Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19904 del 13/07/2021

Cassazione civile sez. I, 13/07/2021, (ud. 21/05/2021, dep. 13/07/2021), n.19904

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. ROCCHI Giacomo – rel. Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

S.D., rappresentato e difeso dall’avvocato Marlene Di Costanzo,

per procura speciale allegata al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, rappresentato e difeso dall’Avvocatura

Generale dello Stato presso i cui uffici in Roma, Via dei

Portoghesi, 12, domicilia per legge;

– resistente –

avverso la sentenza della Corte di appello di Venezia n. 5266/2019

pubblicata il 22/11/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

21/05/2021 dal Cons. Dott. Giacomo Rocchi.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte d’appello di Venezia rigettava l’appello, in quanto manifestamente infondato, proposto da S.D. avverso l’ordinanza del Tribunale di Venezia che aveva respinto la domanda di protezione internazionale e di protezione sussidiaria, negando, altresì, la protezione umanitaria.

La Corte territoriale riteneva che la vicenda del richiedente e le ragioni del suo allontanamento dal Paese di origine non fossero inquadrabili in alcuna delle fattispecie di protezione internazionale: il racconto, nel suo complesso, era generico, poco plausibile e contraddittorio, sia con riferimento alle due audizioni sia nell’ambito delle medesime dichiarazioni; inoltre il fatto narrato riguardava vicende strettamente personali; peraltro, la zona del territorio della (OMISSIS) da cui il richiedente proveniva non era caratterizzato da violenza indiscriminata, non sussistendo i presupposti di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. a) e b); infine, l’appellante non aveva fornito alcuna prova di integrazione sociale nel territorio italiano, né sociale né professionale, né aveva documentato la condizione di vulnerabilità che soffrirebbe a (OMISSIS) nel caso fosse rimpatriato.

L’appello era ritenuto manifestamente infondato, con la conseguenza della revoca del patrocinio a spese dello Stato.

2. Ricorre il difensore di S.D. che chiede, previa remissione in termini, la cassazione della sentenza impugnata.

Con riferimento all’istanza di remissione in termini, il ricorrente osserva che S. aveva atteso alcuni mesi per proporre ricorso per la difficoltà di capire la sua situazione e di accettare il terzo rigetto della domanda nel suo percorso di integrazione nel paese. Durante il lockdown non si era potuto presentare in ufficio per la firma della procura speciale né era riuscito a inviare con strumenti telematici il mandato, né il legale era in grado di raggiungerlo.

Il ricorrente deduce la violazione della Convenzione di Ginevra, nonché del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8 e dell’art. 3 D.Lgs. n. 251 del 2007; denuncia, altresì, mancanza ed apparenza della motivazione.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è inammissibile per tardività.

1. Nelle controversie in materia di protezione internazionale celebrate ratione temporis secondo il rito sommario introdotto dal D.Lgs. n. 150 del 2011, il ricorso per cassazione avverso la sentenza d’appello deve essere proposto nel termine di ò sei mesi dalla pubblicazione della decisione, come previsto in via generale dall’art. 327 c.p.c., comma 1, non essendovi disposizioni particolari che riguardino l’impugnazione delle pronunce di gravame all’esito di un procedimento sommario, e non trovando applicazione il disposto dell’art. 702 quater c.p.c., che attiene alla proposizione dell’appello contro le ordinanze di primo grado (Sez. 1 -, Ordinanza n. 14821 del 10/07/2020, Rv. 658259 – 01).

Nel caso in esame, la sentenza impugnata era stata pubblicata il 25/10/2019, mentre il ricorso era stato notificato al Ministero dell’Interno il 30/9/2020: quindi il termine era ampiamente decorso, anche tenendo conto della sospensione prevista per legge dal 9/3/2020 all’11/5/2020.

Il ricorso per cassazione, quindi, è stato proposto tardivamente, come del resto ammette lo stesso ricorrente.

2. Non può essere accolta l’istanza di restituzione nei termini avanzata nell’ultimo paragrafo del ricorso.

Si deve ricordare che, come statuito dalle Sezioni Unite di questa Corte, l’istituto della rimessione in termini presuppone la sussistenza in concreto di una causa non imputabile, riferibile ad un evento che presenti il carattere dell’assolutezza, e non già un’impossibilità relativa, né tantomeno una mera difficoltà (Sez. U -, Sentenza n. 27773 del 04/12/2020, Rv. 659663 – 02); è stato ulteriormente precisato che l’istituto richiede la dimostrazione che la decadenza sia stata determinata da una causa avente tale caratteristica (Sez. 1 -, Ordinanza n. 27726 del 03/12/2020, Rv. 660150 – 01).

La stessa esposizione del ricorrente dimostra l’insussistenza dei presupposti per l’applicazione dell’istituto: si espone che il ricorrente “ha atteso alcuni mesi per decidere dl proporre ricorso”, chiaramente riferendo un’inerzia attribuibile all’interessato.

Quanto alla “seconda fase” che avrebbe determinato il ritardo nella proposizione del ricorso, la difficoltà di inviare il mandato con strumenti telematici è soltanto affermata e in alcun modo dimostrata, pretendendosi di fare riferimento al notorio.

3. Nulla sulle spese, essendo rimasta la parte convenuta intimata.

Sussistono, infine, i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, di un importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso per cassazione, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della ricorrenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima civile, il 21 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 13 luglio 2021

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