Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19899 del 23/09/2020

Cassazione civile sez. VI, 23/09/2020, (ud. 06/07/2020, dep. 23/09/2020), n.19899

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – rel. Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14430-2018 proposto da:

C.V., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIOVANNI

ANTONELLI 4, presso lo studio dell’avvocato ISABELLA MARIA RITA

NICASSIO, rappresentato e difeso dall’avvocato PAOLO D’AGOSTINO;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE

DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati CLEMENTINA

PULLI, EMANUELA CAPANNOLO, MANUELA MASSA, NICOLA VALENTE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4941/2017 del TRIBUNALE di BARI, depositata il

31/10/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 06/07/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MARGHERITA

MARIA LEONE.

 

Fatto

RILEVATO

che:

Il Tribunale di Bari con sentenza n. 4941 del 2017, resa in sede di procedimento ex art. 445 bis c.p.c., aveva dichiarato inammissibile la domanda di C.V. diretta al riconoscimento del requisito sanitario utile per ottenere l’assegno di invalidità

Il tribunale aveva ritenuto inammissibile il ricorso in quanto generici i motivi dello stesso, come pure generico il dissenso prospettato rispetto alla ctu espletata nella prima fase, e comunque condivisibili le conclusioni del consulente tecnico anche in assenza della allegazione di eventuale aggravamento delle condizioni di salute rispetto a quelle già riscontrate dal ctu.

Avverso tale decisione il C. proponeva ricorso affidato a tre motivi cui resisteva l’Inps con controricorso.

Veniva depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1) Con primo motivo è denunciata la violazione e falsa applicazione dell’art. 445 bis c.p.c. n. 6, dell’art. 196 c.p.c., dell’artt. 113 e 115 c.p.c. (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per aver, il Tribunale, erroneamente ritenuto generiche le contestazioni alla ctu e per non aver disposto rinnovazione della indagine peritale pur a seguito della nuova documentazione medica datata 25.11.2016, attestativa di un aggravamento della condizione.

2) Con il secondo motivo è denunciata l’omessa valutazione (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) di una circostanza decisiva per il giudizio, quale la nuova documentazione medica allegata, con violazione dell’art. 149 c.p.c..

3) Con ulteriore censura è dedotta la violazione del D.M. 5 febbraio 1992 relativo alle tabelle ministeriali indicanti le percentuali da attribuire ad ogni patologia, avendo il tribunale omesso di indicare quali le percentuali applicate alle singole patologie riscontrate nella ctu.

I motivi possono essere trattati congiuntamente.

Deve preliminarmente rilevarsi che il tribunale barese ha basato la propria decisione su una prima ratio decidendi di inammissibilità del ricorso per genericità delle censure. Ha poi, per completezza, valutato e condiviso le conclusioni dell’indagine peritale rispetto alla quale ha rilevato l’assenza di comprovate argomentazioni di contrasto, ulteriori rispetto a quelle già esaminate dal ctu.

Le censure poste in questa sede difettano di specificazione. La consulenza tecnica criticata non è stata riportata integralmente nei motivi ma solo richiamata con l’inserimento di parte di essa con ciò impedendone una valutazione complessiva circa le doglianze poste. Peraltro, dagli stralci riportati, emerge che la denunciata omissione circa l’aggravamento non considerato dal ctu, in realtà riguardi patologie già considerate, anche nella loro entità, e che la certificazione del 25.11.2016, indicata quale documentazione attestante l’aggravamento, risulti solo confermativa del predetto stato patologico, certamente non integrativo di un “fatto storico” la cui considerazione possa avere carattere di decisività rispetto alla valutazione del tribunale.

Con riguardo al rinnovo della ctu, escluso dal tribunale ed oggetto di censura, questa Corte ha chiarito che “il giudizio sulla necessità ed utilità di far ricorso allo strumento della consulenza tecnica d’ufficio rientra nel potere discrezionale del giudice del merito, la cui decisione è, di regola, incensurabile nel giudizio di legittimità; tuttavia, giusta la nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, è consentito denunciare in Cassazione, oltre all’anomalia motivazionale, solo il vizio specifico relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che sia stato oggetto di discussione tra le parti, ed abbia carattere decisivo. Ne consegue che il ricorrente non può limitarsi a denunciare l’omesso esame di elementi istruttori, ma deve indicare l’esistenza di uno o più fatti specifici, il cui esame è stato omesso, il dato, testuale o extratestuale, da cui essi risultino, il “come” ed il “quando” tali fatti siano stati oggetto di discussione processuale tra le parti e la loro decisività (Cass. 7472/2017).

Nel caso di specie, come sopra rilevato, deve escludersi la presenza di fatti decisivi ai fini di una differente valutazione, risolvendosi in tal modo la censura in mero dissenso diagnostico, anche ritenendosi che la mancata indicazione delle percentuali da attribuire a ciascuna patologia non integri un vizio denunciabile in sede di legittimità in quanto attiene alla determinazione del ctu, come detto condivisa dal tribunale e non inficiata dai vizi denunciati.

Il ricorso è pertanto inammissibile.

Nulla per le spese sussistendo le condizioni per l’applicazione del disposto di cui all’art. 152 disp.att. c.p.c..

Si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 comma quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 6 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 settembre 2020

 

 

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