Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19899 del 29/08/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 19899 Anno 2013
Presidente: LA TERZA MAURA
Relatore: MANCINO ROSSANA

ORDINANZA
sul ricorso 12357-2011 proposto da:
FERROVIE DEL SUD EST E SERVIZI AUTOMOBILISTICI SRL
05541630728, in persona dell’Amministratore unico e legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
DEL BABUINO 107, presso lo studio dell’avvocato SCHIANO
ANGELO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato
ANCORA LUCIANO giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente contro
IMBRIANI ANTONIO MBRNTN57L24D863H, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA GIUSEPPE MAZZINI 6, presso lo studio
dell’avvocato MAGI PIERPAOLO, rappresentato e difeso
dall’avvocato PETRACHI LILIA LUCIA giusta procura speciale in
calce al controricorso;

Data pubblicazione: 29/08/2013

- controricorrente –

avverso la sentenza n. 146/2011 della CORTE D’APPELLO di
LECCE del 21/01/2011, depositata il 28/01/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

uditi gli Avvocati Ancora Luciano e Schiano Angelo difensori della
ricorrente che hanno chiesto l’accoglimento del ricorso;
è presente il P.G. in persona del Dott. GIANFRANCO SERVELLO
che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Ric. 2011 n. 12357 sez. ML – ud. 04-07-2013
-2-

04/07/2013 dal Consigliere Relatore Dott. ROSSANA MANCINO;

r.g.n. 12357/2011 Ferrovie del Sud Est e Servizi Automobilistici s.r.l. c/Imbriani Antonio
Oggetto: lavoro – durata settimanale della prestazione – differenze retributive

Svolgimento del processo e motivi della decisione

della Ferrovie del Sud Est e Servizi Automobilistici s.r.L., di cui era
dipendente, al pagamento delle differenze retributive maturate a titolo di
straordinario dall’1.7.98 per il lavoro eccedente le 36 ore settimanali;
3. rigettata la domanda e proposto appello principale dal dipendente ed
incidentale dalla società, la Corte d’appello di Lecce, con sentenza 28.1.11,
rigettava il gravame incidentale e accoglieva parzialmente l’appello del
dipendente, condannando la società al ripristino dell’orario lavorativo di
36 ore settimanali e al pagamento delle somme dovute per lavoro
straordinario a decorrere dall’1.7.98, oltre interessi legali e rivalutazione
monetaria, nei limiti della prescrizione quinquennale, computata dalla
notifica dell’atto introduttivo del giudizio;
4. la Corte ricostruiva la vicenda aziendale del datore di lavoro, rilevando
che esso aveva assunto nel tempo differente natura giuridica, esercitando
l’attività di trasporto pubblico in regime dapprima di concessione
governativa, successivamente di azienda pubblica a seguito del
cornmissariamento del servizio e infine, dall’1.1.01, di società di diritto
privato a partecipazione pubblica. Riscontrava altresì l’esistenza di un uso
aziendale a contenuto negoziale diretto ad organizzare la prestazione degli
impiegati nell’arco di un orario di lavoro di 36 ore settimanali e rilevava
che tale uso, essendo stato perpetuato dalla Gestione commissariale – pur
nella vigenza del cali 25.7.85 che prevedeva un orario di 39 ore – fino al
31.12.00, era da ritenere perdurante anche per l’attuale datore di lavoro,
avente causa della Gestione;
la
società propone ricorso per cassazione con tre motivi: a) con il primo
5.
motivo viene eccepita la violazione del giudicato formatosi sulla
medesima questione proposta dall’odierno intimato in sede di
giurisdizione amministrativa con esito, confermato in sede di gravame, di
inammissibilità del ricorso per tardiva proposizione; b) con il secondo
motivo la ricorrente deduce violazione delle norme dei contratti collettivi
e carenza di motivazione, rilevando che il rapporto di lavoro fino al
31.12.00 (data di cessazione della Gestione commissariale) rientrava nel
pubblico impiego ed era, quindi, indifferente all’eventuale uso aziendale,
atteso che il D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 2 aveva previsto l’esclusiva
regolamentazione contrattuale del rapporto in questione e,
conseguentemente, nessun obbligo poteva ritenersi sorto a carico

r.A.n. 12357/2011

1. La causa è stata chiamata all’adunanza in camera di consiglio del 4 luglio
2013, ai sensi dell’art. 375 c.p.c. sulla base della seguente relazione redatta
a norma dell’art. 380 bis c.p.c.:
2. “Imbriani Antonio chiedeva al giudice del lavoro di Lecce la condanna

Unite, di questa Corte che, a seguito della riforma ad opera del d.lgs. n.
40/06, il novellato art. 366, n. 6, c.p.c., oltre a richiedere la “specifica”
indicazione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso, esige
che sia specificato in quale sede processuale il documento, pur
individuato in ricorso, risulti prodotto; tale specifica indicazione, quando
riguardi un documento prodotto in giudizio, postula che si individui dove
sia stato prodotto nelle fasi di merito e, in ragione dell’art. 369, secondo
comma, n. 4, c.p.c., anche che esso sia prodotto in sede di legittimità (cfr,
exp/urimis, Cass., SU, n. 28547/2008; Cass., n. 20535/2009);
9. la giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte ha ulteriormente
ritenuto che la previsione di cui al ricordato art. 369, secondo comma, n.
4, c.p.c., deve ritenersi soddisfatta, quanto agli atti e ai documenti
contenuti nel fascicolo di parte, anche mediante la produzione del
fascicolo nel quale siano contenuti gli atti e i documenti su cui il ricorso si
fonda, ferma in ogni caso l’esigenza di specifica indicazione, a pena di
inammissibilità ai sensi dell’art. 366, n. 6, c.p.c., degli atti, dei documenti e
dei dati necessari al reperimento degli stessi (cfr., Cass., SU, n.
22726/2011);
/O. la parte ricorrente non ha adempiuto a tali oneri poiché non ha fornito
nel ricorso la specifica indicazione dei dati necessari al reperimento del
giudicato su cui si fonda il motivo, e ne discende l’inammissibilità del
mezzo d’impugnazione;
questa Corte di cassazione, pronunciando a Sezioni unite (sentenza
13.12.07 n. 26107) su ricorso della s.r.l. Ferrovie del Sud Est, ha
confermato la decisione della stessa Corte territoriale, affermando che la
reiterazione costante e generalizzata di un comportamento favorevole del
datore di lavoro nei confronti dei propri dipendenti integra, di per sé, gli
estremi dell’uso aziendale, il quale, in ragione della sua appartenenza al
novero delle c.d. fonti sociali – tra le quali vanno considerati sia i contratti
collettivi, sia il regolamento d’azienda e che sono definite tali perché, pur
non costituendo espressione di funzione pubblica, neppure realizzano
meri interessi individuali, in quanto dirette a conseguire un’uniforme
disciplina dei rapporti con riferimento alla collettività impersonale dei
lavoratori di un’azienda – agisce sul piano dei singoli rapporti individuali
alla stesso modo e con la stessa efficacia di un contratto collettivo
aziendale;
r.g.n. 1233712011

dell’avente causa società Ferrovie del Sud Est; e) con il terzo motivo è
dedotta violazione degli artt. 1362 e segg., 1322, 1326, 1339 e 1419 c.c.,
nonché difetto di motivazione, ritenendosi incompatibili sia l’uso
aziendale con un rapporto di lavoro regolato del R.D. 8 gennaio 1931, n.
146 e, in ogni caso, la semplice prassi aziendale era incompatibile con il
principio di generalità ed uniformità del rapporto di lavoro pubblico.
6. l’intimato ha resistito con controricorso;
Z il ricorso si appalesa come manifestamente infondato;
8. il primo motivo non si conforma alla giurisprudenza, anche a Sezioni

12. in particolare, circa la compatibilità di detto istituto con il rapporto di
specie poi non occorre neanche evocare la categoria della prassi aziendale
e porsi il problema della sua compatibilità con la trasformazione del
rapporto di lavoro da privato a pubblico a seguito del “riscatto” della
concessione perché in realtà … la risalente prassi aziendale (fin dal 1945)
di un orario settimanale di 36 ore, formatasi nel regime privatistico del
rapporto, era stata recepita nel cit. D.M. 20 settembre 1985, n. 976, che,
tra l’altro, assicurò al personale dipendente la conservazione di tutti i
diritti maturati in epoca anteriore al riscatto della concessione. Ciò,
beninteso, non significava certo un diritto quesito ad un più favorevole
orario di lavoro rispetto a tutti gli altri lavoratori del settore del trasporto
ferroviario. Ma significava solo che l’orario di lavoro dopo il riscatto della
concessione era rimasto invariato e tale avrebbe continuato ad essere fino
ad una diversa regolamentazione di pari livello alla fonte originaria, ossia
ad una contrattazione collettiva aziendale, atteso che – come già rilevato nel lavoro pubblico prima (in ragione della cit. legge quadro sul pubblico
impiego) e, successivamente, anche nel lavoro pubblico privatizzato (in
ragione della normativa cit. sul lavoro pubblico privatizzato) l’orario di
lavoro costituisce materia demandata alla contrattazione collettiva».
13. Sono seguite le rituali comunicazione e notifica della suddetta relazione,
unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in Camera di
consiglio.
14. La parte ricorrente ha depositato memoria.
15. Il Collegio condivide il contenuto della relazione, non infirmato dalle note
critiche della parte ricorrente.
16. In definitiva, i motivi di ricorso sono da ritenere infondati ed il ricorso
deve essere rigettato.
/7 Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono
la soccombenza, con distrazione a favore del difensore antistatario.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese del giudizio
di legittimità, che liquida in euro 50 per esborsi, euro 2.500 per compensi
professionali, oltre accessori di legge, con distrazione a favore
dell’Avvocato Lilia Lucia Petrachi.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 4 luglio 2013

li Funzionario Giudiziario

lavoro pubblico privatizzato, le Sezioni unite hanno affermato che: «nella

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