Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19900 del 13/07/2021

Cassazione civile sez. trib., 13/07/2021, (ud. 14/05/2021, dep. 13/07/2021), n.19900

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCITO DI NOCERA M.G. – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

Dott. GALATI Vincen – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso iscritto al n. 20830 del ruolo generale dell’anno 2015

proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio eletto in Roma, via Dei Portoghesi, n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato;

– ricorrente –

contro

L.P., rappresentato e difeso dall’Avv. Giuseppe Tinelli e

dall’Avv. Maurizio De Lorenzi ed elettivamente domiciliato presso lo

studio del primo in Roma, Via di Villa Severini, n. 54;

– controricorrente –

Avverso la sentenza n. 277/10/15 della Commissione tributaria

regionale della Puglia depositata il 09.02.2015;

udita nella camera di consiglio del 14.05.2021 la relazione svolta

dal consigliere Vincenzo Galati.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con la sentenza in epigrafe la CTR della Puglia ha confermato quella resa dalla Commissione tributaria provinciale di Bari in data 18.6.2014 pronunciata su ricorso proposto da L.P. avverso avviso di accertamento per l’anno 2007 fondato sulla inesistenza della ditta fornitrice di materiale edile fatturato alla contribuente.

Conseguentemente l’Ufficio ha ritenuto soggettivamente inesistente un’operazione per la quale è stata emessa fattura per l’importo di Euro 78.796,00, oltre IVA di Euro 15.759,00 e rideterminato il reddito del contribuente non riconoscendo la detraibilità della predetta imposta.

Con concorde valutazione i giudici di merito hanno ritenuto non assolto da parte dell’Ufficio l’onere della prova della inesistenza soggettiva dell’operazione che è stata giudicata effettivamente avvenuta.

Hanno sostenuto la sufficienza della dimostrazione, da parte del contribuente, della ricezione della merce sul cantiere e del suo pagamento tracciabile, non competendo sullo stesso ulteriori verifiche tenuto conto che l’Ufficio non ha assolto all’onere su di esso gravante relativo alla falsità dell’operazione e, in particolare, alla non operatività del fornitore nell’anno 2007.

2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia articolando un unico motivo.

Il contribuente ha resistito con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il motivo di ricorso viene dedotto il vizio di violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 19, 21 e 54, e dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

A fondamento la ricorrente Agenzia sostiene di avere fornito la prova dell’esistenza degli elementi costitutivi della pretesa tributaria avendo dimostrato, a seguito di accesso da parte dell’Ufficio antifrode della Campania, l’inesistenza soggettiva del fornitore che non risultava avere presentato le dichiarazioni obbligatorie dei redditi e dell’IVA.

Tali elementi dovevano considerarsi sufficienti a dimostrare che il soggetto passivo sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione si inseriva in una frode ed erano altresì idonei a far sorgere in capo al contribuente l’onere di provare di non avere voluto partecipare ad un’operazione fraudolenta.

La prova della effettività dell’operazione commerciale non poteva ritenersi assolta con la mera esibizione della contabilità e dei mezzi di pagamento.

2. E’ fondata l’eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto del requisito di autosufficienza.

Ciò che contesta l’Agenzia è la violazione e falsa applicazione delle norme indicate nella rubrica del motivo a seguito della mancata adeguata valutazione dell’accertamento compiuto dall’Ufficio antifrode della Campania in ordine alla inesistenza del fornitore (ditta P.F.).

Nel ricorso, tuttavia, l’Agenza ha omesso di trascrivere il contenuto dell’atto asseritamente valutato in termini erronei o del tutto trascurato dalla CTR ed anche di indicare dove e quando tale atto è stato prodotto.

Va assicurata continuità all’orientamento secondo cui “nel processo tributario di cassazione il ricorrente, pur non essendo tenuto a produrre nuovamente i documenti, in ragione dell’indisponibilità del fascicolo di parte che resta acquisito, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 25, comma 2, al fascicolo d’ufficio del giudizio svoltosi dinanzi alla commissione tributaria – del quale è sufficiente la richiesta di trasmissione ex art. 369 c.p.c., comma 3 – deve rispettare, a pena d’inammissibilità del ricorso, il diverso onere di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, di specifica indicazione degli atti processuali e dei documenti sui quali il ricorso si fonda, nonché dei dati necessari all’individuazione della loro collocazione quanto al momento della produzione nei gradi dei giudizi di merito” (Cass. sez. 5, n. 777 del 15 gennaio 2019).

Inoltre assume rilievo l’ulteriore principio per cui “in base al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, sancito dall’art. 366 c.p.c., nel giudizio tributario, qualora il ricorrente censuri la sentenza di una commissione tributaria regionale sotto il profilo del vizio di motivazione nel giudizio sulla congruità della motivazione dell’avviso di accertamento, è necessario che il ricorso riporti testualmente i passi della motivazione di detto avviso, che si assumono erroneamente interpretati o pretermessi, al fine di consentire la verifica della censura esclusivamente mediante l’esame del ricorso” (Cass. n. 16147 del 28 giugno 2017).

Nel caso di specie, la ricorrente ha sostenuto di avere fornito la prova dell’inesistenza soggettiva dell’operazione richiamando l’accesso dell’Ufficio campano del quale, tuttavia, non ha indicato l’avvenuta produzione nella fase di merito e che non ha provveduto a trascrivere in modo da consentire, anche in sede di legittimità, la verifica delta rilevanza del contenuto del documento richiamato.

3. Conclusivamente il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

La regolamentazione delle spese, ivi compreso il rimborso forfettario di Euro 200,00 (Sez. Un., 27 novembre 2019, n. 31030, Rv. 656077) segue la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali sopportate dal controricorrente che liquida in complessivi Euro 4.100,00, oltre Euro 200,00 a titolo di rimborso forfettario, 1 5 % per spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 14 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 13 luglio 2021

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