Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19905 del 20/09/2010
Cassazione civile sez. trib., 20/09/2010, (ud. 24/06/2010, dep. 20/09/2010), n.19905
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MERONE Antonio – Presidente –
Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –
Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –
Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –
Dott. BERTUZZI Mario – rel. est. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore,
rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso
cui domicilia in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;
– ricorrente –
contro
Nettuno s.n.c. di Cenci Giannino & C, in persona del
legale
rappresentante C.G., e C.G. in proprio,
rappresentati e difesi per procura in calce al controricorso dagli
Avvocati CAPARRINI Carlo e Paolo Bombardini, elettivamente
domiciliati presso lo studio dell’Avvocato Andrea Lombardi (Studio
legale Graziani) in Roma, Via Caetana n. 13/a;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 123/01/07 della Commissione tributaria
regionale dell’Emilia Romagna, depositata il 6 dicembre 2007;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
24 giugno 2010 dal Consigliere relatore Dott. Mario Bertuzzi;
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. Pietro
Abritti.
Fatto
FATTO E DIRITTO
Il Collegio, letto il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate per la cassazione della sentenza n. 123/01/07 del 6.12.2007 della Commissione regionale dell’Emilia Romagna, che, in riforma della pronuncia di primo grado, aveva rideterminato in senso più favorevole alla s.n.c. Nettuno di Cenci Giannino & C. le sanzioni ad essa irrogate per l’assunzione di quattro lavoratori in nero;
letto il controricorso di C.G., costituitosi in proprio e quale legale rappresentante della s.n.c. Nettuno;
vista la relazione redatta ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., da Consigliere delegato Dott. Mario Bertuzzi, che ha concluso per l’infondatezza del ricorso, osservando che:
– “nel caso di specie, essendovi stata pronuncia sul merito e quindi essendosi formato il giudicato implicito sulla giurisdizione, secondo l’orientamento accolto dalle Sezioni unite di questa Corte con la sentenza n. 24883 del 2008, resta preclusa la rilevabilità del difetto di giurisdizione del giudice tributario”;
– “il primo motivo di ricorso, denunziando violazione del D.L. n. 12 del 2002, art. 3, comma 3, nel testo all’epoca vigente, in combinato disposto con l’art. 2697 cod. civ., censura, come meglio precisato nel quesito di diritto formulato ai sensi dell’art. 366 bis cod. proc. civ., la sentenza impugnata per avere accertato il periodo di lavoro irregolare soltanto sulla base delle dichiarazioni dei lavoratori, senza che il datore di lavoro fornisca alcun ulteriore elemento probatorio, appare inammissibile in quanto, nel denunziare la violazione delle disposizioni di legge che regolano l’onere della prova nella fattispecie, in realtà investe la valutazione del materiale probatorio da parte del giudice di appello, in contrasto con il principio giurisprudenziale consolidato secondo cui il giudice di merito è libero di fondare il proprio convincimento su determinati clementi probatori ed il relativo giudizio, risolvendosi in un apprezzamento di merito demandato dalla legge all’esclusiva competenza del giudice, non è censurabile in sede di legittimità”;
– “il secondo motivo di ricorso, denunziando violazione del D.L. n. 12 del 2002, art. 3, comma 3, nel testo all’epoca vigente, censura, come meglio, precisato nel quesito di diritto formulato ai sensi dell’art. 366 bis cod. proc. civ., la sentenza impugnata per avere limitato il periodo da sanzionare sulla base dell’accertamento INPS effettuato ai fini dell’applicazione delle sanzioni per omessa contribuzione INPS e omessa corresponsione del premio INAIL, appare assorbito dalle considerazioni precedenti, investendo la valutazione del materiale probatorio compiuta dal giudice di merito”;
rilevato che la relazione è stata regolarmente comunicata al Procuratore Generale, che non ha svolto controsservazioni, e notificata alle parti e che la parte ricorrente ha depositato memoria;
ritenuto che le argomentazioni e la conclusione della relazione meritano di essere interamente condivise, apparendo rispondenti sia a quanto risulta dall’esame degli atti di causa, che all’orientamento della giurisprudenza di questa Corte in tema di incensurabilità, nel giudizio di legittimità, degli accertamenti di fatto effettuati dal giudice di merito sulla base della valutazione del materiale probatorio emerso nel corso del processo (ex multis: Cass. n. 4770 del 2006);
che, pertanto, il ricorso va respinto, con condanna dell’Agenzia delle Entrate al pagamento delle spese di giudizio, liquidate come in dispositivo.
PQM
rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, che liquida in complessivi Euro 2.600,00 di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre spese generali e contributi di legge.
Così deciso in Roma, il 24 giugno 2010.
Depositato in Cancelleria il 20 settembre 2010