Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19900 del 29/08/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 19900 Anno 2013
Presidente: LA TERZA MAURA
Relatore: MANCINO ROSSANA

47i

ORDINANZA
sul ricorso 29730-2011 proposto da:
CURTO MATTEO CRTMTT56R23F970V, elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA GIULIO DE PETRA 16, presso lo studio
dell’avvocato MADULI DOMENICO, rappresentato e difeso
dall’avvocato COLUCCIA LUIGI giusta procura speciale a margine
del ricorso;
– ricorrente contro
FERROVIE DEL SUD EST E SERVIZI AUTOMOBILISTICI SRL
05541630728, in persona dell’amministratore unico e legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
DEL BABUINO 107, presso lo studio dell’avvocato SCHIANO
ANGELO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

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Data pubblicazione: 29/08/2013

ANCORA LUCIANO giusta procura speciale in calce al
controricorso;

controricorrente

avverso la sentenza n. 3030/2010 della CORTE D’APPELLO di

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
04/07/2013 dal Consigliere Relatore Dott. ROSSANA MANCINO;
udito l’Avvocato Angelo Schiano difensore della controricorrente che
si riporta agli scritti;
è presente il P.G. in persona del Dott. GIANFRANCO SERVELLO
che aderisce alla relazione.

Ric. 2011 n. 29730 sez. ML – ud. 04-07-2013

-2-

LECCE del 26/11/2010, depositata il 06/12/2010;

r.g.n. 29730/2011 Curto Matteo c/FERROVIE DEL SUD EST E SERVIZI AUTOMOBILISTICI Sin.
Oggetto: indennità di trasferta

Svolgimento del processo e motivi della decisione
La causa è stata chiamata all’adunanza in camera di consiglio del 4 luglio
2013, ai sensi dell’art. 375 c.p.c. sulla base della seguente relazione redatta

a norma dell’art. 380 bis c.p.c.:
2. “Curto Matteo chiedeva al giudice del lavoro di Lecce la condanna della
Ferrovie del Sud Est e Servizi Automobilistici s.r.l. (succeduta ex lege alla
Gestione comrnissariale governativa per le Ferrovie del sud est), di cui era
dipendente, al pagamento dal febbraio 1999 dell’indennità di trasferta,
non più erogata alle condizioni precedenti a seguito del mutamento
peggiorativo della nozione di residenza di servizio;
3. la decisione di rigetto del primo Giudice veniva confermata in sede di
gravame;
4. per la cassazione di tale sentenza il lavoratore propone ricorso affidato a
5.

quattro motivi;
i motivi attengono: 1 – alla violazione dell’art. 1362 c.c. e segg.
nell’interpretazione dell’art. 20/A del C.C.N.L. autoferrotranvieri 23
luglio 1976 nonché la violazione dell’art. 1, all. A) al R.D. 8 gennaio 1931,
n. 148 e art. 2697 c.c.; 2 – alla violazione dell’art. 20/A del C.C.N.L.
autoferrotranvieri 23 luglio 1976 nonché dell’art. 2697 c.c. e il vizio di
motivazione della sentenza; 3 – alla violazione dell’art. 1 e 20 reg. all. A) al
R.D. 8 gennaio 1931, n. 148 e il vizio di motivazione; 4 – alla violazione
dell’art. 1362 c.c. e segg. nell’interpretazione dell’art. 20/A del C.C.N.L.
autoferrotranvieri 23 luglio 1976 nonché la violazione degli artt. 1340 e

1374 c.c. e vizio di motivazione;
resiste
alle domande con rituale controricorso la società, deducendo
6.
l’inammissibilità e comunque l’infondatezza del ricorso;
7. il ricorso è qualificabile come manifestamente infondato alla stregua dei
numerosi precedenti di questa Corte (v. il precedente specifico di Cass.,
ord. 6098/2012; inoltre, ex multis, per gli addetti agli impianti elettrici,
Cass. 30 gennaio 2012 n. 127).
8. L’art. 20/A C.C.N.L. autoferrotranvieri del 23 luglio 1976 stabilisce
quanto segue:
«1 – Ogni agente che, per ordine ricevuto per ragioni di servizio debitamente
riconosciute, deve recarsi fuori delle residenza assegnatagli, ha diritto ad una indennità
di trasferta che si compone di diana e di pernottazione.
2 – Per residenza si intende la località in cui ha sede l’ufficio, la stazione, il deposito,
la rimessa, l’impianto, l’officina, la tratta etc. a cui l’agente appartiene.
La .0ecficazione degli elementi sopra indicati è stabilita azienda/mente avendo
presenti le particolari condizioni tecniche degli impianti.

rgn. 29730/2011

i.

3 – L’indennità di diaria è composta come segue… per intero, quando l’assenza dalla
residenza supera le 7 ore; in misura parziale se l’assenza supera le quattro ore ma non

contrattuale collettiva indicata.
10. Il motivo è manifestamente infondato, avendo la Corte territoriale
correttamente interpretato la norma contrattuale citata, sia sul piano
testuale che su quello della effettiva volontà delle parti collettive,
desumendo dall’elencazione meramente esemplificativa ivi contenuta
delle residenze di servizio la possibilità che la stessa potesse anche
consistere in un vasto ambito geografico, quale la “tratta” (testualmente
nel contratto collettivo) o il “tronco” o la “zona”, purché questo non sia
talmente vasto da annullare sostanzialmente o ridurre drasticamente le
possibilità per il personale di percepire l’indennità di trasferta (ciò che la
Corte territoriale ha escluso).
11. Col secondo motivo, la sentenza impugnata viene accusata di
contraddittorietà per avere prima riconosciuto la possibilità di mutamento
della nozione di residenza in connessione alle condizioni tecniche
dell’impianto e poi avere ritenuto corretta la variazione intervenuta in
connessione con una riorganizzazione del personale e per mantenere la
migliori condi7ioni di esercizio, senza tener conto che le condizioni
tecniche degli impianti non erano mutate (e anzi erano previsti corsi di
riqualificazione del personale in vista degli ammodernamenti tecnologici).
12. Anche tale motivo è manifestamente infondato, trovando il
ragionamento della Corte territoriale la propria coerenza nel fatto di
ritenere correttamente che la variazione (anche in senso peggiorativo: cfr.,
nello specifico, Cass. n. 11019/2007) della nozione di residenza di lavoro
nell’ambito di una riorganizzazione del servizio può trovare la sua causa
anche nella previsione di imminenti mutamenti delle condizioni tecniche
di impianto o comunque per mantenere le migliori condizioni di
esercizio.
13. Manifestamente infondato è anche il terzo motivo, che pretende di
qualificare il mutamento intervenuto nella nozione di residenza di servizio
come trasferimento, che a norma delle disposizioni di legge citate
imporrebbe l’emanazione di un ordine di servizio. Correttamente, la
Corte territoriale ha infatti escluso che un atto attinente la organizzazione
aziendale dell’impresa abbia a che vedere col mutamento della residenza
anagrafica o di fatto (luogo di dimora abituale) del dipendente.
14. Infine col quarto motivo, il ricorrente contesta l’affermazione della
Corte territoriale secondo la quale gli accordi aziendali non contrastano
con pregressi usi aziendali, che possono essere modificati, anche in senso
peggiorativo per i dipendenti (salvo i diritti quesiti, nella specie ritenuti
salvaguardati) da accordi sindacali successivi.
r.gn. 29730/2011

le sette…».
9. In questa sede col primo motivo il ricorrente censura la sentenza
impugnata per non essersi posta adeguatamente il problema se il “tronco”
possa essere considerata residenza di servizio alla stregua della norma

non per adempiere ad un obbligo e quindi si inserirebbe, ai sensi dell’art.
1340 c.c., nel contratto individuale, come tale modificabile solo dalle parti
individuali, si rifa ad una tesi ormai da tempo abbandonata dalla
giurisprudenza in favore di quella prima indicata”.
17. Sono seguite le rituali comunicazione e notifica della suddetta relazione,
unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in Camera di
consiglio.
18. La parte intimata ha depositata memoria.
19. Il Collegio condivide il contenuto della relazione, rigettando pertanto il
ricorso, con la condanna del ricorrente alle spese di questo giudizio,
liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese, liquidate in euro 50,00 per esborsi ed euro 2.500,00 per compensi
professionali, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 4 luglio 2013

IL PRESIDENTE

15. Quest’ultima acquisizione costituisce peraltro ormai orientamento
consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, in ragione della
considerazione, ripresa dalla sentenza impugnata, secondo la quale l’uso
aziendale costituisce fonte di un obbligo unilaterale di carattere collettivo
che agisce sul piano dei rapporti individuali con la stessa efficacia di un
contratto collettivo e che può pertanto essere modificato da un accordo
collettivo successivo (cfr., per tutte, recentemente, Cass. nn. 8342/10,
5882/10, 18263/09, 17481/09).
16. Il tentativo del ricorrente di sostenere che nel caso in esame l’uso si
sarebbe formato per un comportamento spontaneo del datore di lavoro e

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