Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 199 del 09/01/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 199 Anno 2014
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: VIRGILIO BIAGIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
JOELE Pasquale e C. s.n.c., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via Romeo Romei n. 27, presso
l’avv. Simona Martinelli, rappresentata e difesa dall’avv. Pellegrino
Cavuoto, giusta delega in atti;
– ricorrente contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,
elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso
l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende;
– controricorrente avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania
n. 257/01/07, depositata il 12 giugno 2007.

Data pubblicazione: 09/01/2014

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 25 settembre
2013 dal Relatore Cons. Biagio Virgilio;
udito l’avvocato dello Stato Maria Pia Camassa per la controricorrente;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Ennio
Attilio Sepe, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso.
Ritenuto in fatto
1. La Joele Pasquale e C. s.n.c. propone ricorso per cassazione avverso la

epigrafe, con la quale, in accoglimento dell’appello dell’Ufficio, è stata
affermata la legittimità dell’avviso di recupero del credito d’imposta per
investimenti in aree svantaggiate, previsto dall’art. 8 della legge n. 388 del
2000, indebitamente utilizzato dalla società per gli anni 2001 e 2002.
Il giudice a quo ha ritenuto che il termine del 28 febbraio 2003, stabilito
(al fine della conservazione del beneficio) dall’art. 62 della legge n. 289 del
2002 per l’invio del c.d. modello CVS, che nella specie non era stato affatto
trasmesso, fosse perentorio e non contrastasse con l’art. 3 dello Statuto del
contribuente.
2. L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.
3. La ricorrente ha depositato memoria.
Considerato in diritto
1. Con il primo ed il secondo motivo, la ricorrente denuncia la violazione
dell’art. 3, commi 1 e 2, della legge n. 212 del 2000 (Statuto del
contribuente), per avere il giudice d’appello escluso che la normativa in
discussione (art. 8 della legge n. 388 del 2000, art. 62 della legge n. 289 del
2002) si ponga in contrasto con i principi di irretroattività delle norme
tributarie e di divieto di disporre adempimenti a carico dei contribuenti con
scadenza inferiore a sessanta giorni dalla loro previsione.
I motivi sono infondati, avendo questa Corte, con giurisprudenza ormai
consolidata, affermato i seguenti principi di diritto:
a) in tema di contributi concessi sotto forma di credito d’imposta dall’art.
8 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 per l’effettuazione di nuovi
investimenti nelle aree svantaggiate del Paese, l’inosservanza del termine inizialmente individuato nel 31 gennaio 2003 dall’art. 1, comma 1, lett. a), n.
2, del d.l. 12 novembre 2002, n. 253, e poi definitivamente fissato al 28
febbraio 2003 dall’art. 62, primo comma, lett. e), della legge 27 dicembre
2

sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania indicata in

2002, n. 289 – entro il quale i soggetti che hanno conseguito il diritto al
contributo anteriormente alla data dell’8 luglio 2002 devono comunicare
all’Agenzia delle entrate i dati occorrenti per la ricognizione degli
investimenti realizzati, comporta la decadenza dal beneficio, non assumendo
alcun rilievo la circostanza che il provvedimento del Direttore dell’Agenzia
delle entrate sia stato emesso in data tale da non consentire al contribuente
di disporre, rispetto alla predetta scadenza, del termine di sessanta giorni

del contribuente) per le norme che introducono adempimenti tributari, in
quanto l’interessato è stato posto nella situazione giuridica oggettiva di
conoscibilità della scadenza del termine per adempiere il suo onere di
comunicazione fin dal 13 novembre 2002, data di pubblicazione del d.l. n.
253 del 2002, ed il predetto termine legale non è comunque superabile con
una diversa previsione temporale di natura amministrativa (Cass. n. 19627
del 2009; conformi Cass. nn. 3578 e 16442 del 2009, 19127 del 2010);
b) l’art. 62, comma 7, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, che ha
disposto l’abrogazione degli articoli 1 e 2 del d.l. n. 253 del 2002 prima della
scadenza dei termini per la conversione in legge, facendo salvi gli effetti
prodottisi e i rapporti giuridici già sorti, ha soltanto impedito la protrazione
dell’efficacia provvisoria delle predette disposizioni fino al termine naturale
della mancata conversione in legge, senza alcuna applicazione retroattiva di
disposizioni tributarie, vietata dall’art. 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212;
ne consegue che, in base alla clausola di salvezza degli effetti prodottisi nel
vigore del decreto-legge non convertito, legittimamente l’Amministrazione
finanziaria provvede al recupero del credito di imposta utilizzato dal
contribuente in compensazione, nonostante la sospensione della fruizione
disposta con il citato d.l. n. 253 del 2002 (Cass. n. 24251 del 2011);
c) più in generale, le norme della legge 27 luglio 2000 n. 212 (c.d.
Statuto del contribuente), emanate in attuazione degli artt. 3, 23, 53 e 97
Cost. e qualificate espressamente come principi generali dell’ordinamento
tributario, sono, in alcuni casi, idonee a prescrivere specifici obblighi a
carico dell’Amministrazione finanziaria e costituiscono, in quanto
espressione di principi già immanenti nell’ordinamento, criteri guida per il
giudice nell’interpretazione delle norme tributarie (anche anteriori), ma non
hanno rango superiore alla legge ordinaria; conseguentemente, non possono
3

previsto dall’art. 3, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212 (c.d. Statuto

Al STEN::
N. 131

fungere da norme parametro di costituzionalità,

AZIONE
.ALL.

– N.5

né consentire la MATERIA TRIBUTARIA

disapplicazione della norma tributaria in asserito contrasto con le stesse
(Cass. n. 8254 del 2009, 8145 del 2011,19692 del 2012, 10772 del 2013).
2. Con il terzo motivo, denunciando la violazione dell’art. 10 della citata
legge n. 212 del 2000, la ricorrente chiede la disapplicazione delle sanzioni
per obiettiva incertezza della normativa in esame.
Il motivo è inammissibile per novità della questione, che non risulta

prima volta in questa sede (Cass. n. 25676 del 2008).
3. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.
Sussistono giusti motivi, in considerazione dell’epoca in cui si è
consolidata la richiamata giurisprudenza, per disporre la compensazione
delle spese del presente giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.
Così deciso in Roma il 25 settembre 2013 e, in seconda convocazione, il
27 novembre 2013.

essere stata sollevata nei giudizi di merito e non può essere proposta per la

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