Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19906 del 29/08/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 19906 Anno 2013
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: DE STEFANO FRANCO

ORDINANZA
sul ricorso 26426-2011 proposto da:
CAMPANA ARNALDO CMPRLD36E11I047T, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA COMANO 95, presso lo studio degli
avvocati CESARI GIANMARCO e FARAON LUCIANO, che lo
rappresentano e difendono, giusta mandato ad litem in calce al ricorso;
– ricorrente –

Contro
HOPI SRL in persona dell’amministratore pro-tempore e legale
rappresentante, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
SUVERETO 301, presso lo studio dell’avvocato GALDI GUIDO,
che la rappresenta e difende, giusta procura alla lite in calce al
controricorso;
– con troricorrente –

Data pubblicazione: 29/08/2013

avverso la sentenza n. 3303/2010 della CORTE D’APPELLO di
ROMA del 10.6.2010, depositata 1’1/09/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
03/07/2013 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCO DE STEFANO;

motivi del ricorso.
È presente il Procuratore Generale in persona del Dott.
ANTONIETTA CARESTIA che si riporta alla relazione scritta.

Svolgimento del processo
I. È stata depositata in cancelleria la seguente relazione, ai sensi dell’art.
380-bis cod. proc. civ. e datata 8.11.12, regolarmente comunicata al
pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti, sul ricorso
avverso la sentenza della corte di appello di Roma, n. 3303 del 1.9.11:
«1. — Arnaldo Campana ricorre, affidandosi a due motivi, per la
cassazione della sentenza in epigrafe indicata, con la quale — dopo la
sentenza non definitiva n. 2462/06 di declaratoria di cessazione al
30.6.98 della locazione in corso con la Hopi srl e condanna del
ricorrente al rilascio e della controparte al risarcimento del danno per
avvenuto spoglio nel corso del rapporto — è stato liquidato in € 52.132
(oltre interessi in misura legale dalla pubblicazione della sentenza al
saldo) il danno patito dalla locatrice Hopi srl per l’occupazione
illegittima dell’immobile dopo la cessazione del contratto di locazione.
L’intimata resiste con controricorso.
2. — Ti ricorso può essere trattato in camera di consiglio — ai sensi degli
artt. 375, 376 e 380-bis cod. proc. civ., essendo oltretutto soggetto alla
disciplina dell’art. 360-bis cod. proc. civ. — per essere ivi dichiarato
inammissibile, per quanto appresso indicato.
3. — Il ricorrente sviluppa due motivi: con il primo dei quali — di
“illogicità manifesta ed omessa e contraddittoria motivazione della
Ric. 2011 n. 26426 sez. M3 – ud. 03-07-2013
-2-

udito per il ricorrente l’Avvocato Luciano Faraon che si riporta ai

sentenza ex art. 360 n. 5 c.p.c.” — egli si duole dell’omessa
considerazione di una condanna penale del legale rappresentante della
locatrice per esercizio arbitrario delle proprie ragioni, nonché della
perizia di parte sulle effettive condizioni dell’immobile e sulla

il secondo dei quali — di “nullità insanabile della sentenza impugnata ex
art. 156 c.p.c.” — egli adduce il deposito della sentenza penale, pur nulla
documentando della sua definitività, ma poi lamenta un insanabile
contrasto tra dispositivo e motivazione della gravata sentenza,
riferendosi anche ad una contraddizione con detta pronunzia e con la
precedente sentenza non definitiva.
4.

— La controricorrente deduce l’intervenuta estinzione per

prescrizione del reato contestato al suo legale rappresentante e
pertanto l’irrilevanza della relativa condanna penale di primo grado,
come pure l’esistenza di giudicato interno, derivato dalla sentenza non
definitiva resa in corso di giudizio di appello, sul mancato uso, ad
opera di controparte, del solo vano cucina; lamenta la novità e
comunque l’infondatezza della pretesa di limitare il risarcimento del
danno ad una sola porzione dell’immobile, per poi argomentare su
congruità ed idoneità della motivazione della gravata sentenza sul
danno risarcito.
5. — Il primo morivo è in parte inammissibile ed in parte infondato:
inammissibile, perché in ricorso non sono testualmente riprodotte, né
ne sono indicate le relative sedi processuali, le argomentazioni e difese
con le quali la questione è stata ritualmente sottoposta al giudice del
merito; eppure, il ricorrente che proponga in sede di legittimità una
determinata questione giuridica, la quale implichi accertamenti di fatto,
ha l’onere, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità, per
novità della censura, non solo di allegare l’avvenuta deduzione della
Ric. 2011 n. 26426 sez. M3 – ud. 03-07-2013
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limitazione della porzione concretamente fruita da esso ricorrente; con

questione dinanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale
atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di
controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare
nel merito la questione stessa (per l’ipotesi di questione non esaminata

maggio 2010, n. 12992); per lo stesso motivo, è inammissibile nella
parte in cui invoca l’autorità di una sentenza penale, senza riportarne
per esteso la motivazione e così rendendo impossibile apprezzarne
anche solo la rilevanza; infondato, perché è principio consolidato che
la consulenza tecnica di parte non costituisce prova dei fatti storici
descritti, i quali debbono comunque essere oggetto di specifica prova
ritualmente acquisita con i mezzi istruttori specificamente destinati a
dar prova di un fatto storico, mentre la liquidazione in sede penale —
rilevante oltretutto ove fosse dimostrato, dal ricorrente che ne è
onerato in quanto vuole avvalersene, il suo passaggio in giudicato
quanto alle statuizioni civili — è appunto provvisoria e, soprattutto,
preclusa ne è qualsiasi riconsiderazione per il carattere pacifico
dell’omessa impugnativa della sentenza non definitiva della corte di
appello sulla quantificazione del danno patito dal Campana per il patito
spoglio.
6. — Anche il secondo motivo è in parte inammissibile e in parte
infondato: la censura non è assistita dai requisiti formali indicati come
necessari anche in ordine al primo motivo e quindi dalla riproduzione
dello sviluppo delle relative tesi davanti al giudice del merito (con
indicazioni delle rispettive sedi processuali); comunque, è di palmare
evidenza che l’obbligo di risarcire il danno sussiste in forza del
riconoscimento, ormai definitivo, della cessazione della locazione ad
una determinata scadenza anche se già decorsa e del mancato
completo rilascio dell’appartamento.
Ric. 2011 n. 26426 sez. M3 – ud. 03-07-2013
-4-

dal giudice del merito: Cass. 20 ottobre 2006, n. 22540; Cass. 27

7. — Deve quindi proporsi il rigetto del ricorso».

Motivi della decisione
II. Non sono state presentate conclusioni scritte, ma il difensore del
ricorrente ha chiesto di essere ascoltato in camera di consiglio.

consiglio, ritiene il Collegio di condividere i motivi in fatto e in diritto
esposti nella su trascritta relazione e di doverne fare proprie le
conclusioni, non comportandone il superamento gli argomenti
sviluppati dal ricorrente fino all’adunanza in camera di consiglio.
IV. Pertanto, ai sensi degli artt. 380-bis e 385 cod. proc. civ., il ricorso
va rigettato ed il soccombente ricorrente condannato al pagamento
delle spese del giudizio di legittimità in favore di controparte.

P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle
spese del giudizio di legittimità in favore di controparte, in pers. del
leg. rappr.nte p.t., liquidate in € 3.200,00, di cui € 200,00 per esborsi.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sesta sezione
civile, addì 3 luglio 2013.

Il Presidente

III. A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di

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