rigettava il gravame.

Per la Cassazione di tale pronuncia, ricorre S.L. nella qualità di erede di S.V., con un unico motivo.

Resiste l’INPS con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

La ricorrente ricorre per cassazione come erede senza dimostrare la suddetta qualità. Ne discende – come dedotto dall’INPS – la inammissibilità del ricorso.

La giurisprudenza di questa Corte è, infatti, consolidata nell’affermare che, in caso di decesso della parte costituita nel precedente giudizio di merito, colui il quale, in sede di giudizio di legittimità, abbia proposto ricorso assumendo di esserne il successore (ovvero l’ente che si qualifichi come la persona giuridica subentrante), deve provare, a pena di inammissibilità del gravame, la propria legittimazione processuale attraverso le produzioni documentali consentite dalla norma di cui all’art. 372 cod. proc. civ., e tale prova, indispensabile in presenza di apposita eccezione di controparte, può essere fornita in tempi anche successivi a quello del deposito del ricorso, purchè precedenti la discussione del medesimo, in modo che siano resi edotti di tale circostanza sopravvenuta gli eventuali controricorrenti (ex plurimis, Cass. n. 6238/2006; Cass. n. 14784/06).

In mancanza di tali adempimenti, il ricorso va dichiarato inammissibile.

Nulla deve disporsi per le spese del presente giudizio ai sensi dell’art. 152 disp. att. c.p.c., nel testo anteriore a quello di cui al D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 42, comma 11, nella specie inapplicabile ratione temporis.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 17 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 29 settembre 2011

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